Michele Raviart – Città del Vaticano
Parlando lunedì sera alla nazione, il presidente russo Vladimir Putin, ha firmato un decreto con il quale Mosca riconosce le repubbliche separatiste ucraine di Lugansk e Donetsk, nel Donbass. Il capo del Cremlino ha anche inviato forze armate nella regione, formalmente per assicurare la pace. Netta risposta di Kiev: non cederemo un solo metro del nostro Paese.
Il discorso di Putin
“L’Ucraina è parte della storia, della cultura e della religione della Russia”, ha detto Putin alla nazione. “La situazione in Donbass”, ha proseguito “è nuovamente critica”, ed “ecco perché urgono decisioni”. Da qui la scelta del presidente di accogliere le richieste della Duma e dei membri del Consiglio di sicurezza della Federazione russa e di riconoscere immediatamente l’indipendenza delle due repubbliche separatiste da Kiev. Il capo del Cremlino ha poi segnalato che nei documenti ufficiali dell’Alleanza Atlantica, la Russia è indicata come la principale minaccia alla sicurezza euro-atlantica. Gli Stati Uniti e la Nato, ha affermato, ormai agiscono considerando l’Ucraina come un teatro di potenziali azioni militari. “I sistemi di comando ucraini” ha osservato Putin, “sono ormai integrati con quelli dell’Alleanza Atlantica”.
Le prime sanzioni da parte degli Usa
Tra le prime reazioni al discorso di Putin, quelle degli Stati Uniti e del presidente Joe Biden che scelto la strada della proporzionalità, imponendo sanzioni solo sulle due province separatiste riconosciute indipendenti da Putin. Lo ha fatto per non inclinare l’unità con gli alleati europei più prudenti perché dipendono dalle forniture di gas russe, e anche per tenere aperto lo spiraglio di una ripresa del dialogo diplomatico, magari con il possibile incontro giovedì tra il Segretario di Stato Blinken e il ministro degli esteri Lavrov. Già oggi probabilmente Washington imporrà altre sanzioni, stavolta dirette contro Mosca. Il primo obiettivo sono le banche russe per isolarle e rendere impossibile loro operazioni. Ma c’è un’escalation di misure che è già pronta ad entrare in vigore, dal blocco delle esportazioni tecnologiche, all’esclusione dal sistema SWIFT per le transazioni internazionali, con l’energia e le punizioni personali per gli oligarchi sullo sfondo. Il discorso di Putin è stato interpretato come una minaccia di invadere l’intera Ucraina, ma le preoccupazioni riguardano anche i Paesi dell’’ex Patto di Varsavia che oggi fanno parte della NATO e quindi sono protetti dell’articolo 5, che sancisce l’obbligo della difesa reciproca. Washington è convinta che Mosca stia lanciando una sfida all’intero sistema occidentale e la risposta non è più rinviabile.
Nella notte la riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu
Ma è tutta la comunità internazionale all’opera in queste ore per cercare di affrontare questa nuova fase della crisi in Ucraina. “Il rischio di un grande conflitto è reale e dev’essere prevenuto a tutti i costi”, ha affermato il sottosegretario generale delle Nazioni Unite, Rosemary DiCarlo, all’apertura della riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, avvenuta nella notte. Non è mancata la risposta dell’ambasciatore di Kiev al Palazzo di vetro, che ha sottolineato come “i confini dell’Ucraina rimangono ‘immutabili’ a prescindere dalle recenti azioni della Russia”. “Restiamo aperti alla diplomazia” ha risposto invece l’ambasciatore russo all’Onu, “tuttavia – ha aggiunto – non abbiamo intenzione di permettere un bagno di sangue nel Donbass”. Nel frattempo l’Alleanza Atlantica ha ribadito le responsabilità della Russia nel “continuare ad alimentare il conflitto nell’Ucraina orientale cercando di inscenare un pretesto per invadere il Paese”. Oggi, sul tavolo dell’Unione europea, arrivano le prime proposte di sanzioni contro Mosca, promosse anche da Bruxelles, in linea con Washington.
Le parole del Papa sulla crisi
Rimane uno spiraglio per il dialogo, tanto invocato dal Papa nelle ultime settimane. L’ultimo intervento di Francesco in questo senso sono le parole pronunciate all’Angelus di domenica scorsa, quando ha lamentato la grande tristezza nel vedere “persone e popoli fieri di essere cristiani che vedono gli altri come nemici e pensano a farsi guerra!” Ma altre volte negli ultimi tempi, Francesco aveva nominato il Paese dell’Est Europeo:.
Parole che sembrano pronunciate questa mattina e che si riferiscono all’Angelus del 13 febbraio. Pochi giorni prima, il 9 febbraio, quelle al termine della catechesi dell’udienza generale riferite anche alla Giornata di preghiera proposta da Francesco per il 26 gennaio,