Ufficio Stampa del Capitolo Comboniano
Arrivano a Roma dai diversi angoli del mondo. Dalle periferie delle grandi città, che accolgono chi fugge da conflitti e povertà, alle campagne più isolate, dove le minoranze etniche sono relegate a comparse della storia. In ballo quattro continenti: dalle terre africane saccheggiate, ma cariche di vita e sete di riscatto, come Sud Sudan, Repubblica Democratica del Congo e Repubblica Centrafricana, a quelle americane dal respiro soffocato della foresta amazzonica. Dall’estremo Oriente, dove le millenarie tradizioni religiose relegano il Cristianesimo a lievito nella massa, alle porte del vecchio continente europeo, che di cristiano non ha più radici, semmai qualche zolla di terra.
Alla ricerca di segni di speranza
Sono una settantina i missionari Comboniani delegati a partecipare al “Capitolo”, il raduno più importante per la vita di una famiglia religiosa, che ha, da poco tempo, varcato la soglia dei 150 anni di vita. Lavorano in comunità cristiane, diocesi, centri di formazione, scuole e organismi ecclesiali e della società civile che si occupano di sviluppo e di promozione della pace e della giustizia. Si sono preparati da tempo nelle rispettive zone di missione con lunghi incontri e riflessioni, per individuare insieme i segni di speranza, ma anche i punti deboli e le mancanze che richiedono un urgente cambio di rotta. Tra i punti caldi della discussione i temi della ministerialità, cioè i servizi specifici alla missione, la formazione dei nuovi candidati, le risorse economiche e il rinnovamento della Regola di vita. Su questi e su altri aspetti, per un mese, i delegati hanno l’occasione di svuotare il sacco e affidarsi al vento dello Spirito che, se lasciato soffiare, rinnova e stupisce. Proprio domenica 5 giugno, nel giorno di Pentecoste, che celebra la discesa dello Spirito e l’inizio della missione dei primi discepoli di Gesù di Nazareth, è iniziato ufficialmente il “Capitolo” con una celebrazione eucaristica presieduta dal padre generale, Tesfaye Tadesse. Nel corso della messa i delegati hanno prestato il giuramento di lavorare per il bene supremo delle persone e dei popoli che sono chiamati a servire e non per un interesse personale. Ad affiancare il loro cammino anche quattro osservatori comboniani, che già svolgono un preziosissimo servizio nel campo della missione, della formazione, dell’economia e della segreteria, un facilitatore esterno e due segretari.
Radicati in Cristo insieme con San Comboni
Così, dopo alcuni giorni di conoscenza reciproca, preghiera e scambio di attese e sogni, tutti in aula con entusiasmo e voglia di mettersi in gioco in un’avventura dal titolo “Radicati in Cristo insieme a Comboni”. Un riferimento che evoca i due pilastri della missione comboniana: Gesù di Nazareth, che nel Vangelo di Giovanni al capitolo 15, nel momento decisivo della sua vita, invita i suoi amici ad essere sempre in relazione profonda con lui, e San Daniele Comboni, l’audace profeta che, a metà dell’800, ha intrapreso la missione nel profondo delle terre africane.
Guardare alle emergenze di quattro continenti
In un primo momento i delegati comboniani hanno approvato le regole della loro assise, raccolte in uno Statuto ad hoc, e hanno scelto le varie commissioni a servizio del cammino comune: quella centrale, che coordina il lavoro con l’aiuto dei moderatori, quella speciale, che sorveglia sulla regolarità delle attività, e quelle che coordinano la preghiera comune, i momenti culturali e ricreativi, la comunicazione. Tutto è pronto per lanciarsi nella prima fase dell’ascolto. Momento privilegiato per aprire occhi e cuori alle diverse realtà che vivono nei quattro continenti attraverso le relazioni sulle missioni svolte e tempo fondamentale per poi poter affrontare i passi del discernimento comune, delle scelte delle priorità e delle strategie missionarie da intraprendere. Il tutto attraverso una metodologia “apprezzativa”, che vuole mettere in primo piano i semi di vita per poi affrontare anche sfide e malattie come opportunità di cura, di crescita e di decisi cambiamenti.
Mettere al centro il Vangelo
In aula si incrociano i respiri di tantissime culture e popoli, lingue e tradizioni. Nello zaino dei delegati tanta passione e attese di strade nuove per rispondere al “cambiamento d’epoca”, come chiama questo tempo Papa Francesco, con la carica del Vangelo e l’audacia di San Daniele Comboni. Sul tavolo, per un mese intero, le sfide planetarie che i missionari comboniani vivono sulla loro pelle camminando oggi con i diversi popoli dove sono inseriti: la crisi socio-ambientale, la violenza dei conflitti globali, le crescenti diseguaglianze, i postumi della pandemia. Nel cassetto il sogno di trovare insieme, con prolungate sessioni di confronto, i percorsi necessari che traducano la missione di Gesù oggi nel mondo in stili di vita: la conversione ecologica integrale, la pratica della fratellanza universale e il cammino sinodale di tutta la Chiesa per avanzare verso il Regno di Dio, il mondo della pace e della giustizia, con il maggior coinvolgimento e la più ampia partecipazione possibile di tutti i membri della Chiesa, popolo di Dio “in uscita” sulle strade del mondo. Proprio le intuizioni profonde di Papa Francesco, che il gruppo dei comboniani incontrerà in Vaticano il prossimo 18 giugno, per continuare a camminare e sognare insieme perché, come ricordato in aula, “finché c’è movimento c’è vita”, dicono i popoli aztechi. Sempre con radici ben salde in Gesù e in Comboni.