Marco Guerra – Città del Vaticano
Domenica di sangue in Myanmar, dove la polizia ha aperto il fuoco sui manifestanti, uccidendo almeno quattro persone e ferendone molte altre. Tre vittime nella città costiera meridionale di Dawei mentre un uomo è stato ucciso nella capitale Yangon. Sale così a sei il numero dei morti dall’inizio delle proteste nel Paese, seguite al colpo di Stato della giunta, il primo febbraio scorso
Barricate nella capitale
I media locali riferisco di interventi della polizia per interrompere le manifestazioni in diverse città del Paese. Tuttavia centinaia di persone si sono rifiutate di lasciare le strade a Yangon. Molti hanno allestito barricate mentre altri hanno cantato slogan e canzoni di protesta.
L’impegno della Chiesa
“Il Myanmar è come un campo di battaglia. I cattolici pregano in pubblico”, ha scritto nelle scorse ore su Twitter il cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, mostrando sul suo profilo anche le immagini di processioni in cui i cattolici pregano per la pace. In un tweet successivo il porporato ha scritto che i cattolici sono pronti a “incoraggiare e mediare un dialogo nuovo e tempestivo tra le diverse parti”.
Il colpo di Stato
Il Myanmar è nel caos da quando l’esercito, all’inizio di questo mese, ha preso il potere e ha arrestato la leader del governo eletta Aung San Suu Kyi e gran parte della leadership del suo partito, la Lega per la democrazia, che alle elezioni di novembre ha ottenuto l’83% dei voti. Il colpo di stato, che ha posto fine ai passi intrapresi verso la democrazia dopo quasi 50 anni di governo militare, ha portato centinaia di migliaia di persone a manifestare nelle strade e alla condanna dei Paesi occidentali.