Svitlana Duckhovych – Città del Vaticano
Sono le ore della diplomazia, che cerca di disinnescare sul tavolo del negoziato il dramma che scaturirebbe se a parlare fossero i cannoni. Mentre Occidente e Russia provano a mediare una crisi ormai lunga anni, dal conflitto “a bassa intensità” come lo definiscono gli analisti, scoppiato nel 2014 nella parte orientale dell’Ucraina, ai venti di guerra attuali, per la popolazione ucraina sono ore di tensione e sospensione. “Il rischio di un possibile aggravarsi del conflitto viene vissuto con più coraggio”, osserva il nunzio apostolico nel Paese, l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas. Ai media vaticani, il presule riferisce del conforto generato dalla prossimità manifestata ancora una volta da Francesco, domenica scorsa all‘Angelus.
Com’è stato accolto in Ucraina l’appello del Papa?
Qui in Ucraina Papa Francesco è tra le personalità religiose più stimate dalla popolazione locale, per cui anche questo appello del Papa dopo la preghiera dell’Angelus di domenica scorsa è stato immediatamente accolto come una notizia molto importante, che solleva il cuore, esprime vicinanza e solidarietà, e durante i momenti di difficoltà come in questo periodo in Ucraina sapere di non essere soli e dimenticati è già un grande aiuto.
Qual è il clima che si percepisce nella popolazione?
In questo periodo della mia missione di nunzio c’è la guerra, che è in corso già da 8 anni nelle regioni orientali del Paese, e certamente ha creato molti problemi – c’è chi ha perso i propri cari e io anche personalmente ho conosciuto varie persone duramente colpite – c’è chi ha perso la salute, la propria casa, il lavoro, ma tutto questo ha reso gli ucraini più forti di fronte alle difficoltà. Il rischio di un possibile aggravarsi del conflitto viene vissuto con più coraggio. C’è preoccupazione ma al contempo ho notato anche tanto amore per la Patria e anche tanta decisione, se ci sarà qualche difficoltà, a fare la propria parte. Come molti sanno, qui ci sono gli ucraini di madrelingua e ci sono regioni con prevalenza di lingua russa, oppure altre ancora dove c’è una significativa presenza della lingua polacca, ma in questo mese ho avuto modo di apprezzare l’amore da parte di tutti. Non dico che non ci siano delle difficoltà, ma in generale il conflitto mi sembra abbia accresciuto la coesione in tutto il Paese.
In che modo la Chiesa locale sta vivendo questa situazione?
Rispondo riferendomi soprattutto ai cattolici in Ucraina, ma ci sono anche le Chiese ortodosse e altre chiese. Come sappiamo, nelle Chiese greco-cattoliche e anche nelle Chiese cattoliche di rito latino fin dal 2014, l’anno d’inizio del conflitto, durante tutte le celebrazioni eucaristiche e anche in altri momenti di preghiera, c’è sempre un momento di preghiera per la pace. In queste ultime settimane la preghiera per la pace è ancora più presente, più forte, e lo sarà in modo particolare mercoledì prossimo, il 26 gennaio, su invito di Papa Francesco e in unione con lui e con tutti gli uomini di buona volontà.
Quale importanza riveste la preghiera per il popolo ucraino in questa fase?
Questa domanda me la sono posta tante volte io stesso e la mia conclusione è che dobbiamo considerare soprattutto la nostra vocazione come credenti in Cristo e la nostra vocazione di esseri umani. Come abbiamo visto, anche Papa Francesco nell’appello di domenica scorsa ha sottolineato che non siamo degni di chiamarci uomini e donne se non consideriamo gli altri come nostri fratelli e sorelle. Ha detto il profeta Isaia: Dio non ascolta la tua preghiera se tu non ti converti, se non vivi la giustizia, se non vivi la misericordia. Quindi, questa preghiera che viviamo, la viviamo per la pace, ma il senso di questa preghiera è soprattutto che ci convertiamo noi stessi, per vivere la fedeltà a Dio e per vivere la fratellanza e la misericordia nei confronti di tutti, con umiltà, con coraggio, con creatività, per dire al Signore: adesso affido tutto nelle tue mani.