A margine del seminario in Vaticano sui popoli indigeni, il presidente della Pontificia Accademia delle Scienze sottolinea che la visione del mondo di queste etnie, a differenza di quella della popolazione globale urbanizzata, è strettamente legata al rapporto con la natura: molti non sanno che, per le malattie principali, circa il 50% dei nostri farmaci deriva dal loro sapere sulle proprietà curative delle piante
Deborah Castellano Lubov – Città del Vaticano
I popoli indigeni hanno un patrimonio di saggezza per proteggere il mondo che, con l’ausilio delle scienze, può affrontare le crisi che affliggono il pianeta. In particolare, queste popolazioni hanno dato un contributo straordinario in ambito sanitario. Lo sostiene in un’intervista a Vatican News a margine della conferenza sui popoli indigeni in Vaticano, il dottor Joachim von Braun, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze.
Titolo del workshop promosso dalla Pontificia Accademia delle Scienze nelle giornate del 14 e 15 marzo è “Indigenous People’s Knowledge and the Sciences. Combining knowledge and science on vulnerabilities and solutions for resilience” (“La conoscenza delle popolazioni indigene e le scienze. Combinare conoscenza e scienza su vulnerabilità e soluzioni per la resilienza”). Ieri si è svolta l’udienza con Papa Francesco che ha esortato a tener conto del sapere dei popoli indigeni e delle scienze per affrontare le sfide poste dai cambiamenti climatici, dalla perdita di biodiversità e dalle minacce alla sicurezza alimentare e alla salute.
Dottor Joachim von Braun, questo workshop ha riunito leader indigeni e leader di organizzazioni internazionali per discutere del legame tra la saggezza dei popoli indigeni e le scienze. Come sono collegate le due cose e quali i punti di convergenza?
La conoscenza dei popoli indigeni si è generata nel corso di molte generazioni. L’umanità ha imparato con l’esperienza, attraverso tentativi ed errori, e interrogandosi su soluzioni e opportunità. Questo approccio accomuna davvero la conoscenza indigena alla scienza. Anche gli scienziati sono guidati dalla curiosità, dal dubbio e dalla ricerca di soluzioni ai problemi dell’umanità. La differenza tra le due saggezze è che la scienza opera in un ambito basato sulla teoria sperimentale, piuttosto che sull’esperienza. Porle l’una accanto all’altra offre grandi opportunità per affrontare i temi della biodiversità, della salute e dell’agricoltura.
Durante l’udienza di ieri con Papa Francesco, il Santo Padre ha detto che è necessaria una conversione ecologica. In che modo questo workshop contribuisce a raggiungere questo obiettivo con l’aiuto delle popolazioni indigene?
La visione del mondo dei popoli indigeni, a differenza di quella della popolazione globale urbanizzata, è strettamente legata al rapporto con la natura, soprattutto per quanto riguarda il rispetto della natura e dei processi naturali. Pertanto, imparare dalla saggezza indigena è utile anche alla comunità scientifica. Noi della Pontificia Accademia delle Scienze sosteniamo che non esista un conflitto tra fede e scienza. Lo stesso vale per le comunità dei popoli indigeni. Abbiamo un terreno comune. Dobbiamo entrambi concentrarci sulla riduzione del consumismo. Le nostre abitudini di consumo nel mondo stanno determinando il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e la distruzione della natura. Pertanto, la scienza e le conoscenze indigene devono interrogarsi sugli aspetti della produzione e del consumo nei nostri stili di vita.
Da cosa è rimasto colpito dalle voci indigene ascoltate durante questo workshop?
Le conoscenze dei popoli indigeni nel campo della salute hanno reso un enorme servizio all’umanità. Molte persone non sanno che circa il 50% dei nostri farmaci deriva dal sapere dei popoli indigeni sulle proprietà curative delle piante sulle principali malattie. Questo era noto a molti di noi, ma meno al grande pubblico. Purtroppo, però, i popoli indigeni ancora oggi non godono di pari diritti. Soprattutto i giovani e le donne delle comunità indigene soffrono la mancanza di diritti e opportunità. Abbiamo capito che i sistemi educativi innovativi, che affrontano questi problemi, possono fare una grande differenza. I sistemi educativi al servizio dei giovani delle popolazioni indigene e dei giovani del mondo in generale, attingendo alla saggezza della natura, possono aiutare a comprendere e a mettere in pratica la sostenibilità del futuro.
C’è qualcos’altro che vorrebbe aggiungere?
La conoscenza dei popoli indigeni non si limita alla Terra, ma guarda al cielo. Sono state espresse serie preoccupazioni che devono essere affrontate. L’osservazione del cielo è sempre più ostacolata dall’inquinamento luminoso e da decine e decine di migliaia di satelliti.