Zeza, malata di Sla, realizza il sogno di incontrare il Papa: la fede è più grande del dolore

Vatican News

Le amiche della comunità cattolica di Amburgo, dove è emigrata anni fa, poi il gesuita padre Miro e infine il cardinale Czerny, tutti hanno collaborato perché Maria José, 60 anni, emigrata portoghese affetta dalla terribile malattia, potesse incontrare privatamente il Papa. Domenica scorsa l’udienza a Santa Marta con i familiari: “Avevo un sogno e Dio lo ha realizzato”. Francesco: “La tua è una bellissima testimonianza”

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

In fin dei conti Maria José Marques da Silva Carvalho, 60 anni, emigrata portoghese in Germania, una vita piena di affetti e di amici – quelli che la chiamano “dona Zeza” – cos’altro poteva desiderare in quest’ultimo tempo che le resta da vivere se non abbracciare il Papa a cui da anni dice di essere legata? Lo ripeteva sempre alle amiche della comunità cattolica lusofona che frequenta ad Amburgo, dove si è trasferita con il marito anni fa. Tanto che proprio loro, quando hanno visto complicarsi la sclerosi laterale amiotrofica (Sla) di cui Zeza soffre, hanno cercato un modo per realizzare il suo desiderio. Hanno quindi parlato con padre Miroslaw Andrzej Matyja, per tutti “padre Miro”, gesuita polacco basato a Roma ma spesso ad Amburgo per aiutare il padre responsabile per la missione e quindi nella comunità di Maria José e delle amiche. “Puoi, per favore, aiutarla a incontrare Papa Francesco?”.

La partenza a Roma

Padre Miro si è rivolto al cardinale Michael Czerny, anch’egli gesuita e prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano integrale. “Non una richiesta semplice… Dopo un certo tempo ho parlato col cardinale Czerny che lì per lì mi ha detto solo che avrebbe provato a fare qualcosa”, racconta il sacerdote a Vatican News. Man mano che il tempo è passato, però, le condizioni di Maria José si sono aggravate e la malattia ha raggiunto uno stato avanzato. Alla fine è prevalso infatti l’istinto: partiamo e andiamo comunque a Roma. Nonostante la sedia a rotelle, nonostante i dolori muscolari, nonostante tutto. 

L’invito del Papa

Con il marito e una coppia di amici, Maria José è arrivata a metà della scorsa settimana a Roma e si è messa subito alla ricerca dei biglietti per il Regina Coeli in Piazza San Pietro della domenica. Ma il 12 aprile Czerny ha telefonato a padre Miro per dirgli che “Papa Francesco ha espresso il desiderio di incontrare la signora in udienza privata”. Domenica 14 aprile, il gruppo si è recato quindi a Casa Santa Marta: a loro disposizione c’era l’intero salone della Domus dove è appeso il quadro di Maria che scioglie i nodi e dove il Papa di solito realizza interviste o riceve gruppi e delegazioni. Domenica mattina era tutto per “dona Zeza”.

“Avevo un sogno e Dio lo ha realizzato…”

L’incontro con Francesco è durato pochi minuti: “È stato breve, semplice, però davvero un momento emozionante per la signora, per la famiglia, per il Papa stesso che si è commosso per la testimonianza di questa donna e per la sua fede”, spiega padre Miroslaw.

Con grande fatica ad articolare le parole, a causa della disartria provocata dalla Sla, Maria José ha condiviso la sua emozione con Papa Francesco che, al suo fianco, anche lui in carrozzina, ogni tanto le accarezzava il braccio. In un video, registrato dagli amici e diffuso sugli account social di Vatican News portoghese, si sente la donna dire al Papa nella sua lingua: “Le sono grata di questa visita, non avrei mai pensato di venire qui. Avevo un sogno e Dio ha realizzato questo mio sogno incontrando lei che ha una grande fede”.

Un incontro commosso

“La mia fede è più grande della malattia che ho”, dice ancora Maria José. Parole forti tenendo conto delle conseguenze e dei limiti imposti da un morbo come la Sla. Francesco è rimasto infatti colpito: “Che bello quello che dici: ‘La fede è più grande del dolore’”, ha ripetuto in spagnolo. “Grazie mille, bellissima testimonianza”, ha aggiunto ancora. Poi le ha chiesto di pregare per lui: “Io lo farò per te”. Infine una foto di gruppo, il dono del Rosario e l’abbraccio col Papa a suggellare il coronamento di un desiderio realizzato grazie ad un istinto di bene da parte di tutti.