Adriana Masotti – Città del Vaticano
“Io parlo direttamente con Dio”; “io ho fatto una brutta esperienza in passato”; “il sacerdote è peggio di me”; “ho troppa vergogna a dire i miei peccati”: sono solo alcune delle obiezioni più frequenti che molti fedeli pongono di fronte al sacramento della Confessione. Ma sono obiezioni a cui è possibile dare una risposta favorendo un’esperienza fondamentale per il cristiano, quella della vicinanza e del perdono da parte del Signore anche nei momenti più difficili e nelle cadute. Raccogliendo la necessità di far conoscere di più questo sacramento, detto anche della Riconciliazione, ai laici, prende il via questo pomeriggio un seminario di formazione di due giorni che ha per titolo “Ti sono perdonati i peccati. Celebrare il sacramento della Confessione oggi”. Lo promuove la Penitenzieria Apostolica al Palazzo della Cancelleria a Roma.
Piacenza: la Confessione, un atto di fede, speranza e carità
Ad aprire i lavori il saluto e la lectio magistralis del cardinale Mauro Piacenza, penitenziere maggiore. Nel suo intervento il porporato ha voluto evidenziare i tre diversi aspetti essenziali della Confessione, che corrispondono alle tre virtù teologali. Il primo punto: la Confessione è un atto di fede in Dio. “Se la Confessione sacramentale – afferma il cardinale – è vissuta come vero e proprio atto di fede, non se ne percepirà in alcun modo il disagio, poiché in essa l’anima è chiamata a stare al cospetto di Dio, al cospetto del proprio Creatore, al cospetto di Colui che tutto conosce di noi”. Un atto di fede che significa conoscenza sia “del mandato di Cristo alla Sua Chiesa di perdonare i peccati”, sia del proprio peccato. Ma che significa anche “abbandono fiducioso (…) tra le braccia del Padre”. “Sappiamo benissimo che non venite per noi – prosegue Piacenza riferendosi ai fedeli penitenti , sappiamo che siete lì per Cristo”, in questo senso, l’atto di fede è compiuto anche dal sacerdote che vede la testimonianza di fede dei penitenti. Senza dubbio, afferma ancora il penitenziere maggiore, la Confessione è anche “un atto di fiducia di Dio nell’uomo, in ciascuno di noi. Dio si fida di te, perdonandoti sempre” e si fida della sua Chiesa e dei suoi ministri ai quali affida il suo gregge.
Speranza in una vita nuova e nell’eternità
La Confessione è anche un atto di speranza. Il cardinale lo spiega dicendo che con essa ciascuno di noi spera nell’aiuto del Signore e perché questo sacramento “continuamente spalanca la mente e il cuore del penitente alla vita nuova”, ma è atto di speranza anche nei riguardi della vita eterna. “In un contesto secolarizzato – afferma – nel quale l’orizzonte soprannaturale è relegato a soggettiva convinzione e nel quale si è quasi completamente perduta la consapevolezza dell’importanza dei propri atti, anche rispetto all’ingresso nella vita eterna, non c’è da stupirsi se il sacramento della Riconciliazione vive un momento di non comprensione, addirittura di apparente inutilità”.
Amore verso se stessi e verso Dio
Infine, la Confessione è un atto di carità, e se è scontato l’amore di Dio verso l’uomo, lo è di meno, sostiene Piacenza, guardare “all’amore dell’uomo verso se stesso e verso Dio”. Che c’è di meglio, prosegue, che l’essere “sollevati dal peso della colpa, per vedere con occhi nuovi la realtà e se stessi”? La Confessione aiuta a “conoscersi, amarsi davvero, auto-possedersi e, perciò, donarsi a Dio e agli altri”. E poi, dice, è anche un atto di carità verso Dio: la Confessione è un modo per manifestare a Dio “il nostro amore, il nostro dolore per i peccati, proprio tornando a Lui”. La Confessione, inoltre, “restituisce a Dio la gloria dovuta”. “Pensiamo a tutte le assurde guerre che attanagliano il mondo – afferma il cardinale Piacenza – pensiamo ai produttori di armi che le alimentano; pensiamo alla quotidiana soppressione di migliaia di vite, addirittura nel grembo delle madri; pensiamo allo spadroneggiare sull’ora del passaggio dal pellegrinaggio terreno alla vita eterna; pensiamo alla privazione del necessario, perfino del cibo, per milioni di persone nel mondo; pensiamo alla violazione della innocenza di tanti piccoli, ecc… Non sono forse questi i peccati che offendono il Creatore?”. La Confessione infatti è anche riparazione. Un ultimo aspetto sottolinea il penitenziere maggiore, quello della testimonianza verso i fratelli che si compie dimostrando la propria volontà di conversione proprio attraverso il sacramento. “In effetti – conclude il porporato – la gloria terrena di Cristo coincide con la diffusione del suo regno, con lo zelo perché tutti lo conoscano, lo amino e lo servano”.
