Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Il linguaggio è uno dei tratti più importanti che distinguono l’uomo dagli altri animali. La voce è uno straordinario dono per condividere pensieri, messaggi ed emozioni. A questo prezioso strumento di comunicazione è dedicata la Giornata mondiale della voce che si celebra ogni anno il 16 aprile. Le finalità sono quelle di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della voce nella vita quotidiana e di incoraggiare le persone a prendersi cura della loro voce. Quest’anno la Giornata è incentrata sul tema “Un mondo, molte voci”.
Cos’è la voce?
La voce è un suono. Dall’uomo viene emesso quando le corde vocali vibrano nella laringe durante l’espirazione dell’aria. La voce umana è il risultato di una coordinata interazione. Quella del sistema respiratorio, della laringe e di altre parti del corpo umano tra cui naso e bocca. Nel momento del silenzio, le corde vocali presentano un’apertura triangolare. Durante la fase che porta alla produzione e all’emissione di suoni le corde vocali si accostano. La laringe, una sorta di imbuto fibroso, da sola può generare solo suoni inarticolati. La produzione della voce e quindi del linguaggio sono “un’opera corale” che necessita della partecipazione di labbra, dei denti, della lingua, dell’ugola e della faringe. La fonazione, come ricorda l’enciclopedia Treccani, può avvenire grazie ad una precisa zona dell’emisfero sinistro del cervello. La voce può essere parlata o cantata. Nel canto tutti i suoni sono intonati, ossia hanno un’altezza ben definita.
Il timbro e la cura
“La voce ci rende unici, non a caso parliamo di timbro vocale oltre a caratteristiche quali la presenza e l’altezza”. Lo afferma il dottor Antonio Minni, professore del Dipartimento Organi di senso all’Università Sapienza di Roma. Nel corso di Doppio Click, condotto da Andrea De Angelis, il dottor Minni sottolinea come sia “un organo importante, che coinvolge numerosi apparati. Farne un buon uso è fondamentale, non alterato. Dobbiamo riuscire a parlare con tono tranquillo, sereno e rinunciare al fumo ed all’abuso di alcoolici che danneggiano gli organi vocali. Come l’esposizione a vernici o a vapori tossici”. Prevenire dunque è importante, così come rivolgersi ad uno specialista in caso di disagi prolungati nel tempo. “Averne cura significa anche rivolgersi ad un medico se la voce si altera o si perde per un periodo superiore alla settimana”. La voce è centrale anche durante la gravidanza. “Ci sono studi accurati che dimostrano come essa favorisca la comunicazione tra madre e bambino. Il nascituro conosce la voce della mamma, il suono all’inizio della vita è una parte di noi, ha una valenza identitaria. La melodia della voce materna rafforza il legame tra madre e figlio ed attiva un processo di attaccamento che durerà per tutta la vita, è letteralmente un sentirsi sentito“.
Dalla voce al canto
La voce dall’antichità viene utilizzata per esprimere una delle arti più nobili: il canto. In questo periodo, ricorda nella sua scheda Alessandro Guarasci, chi ama cantare per diletto o per professione ha dovuto fare i conti con la pandemia. Il canto si dice che nasca del cuore. Ma tutti i cantanti di grande successo, che siano lirici o pop, dedicano ore e ore alla cura della propria voce.
Il direttore del coro Città di Roma, Mauro Marchetti, sottolinea che per quanto riguarda il canto è fondamentale avere un dono. Ma non è strettamente necessario. Lo studio, aggiunge, è alla base di ogni traguardo che si vuole raggiungere. Per la voce c’è un lavoro enorme da fare. Un percorso, spiega il direttore del coro Città di Roma, che si può fare avendo le giuste caratteristiche.
Un mondo di voci
Il mondo è un mosaico di suoni, di molte voci. Ci sono quelle che accompagnano culture, lingue, storie. Le voci dei leader della politica, dei rappresentanti del mondo economico si mescolano con il grido silenzioso dei poveri, con le sofferenze dei migranti e dei profughi in fuga da guerre e povertà. Le voci dei malati, specialmente in questo tempo di pandemia, sono un’esortazione a vedere sempre nel prossimo un fratello, soprattutto quando è più fragile. A questa “polifonia” si aggiunge il grido della Terra, ferita da piaghe come l’inquinamento e lo sfruttamento delle risorse. La voce può anche essere lo strumento per diffondere un accorato appello come quello lanciato da un rappresentante di un popolo indigeno durante il Sinodo dei Vescovi per la regione Pan-Amazzonica, tenutosi in Vaticano nel mese di ottobre del 2019. Il suo è un appello a restare uniti. Le sue parole, in questo tempo di pandemia, risuonano con ancora più forza.
