Vescovi africani: non c’è diritto a distruggere la biodiversità

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Tiziana Campisi – Città del Vaticano

La cura della natura, creazione di Dio, e dei più vulnerabili devono andare di pari passo, per questo i diritti delle popolazioni indigene vanno rispettati. Lo sottolineano, sulla linea tracciata da Papa Francesco nell’Enciclica Laudato si’, i vescovi del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar nel documento “Il Secam richiede un’azione urgente per raggiungere un ambizioso quadro globale della biodiversità post-2020” presentato oggi, nel corso di un evento svoltosi a Nairobi, in Kenya, in concomitanza con le sessioni preparatorie del summit delle Nazioni Unite sulla Biodiversità (COP15), previsto in Cina entro la fine dell’anno. All’incontro sono intervenuti padre Joshtrom Issac Kureethadam, del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, e rappresentanti di diverse organizzazioni. Tra queste, hanno partecipato River Above Asia Oceania Ecclesial Network (RAOEN), Friends of Lake Turkana, Justice, Peace and Integrity of Creation Franciscans Africa (JPICFA) e Association of Member Episcopal Conferences in Eastern Africa (AMECEA). Ad appoggiare i presuli, la Rete Ecclesiale per il bacino del Congo (REBAC) e il Movimento Laudato Si’ (MLS). “Non abbiamo il diritto di distruggere la biodiversità” scrivono i vescovi, che dicono no alla costruzione dell’oleodotto dell’Africa Orientale e si uniscono a quanti chiedono che il 50% della Terra diventi area protetta entro il 2030.

L’appello ai Governi

Nel documento, dove per la prima volta la Chiesa africana prende posizione pubblicamente sul tema della biodiversità, si invitano i Governi a proteggere la varietà di tutte le forme di vita presenti sulla Terra., e in particolare quelli del Nord del mondo a essere trasparenti e a dar conto del loro operato. Il Secam ricorda, poi, gli impegni finanziari che sono stati presi per arrestare la perdita di biodiversità e promuoverne il recupero. E a proposito della biomassa del bacino del fiume Congo, la seconda foresta tropicale più grande del mondo, i vescovi segnalano il disboscamento illegale e abusivo e l’accaparramento delle terre legato all’agricoltura industriale, che mettono a rischio la sopravvivenza delle popolazioni indigene e delle specie in via di estinzione. Nel documento il Secam sottolinea inoltre come l’emergenza climatica e la crisi della biodiversità siano strettamente legate e si spiega che il motivo è la distruzione della biomassa, che provoca la perdita di una risorsa chiave per assorbire il diossido di carbonio nell’atmosfera, cosa che aiuta a mitigare il riscaldamento globale. Per questo, clima e biodiversità vengono definiti come due facce della stessa medaglia, e perciò questioni da affrontate insieme. Allo stesso modo, si sottolinea, il problema ecologico è inseparabile dal suo aspetto sociale, perchè gli abusi contro la biodiversità colpiscono comunità vulnerabili, che da secoli si prendono cura di questi ecosistemi, e generano anche diversi conflitti sociali.