Luca Collodi – Città del Vaticano
“All’Ucraina non abbiamo dato assegni in bianco. Ci sono molte cose che l’Ucraina vorrebbe, ma che non abbiamo fatto”. Lo ha dichiarato il presidente americano, Joe Biden, convinto comunque che gli aiuti a Kiev, sia militari che umanitari, continueranno, anche se dovesse cambiare la maggioranza politica al Congresso americano. Il Pentagono, tuttavia, ritiene che in questo momento nessuno possa conseguire una vittoria schiacciante sul campo e che servono alternative alla guerra.
Kherson, fulcro della contesa
“Kherson è nostra”, esulta il presidente ucraino Zelenski. L’esercito di Kiev è entrato nella città centro meridionale dopo il ritiro dei soldati russi. Festa e bandiere ucraine nelle strade, ma Mosca non demorde e ribadisce la sua sovranità, annunciando che il nuovo capoluogo della regione di Kherson è la città di Genichesk scelta in via temporanea. Per la Casa Bianca la riconquista ucraina di Kherson è una “straordinaria vittoria”. Il ministro degli Esteri russo però, Dmytro Kouleba, ricorda che “la guerra continua”.
Si riparla di negoziati
Il Cremlino, dopo aver ribadito che il ritiro “non è un’umiliazione”, apre ai negoziati che “avranno sicuramente luogo, ma i tempi del loro svolgimento dipendono dalla posizione dei partner dell’Ucraina”. Il ministero della Difesa di Mosca afferma che oltre 30 mila soldati e 5 mila mezzi militari e armamenti sono stati trasferiti sulla sponda sinistra del fiume Dnipro. La ritirata russa ha “implicazioni strategiche più ampie”, incluso l’alleviare la minaccia ad altre città dell’Ucraina meridionale come Odessa. Ad affermarlo è il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, per il quale è la Russia che deve decidere se andare al tavolo per definire un percorso di pace.