Quando una nuova esistenza si affaccia alla vita, la prima voce è il vagito di un neonato. Verso il tramonto della vita, le parole degli anziani sono una testimonianza da custodire e da ascoltare. C’è anche un’altra voce, silenziosa, che può guidare gli uomini lungo le loro vite: è quella della coscienza. La “voce” della fede illumina di speranza il cammino dell’uomo alla ricerca di Dio. Alla ricerca della Sua Voce misericordiosa che in ogni tempo parla al cuore dell’uomo.
La voce degli ultimi
Quale valore ha una voce se nessuno l’ascolta? Le voci deboli e flebili nel frastuono del mondo continuano a gridare ai margini della società. Il loro grido, come sottolinea Silvia Giovanrosa nella sua scheda, è come un bisbiglio: giunge fino a Dio ma non all’orecchio dell’uomo.
Questo grido disperato, ma spesso silenzioso e dimenticato per gran parte della società, è la voce degli ultimi, degli scartati, dei poveri, dei profughi degli emarginati. È la voce di uomini e donne come noi, la voce dei fratelli che grida silenziosamente dai marciapiedi in una gelida notte di inverno o dietro le sbarre di una prigione o sotto le stelle in un mare in tempesta.
Voci soppresse
Ci sono voci che non vengono mai ascoltate. Voci alle quali non viene permesso di sbocciare. Sono quelle dei bambini non nati a causa dell’aborto. Ad Oslo, l’11 dicembre 1979, madre Teresa di Calcutta – in occasione del conferimento del Nobel per la Pace – pone una domanda cruciale.
Il più grande distruttore di pace oggi è il crimine commesso contro il bambino innocente non nato. Se una madre può uccidere il suo bimbo nel suo grembo, cosa impedirà a me e a te di ucciderci a vicenda?
La voce di Leone XIII
Nel corso dei secoli i Pontefici, con le loro voci, hanno fatto risuonare la Parola di Dio e l’annuncio del Vangelo. La prima voce di un Papa ad essere registrata è quella di Leone XIII. Negli archivi della Radio Vaticana è custodita la registrazione della voce del Pontefice che legge alcuni brani della Lettera Enciclica “Humanum Genus”, sulla “Condanna del relativismo filosofico e morale della massoneria”. La registrazione porta la data di pubblicazione dell’enciclica, avvenuta il 20 aprile 1884. È stata realizzata con il Fonografo Edison a rulli di cera (brevettato nel 1877) e fatta pervenire alla Radio Vaticana in epoca successiva.
Un altro prezioso documento sonoro, sempre legato al Pontefice che nel 1891 ha scritto l’enciclica Rerum Novarum, risale al 5 febbraio del 1903.
Papa Leone XIII davanti ad un fonografo recita l’Ave Maria in latino. La sua voce e la sua preghiera sono impresse nella storia.
Nascita della radio che custodisce la voce del Papa
Il 12 febbraio del 1931, per la prima volta, la voce di un Papa può essere percepita simultaneamente su tutta la superficie della terra. Viene inaugurata la stazione della Radio Vaticana. L’inventore della radio, Guglielmo Marconi, sottolinea che grazie a questo strumento “i fedeli di tutto il mondo” possono avere “la consolazione di udire la voce del Santo Padre”. Dopo Marconi si avvicina al microfono Pio XI che legge il radiomessaggio “Qui arcano dei”.
Pronunciando le parole della Sacra Scrittura afferma: “Udite, o cieli, quello che sto per dire, ascolti la terra le parole della mia bocca” (Deut., 32, 1). Udite, o genti tutte, tendete l’orecchio, o voi tutti che abitate il globo, uniti in un medesimo intento, il ricco e il povero (Ps – XLVIII, 1) – Udite, o isole, ed ascoltate, o popoli lontani” (Is., 49, 1).
Il primo Angelus via etere
La Radio Vaticana è stata anche testimone di un avvenimento che è diventato un appuntamento atteso dai fedeli di tutto il mondo. È Il 15 agosto del 1954: a mezzogiorno, per la prima volta, un Papa recita pubblicamente l’Angelus. La voce è quella di Pio XII registrata a Castel Gandolfo dai microfoni dell’emittente vaticana.
Il giorno seguente l’Osservatore Romano ricorda con queste parole la recita della preghiera mariana trasmessa dall’emittente pontificia. “Il Santo Padre ha benevolmente acconsentito che la Sua recita dell’Angelus domini venisse radiodiffusa dalla stazione radio del Vaticano a cui era collegata la rete nazionale della Radiotelevisione Italiana. In tal modo l’Augusto Pontefice, aderendo al filiale desiderio dell’Azione Cattolica Italiana, ha dato modo nella solennissima ricorrenza dell’insigne gloria della Vergine Santa, in questo radioso Anno Mariano, agli iscritti e a tutti gli altri fedeli di unirsi devotamente a lui, nel pio saluto alla Madre di Dio”.
