Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Prima di salire sull’elicottero, “ci ha ringraziato per l’accoglienza calorosa e ha aggiunto ‘scusate il disturbo’. Io gli avevo appena detto, di nuovo: ‘Santità, torni quando vuole, questa è casa sua’ ”. Così il vescovo di Asti Marco Prastaro ricorda, a Vatican News, gli ultimi momenti de “l’incontro tanto atteso” con Papa Francesco, venuto “a ritrovare il sapore delle radici” come ha confidato nella Messa in cattedrale.
“Ci ha voluto salutare non come folla, ma uno ad uno”
Il Pontefice che è tornato nella terra che “ha dato i natali alla sua famiglia”, da dove il padre Mario e i nonni Giovanni e Rosa sono partiti per l’Argentina nel 1929, sottolinea il vescovo, “ha saputo trasmettere grande gioia e calore umano agli astigiani, che sono stati capaci di ridonarglieli”. Non si è tirato indietro, spiega, e quando “gli astigiani hanno fatto un passo avanti verso di lui, si è buttato in mezzo a loro”. “Nel giro a bordo della papamobile prima della Messa – confida – l’ho fatto fermare a salutare tutti, dato il mio carattere, ma lui ha accettato di buon grado”. Ecco l’intervista che ci ha concesso a poche ore dalla partenza del Papa:
Qual è il bilancio a caldo di questo “incontro tanto atteso”. Come hanno accolto il Papa “astigiano” gli astigiani?
E’ il bilancio di un bagno di gioia e di calore umano che abbiamo fatto, che il Santo Padre ha saputo trasmettere alla nostra città. E una gioia, un calore alle quali la città è stata capace di rispondere e di ridonargli. Gli astigiani hanno fatto un passo avanti verso e lui si è buttato in mezzo a loro. Ci siamo incontrati e ci siamo voluti bene con grande intensità.
Se si può sapere, cosa vi siete detti con il Papa nell’abbraccio prima la partenza dallo stadio?
Io gli ho detto. “Santità, torni quando vuole, questa è la sua città, casa sua”, come già gli avevo detto. Lui mi ha ringraziato dell’accoglienza calorosa e ha aggiunto “scusate il disturbo”. Sono state le ultime parole che ci siamo detti e poi gli ho augurato buon viaggio.
Quali parole del Papa ufficiali e non ufficiali le restano nel cuore?
Mi resta quando lui, nell’omelia, ha parlato di Dio che è presente nella vita di ogni uomo e che prende in considerazione tutta la vita delle persone. Questo mi ha profondamente colpito, personalmente. Poi mi ha colpito il fatto che lui, nei dialoghi personali, abbia mostrato questa conoscenza del mondo così profonda, per cui citava persone da una parte all’altra della terra, come noi parliamo dei nostri vicini di casa.
E quali gesti del Papa, attesi non attesi l’hanno colpita?
Mi ha colpito il fatto che lui, pur avendo grandi problemi a camminare, usciti dal Vescovado c’era tanta gente, è andato lì, gli è andato incontro, e gli ha fatto la battuta: “E’ dalle 7 che siete qui, avete freddo, adesso vi scaldate”. Mi ha colpito il fatto che lui abbia voluto incontrare tutti i ministranti e poi tutti i sacerdoti in cattedrale prima della Messa, nonostante avessimo già sforato un po’ i tempi, e salutarli uno per uno, proprio come il padre che non ama una folla, ma ama uno per uno i componenti della sua famiglia.
Quali segni resteranno nella sua diocesi di questa visita, oltre alla gioia di chi ha potuto essergli vicino come i ragazzi dell’albergo etico che hanno servito a tavola a pranzo in Vescovado, e Success che ha cucinato per lui e per la cugina?
Il segno più grande è l’esperienza che abbiamo fatto nella nostra città: siamo riusciti a costruire una cosa bella, una cosa profonda, tutti insieme, tutte le realtà della città. Il fatto di avere poco tempo ci ha obbligati, ma nel senso buono, a lavorare tutti insieme. Quindi abbiamo anche sperimentato questo senso di essere uno, di essere una realtà unica fra credenti e anche non credenti, accomunati dal desiderio di accogliere colui che per la Chiesa è il sommo Pontefice e nel mondo è la voce, l’unica forse oggi, che dice quello che tutti vorrebbero dire ma che i grandi non riescono e non vogliono dire.
Chiudiamo con una battuta, eccellenza. Si sente coraggioso, come l’ha definita il Papa, per aver detto nel saluto in cattedrale che ad Asti “vi piace pensare di essere l’inizio del mondo” almeno del mondo di Jorge Mario Bergoglio?
Io non so se sono coraggioso… Lui ha replicato alla mia battuta, quando ho detto “Se lei arriva dalla fine, questo è l’inizio” e lui mi ha detto: “Sei coraggioso”, come a dire un po’ presuntuosi siete, ma io l’ho interpretata in senso affettuoso. Poi coraggiosi nella vita bisogna esserlo, perché il Vangelo ci chiede di essere coerenti, rispetto ad un messaggio che è il più bello del mondo, ma che oggi ha poco marketing, ha poco appeal agli occhi di tante persone. Quindi se posso dirmi coraggioso, vorrei essere coraggioso per la coerenza evangelica.
Il Papa l’ha detto anche ai giovani: siate coraggiosi, abbiate fretta come Maria, all’Angelus…
Sì, siate eversivi, gli ha detto, cioè non siate allineati ad una mentalità del mondo, capaci di uscire dalle righe di questo mondo che sono righe che portano all’egoismo e alla guerra. I giovani sono capaci di questo, perché non vogliono queste cose, ma vogliono la gioia.
E queste parole di Francesco sono piaciute ai suoi giovani? Li ha già sentiti?
Sì, sono tutti molto contenti e carichi, come dice il nostro responsabile, entusiasti di essere stati accolti, coccolati e valorizzati dal Santo Padre.