Ucraina, Parolin: l’ipotesi di un intervento militare dell’Europa fa paura

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Il cardinale segretario di Stato vaticano interviene alla premiazione del concorso “Economia e Società” promosso dalla Fondazione Centesimus Annus – pro Pontifice. Condivide le preoccupazioni sull’escalation del conflitto in Europa e in Medio Oriente dove “l’unica strada è quella di un cessate il fuoco”. L’auspicio è diffondere la cultura della cura dei vulnerabili e la fraternità

Antonella Palermo – Città del Vaticano

Il timore per il profilarsi di scenari inquietanti nel cuore del Vecchio Continente: è ciò che esprime ai giornalisti il cardinale segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, a margine della cerimonia di premiazione, questo pomeriggio all’Istituto Maria Bambina, a Roma, del concorso “Economia e società” promosso dalla Fondazione Centesimus Annus – pro Pontifice.

Temibile l’escalation in Ucraina

Mentre si ventila un intervento militare diretto dell’Europa in Ucraina, il cardinale afferma una cosa del genere “fa paura” perché “si realizzerebbe quella escalation che abbiamo sempre cercato di evitare fin dall’inizio”. È davvero, non dico apocalittico perché forse è una parola esagerata in questo momento, certamente però è temibile, temibile”. Alla domanda di un cronista su come si possa giustificare una simile proposta (quella avanzata dalla Francia, ndr), Parolin dichiara che probabilmente trova origine nel fatto che “ormai da due anni questa guerra continua senza nessuna prospettiva di soluzione, né di soluzione militare perché sul campo le forze rimangono più o meno nelle stesse posizioni e nessuna prospettiva di soluzione negoziata”. E aggiunge che “sarebbe l’ideale trovare davvero una strada per poter far sì che le due parti si mettessero a parlare, dialogare. Credo che se si parla si trova poi una soluzione. Sono stati proposti vari tipi di soluzione – osserva – l’importante è che ci sia la volontà di farle”.

Medio Oriente, l’unica strada è il cessate il fuoco

Relativamente al conflitto israelo-palestinese, il segretario di Stato conferma non ci sono stati sviluppi nei contatti diplomatici con Israele. “Abbiamo preso atto di quello che l’ambasciatore ha detto”, ammette sottolineando che “quello che noi vorremmo è che si potesse avviare un dialogo al di là delle polemiche che forse sono anche in un certo senso giustificate dall’appassionamento cui questa guerra ha dato origine da entrambe le parti. Evidentemente su queste cose bisogna ragionare un po’ con più calma, a mente fredda”, sostiene. “Ciò che ci interessa è che si arrivi a trovare una strada, per la liberazione degli ostaggi, prima di tutto, per l’assistenza umanitaria che continua a essere molto pesante. Quindi l’unica strada è quella di un cessate il fuoco”, scandisce.

Appello alla fraternità

Di fatto, è l’appello alla fraternità, il cardine su cui si è concentrato il cardinale Parolin nel suo intervento dopo la premiazione dell’opera della professoressa cilena Montero Orphanopoulos, Vulnerabilidad. Hacia una ética más humana. “La coscienza della nostra vulnerabilità ci apre all’esperienza dell’alterità – ha detto Parolin – che ci dispone al dono della fraternità e dell’incontro con Dio. Nel farci prossimi ai nostri fratelli ritroveremo noi stessi, riscopriremo la nostra umanità più autentica”. Ha anche citato, all’inizio della sua relazione, quanto scritto nell’Antico Testamento a proposito di quello che è uno dei compiti principali del re di Israele: difendere i diritti dei più vulnerabili della società, come il povero, l’orfano, la vedova e il forestiero.

Bisogno di una cultura della cura

“La vulnerabilità non è solo un limite ontologico – ha precisato – ma è anche la nostra apertura verso l’infinito, il nostro bisogno di amore e di salvezza, e la nostra profonda esigenza di stare con gli altri. In questo senso, l’etica della vulnerabilità valorizza la sensibilità e la tenerezza, per giungere ad una vera maturità spirituale in cui anche le miserie dell’anima vengono accolte con coraggio e compassione”. È il conforto agli emarginati ciò che conta, dice ancora il cardinale, pur consci della nostra fragilità e dei nostri limiti. Oggi, invece, nota, il “sistema tecnocratico, nel quale gli investimenti sulla tecnologia influenzano le scelte della politica, privilegia l’efficienza e la cultura dello scarto”. E si sofferma sulla ricerca del profitto ad ogni costo che a suo parere “è all’origine delle speculazioni finanziare, del commercio delle armi, dell’inquinamento ambientale e di conseguenza delle ingiustizie sociali che provocano disuguaglianza ed emarginazione”. 

L’Intelligenza Artificiale può amplificare le disuguaglianze

“Nel mondo contemporaneo dominato dalla tecnica siamo esposti al rischio di diventare inconsapevolmente apatici ed acritici consumatori”. Le possibili influenze dell’intelligenza artificiale sulla vita sono un ulteriore aspetto delle considerazioni di Parolin che esprime una preoccupazione: “l’intelligenza artificiale potrebbe amplificare le disuguaglianze esistenti, perpetuando pregiudizi presenti negli attuali dati utilizzati per addestrare gli algoritmi. Questo potrebbe portare a decisioni ingiuste o discriminatorie in settori come l’occupazione, i sistemi di finanziamento, l’assistenza sanitaria, l’istruzione, la giustizia, l’immigrazione e le relazioni internazionali”.

Ridurre il debito dei Paesi poveri

L’auspicio è cambiare le strutture economiche “che tuttora generano povertà, esclusione e dipendenza” favorendo un tipo di solidarietà internazionale in grado di sradicare una delle radici piu profonde ed antiche dell’imperialismo finanziario, il controllo dei debiti degli Stati”. Il debito sia investito in programmi sociali, educativi e sanitari. La visione è quella più volte condivisa da Papa Francesco: avere il coraggio di superare la logica dello sfruttamento e creare nuovi modelli di sviluppo, nei quali i poveri siano parte integrante del tessuto sociale.

La vulnerabilità come opportunità

Ben si inserisce, in questo quadro di considerazioni, l’opera vincitrice del concorso Economia e Società che offre un paradigma per affrontare i problemi morali in tutto il mondo, come ha ricordato il cardinale Marx nel suo intervento introduttivo di laudatio. Il porporato tedesco ha evidenziato proprio quanto il tema della vulnerabilità sia importante per Papa Francesco che tanto insiste su un atteggiamento di apertura nei confronti del mondo, di un’uscita verso l’altro. Considerevole e interdisciplinare viene definito il lavoro della Orphanopoulos che considera l’uso dell’idea di vulnerabilità nella psicologia, sociologia, filosofia, bioetica, negli studi biblici e anche nel Magistero della Chiesa postconciliare.