Una voce, la Chiesa, il mondo e la Luna
Una voce è indissolubilmente legata all’apertura del Concilio ecumenico Vaticano II. È quella di Giovanni XXIII che l’11 ottobre del 1962, rivolgendosi ai fedeli partecipanti alla fiaccolata per l’apertura di quello straordinario evento, pronuncia queste parole:
Tornando a casa, troverete i bambini; date una carezza ai vostri bambini e dite: “Questa è la carezza del Papa”. Troverete qualche lacrima da asciugare. Fate qualcosa, dite una parola buona. Il Papa è con noi specialmente nelle ore della tristezza e dell’amarezza.
La voce di Paolo VI all’Onu e al mondo
Il 4 ottobre del 1965, la voce di un Pontefice si alza per la prima volta dalla nella sede delle Nazioni Unite a New York. Papa Paolo VI invoca la pace.
…Non più gli uni contro gli altri, non più, non mai! A questo scopo principalmente è sorta l’Organizzazione delle Nazioni Unite; contro la guerra e per la pace! (…) Basta ricordare che il sangue di milioni di uomini e innumerevoli e inaudite sofferenze, inutili stragi e formidabili rovine sanciscono il patto che vi unisce, con un giuramento che deve cambiare la storia futura del mondo: non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell’intera umanità!
Un’ultima traccia…
La voce può anche essere una delle ultime, indelebili tracce nella vita di un uomo, come quella lasciata durante l’ultima udienza generale da Papa Giovanni Paolo I. È il 27 settembre 1978. Un giorno prima di tornare alla casa del Padre, il “Papa del sorriso” esorta a progredire nell’amore di Dio.
Il Signore ha detto a tutti i cristiani: Voi siete la luce del mondo, voi siete il sale della terra. Diventate perfetti come è perfetto il Padre mio che è nei cieli e quindi mai fermarsi, progredire con l’aiuto di Dio, nell’amore di Dio.
Una voce… da un Paese lontano
Dopo l’elezione al soglio di Pietro, il momento più atteso è il primo saluto rivolto dal Pontefice ai fedeli. La sua voce raggiunge tutto il mondo. Il 16 ottobre del 1978 il mondo sferzato dai venti della Guerra fredda ascolta, per la prima volta, quella di un Papa polacco. Giovanni Paolo II ricorda che i “cardinali hanno chiamato un nuovo vescovo di Roma”. “Lo hanno chiamato da un Paese lontano”. “Non so – afferma Papa Wojtyła in quell’occasione – se posso bene spiegarmi nella vostra… nostra lingua italiana. Se mi sbaglio mi corrigerete. E così mi presento a voi tutti, per confessare la nostra fede comune, la nostra speranza, la nostra fiducia nella Madre di Cristo e della Chiesa, e anche per incominciare di nuovo su questa strada della storia e della Chiesa, con l’aiuto di Dio e con l’aiuto degli uomini”.
Una voce e un annuncio
Il 10 febbraio del 2013 in tutto il mondo si diffonde una voce che scanidsce parole in latino. È quella di Benedetto XVI che annuncia con queste parole la decisione di rinunciare al ministero petrino.
Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato.
Riconoscere la voce di Dio
È una, in particolare, la voce che l’uomo deve ascoltare e riconoscere. Papa Francesco lo ha ricordato più volte. Il 6 maggio del 2017, rivolgendosi alla comunità del Pontificio seminario campano di Posillipo, ha sottolineato che si deve “comprendere come Dio ci sta parlando, oggi, in questo mondo, in questo tempo, in questo momento”.
Oggi più che mai – ha detto il Pontefice – il sacerdote è chiamato a guidare il popolo cristiano nel discernere i segni dei tempi, nel saper riconoscere la voce di Dio nella folla di voci spesso confuse che si accavallano, con messaggi contrastanti tra loro.
Le voci del mondo, tra cui quelle dei Papi, sono tracce dell’uomo nella storia. Con molteplici volti e una densa pluralità di linguaggi, i popoli della Terra camminano lungo solchi tracciati nel corso dei secoli. Continuano a cercare le vie del futuro nonostante le ombre e la pandemia. E continuano a sperare perché la voce della speranza, nel cuore dell’uomo, è insopprimibile.
La puntata n.76 di Doppio Click è stata realizzata da Andrea De Angelis, Silvia Giovanrosa, Alessandro Guarasci e Amedeo Lomonaco