Nykiel: non temiamo di tuffarci nella misericordia di Dio
Oltre agli interventi di esperti in varie discipline in relazione al tema del seminario, il programma prevede anche le testimonianze dell’attrice Beatrice Fazi e di Valentina Cason e Ilaria Tedde della Comunità Nuovi Orizzonti che racconteranno il dono del sacramento della riconciliazione nella loro vita. Al microfono di Vatican News, monsignor Krzysztof Nykiel, reggente della Penitenzieria Apostolica spiega a quali esigenze vuol andare incontro il corso, quali sono gli ostacoli che spesso allontanano i fedeli dal confessionale e l’importanza per la vita cristiana dell’esperienza personale della misericordia di Dio:
Monsignor Krzysztof Nykiel, un seminario sulla Confessione, quello promosso, rivolto ai fedeli: a quale bisogno o desiderio vuol rispondere?
Da un po’ di tempo giungevano alla Penitenzieria richieste da parte di fedeli laici, molti dei quali iscritti alle Università Pontificie a Roma, di poter frequentare il corso sul foro interno che ogni anno in tempo di Quaresima viene promosso dal nostro Tribunale di misericordia per i sacerdoti e i candidati al sacerdozio prossimi all’ordinazione. Prendendo in dovuta considerazione tale desiderio di conoscere meglio il sacramento della Confessione, la sua importanza e necessità nella vita cristiana, si è pensato di promuovere e organizzare un evento dedicato a questo sacramento. Un sacramento che il Santo Padre Francesco ha definito sacramento della gioia, perché realizza l’incontro con Dio che ci ama e ci perdona sempre ogni volta che con il cuore sincero e pentito lo chiediamo. Ecco dunque l’origine e lo scopo di questo seminario sulla Confessione che si rivolge perciò a tutti i fedeli e particolarmente ai laici, che normalmente hanno meno opportunità di formazione in questo ambito: far meglio conoscere il sacramento e, di conseguenza, apprezzarlo e viverlo senza paura ma con fede sincera e con l’entusiasmo che deriva dalla consapevolezza che Dio non si stanca mai di perdonarci, per ricordare sempre le parole di Papa Francesco.
Spesso vediamo i confessionali vuoti, quali sono i maggiori ostacoli che i fedeli incontrano nell’accostarsi a questo sacramento?
La paura di non essere perdonati, che deriva dalla poca fiducia nell’amore misericordioso di Dio; la preoccupazione di non essere capiti; la vergona e il timore di raccontare le proprie situazioni più delicate o i propri peccati a un altro uomo; precedenti esperienze negative maturate in occasione di altre confessioni; o perfino il non sentirsi peccatori e quindi non avvertire alcun bisogno di confessarsi. Credo siano queste le problematiche più diffuse che allontanano i fedeli dal confessionale.
Il titolo della sua relazione, monsignor Nykiel, che terrà domani, appare provocatorio: “Buoni motivi per non confessarsi”. Che cosa intende dire? Non credo voglia scoraggiare i fedeli…
È vero, il titolo è provocatorio. Speriamo che susciti in coloro che prenderanno parte al seminario una sana dose di curiosità. Con il mio intervento cercherò di ribattere alle più comuni obiezioni al sacramento della riconciliazione, dando per ciascuna una risposta che mostri invece la bellezza, l’importanza e la necessità del sacramento stesso per la nostra chiamata alla santità. Aggiungo solo che indagando sulle principali obiezioni dei fedeli alla confessione ho potuto verificare come, in fondo, tutte le obiezioni possano ridursi ad una sola: la resistenza all’amore.
Se un fedele le chiedesse un consiglio per fare una buona confessione, che cosa gli direbbe?
Per confessarsi bene bisogna prima di tutto disporsi alla presenza di Dio, sentire interiormente il desiderio di chiedere perdono e di riconciliarsi con lui. Si tratta di quell’atteggiamento che chiamiamo contrizione, cioè “il dolore dell’animo e la riprovazione del peccato commesso, accompagnato dal proposito di non peccare più” (CCC, 1451). Preghiamo poi lo Spirito Santo di illuminarci e di ispirarci nell’esaminare la nostra vita e nel riconoscere i nostri peccati, magari con l’aiuto di un buon esame di coscienza. Tale esame si può fare alla luce della Parola di Dio domandandoci cosa è veramente importante nella gerarchia dei propri valori, se Dio è al primo posto nella mia vita; praticamente riflettendo sui due comandamenti dell’amore verso Dio e verso il prossimo, credo si possa fare un bellissimo esame di coscienza.
Dopo questa preparazione, accostiamoci al confessionale e riferiamo al sacerdote tutti i peccati gravi che non abbiamo precedentemente confessato. Soffermiamo l’attenzione non solo sul male commesso, ma anche su tutte quelle occasioni in cui avremmo potuto fare del bene e non l’abbiamo fatto. Ricordiamoci sempre di aprire il nostro cuore al confessore con la massima verità e trasparenza, perché in quel momento non stiamo parlando a quella determinata persona, ma a Gesù stesso! Infine, il confessore assolve il penitente e gli assegna una penitenza: non una punizione, ma una forma di riparazione per il male causato con i peccati.
Senso dei propri peccati, fede e bisogno della misericordia di Dio: quanto sono ancora presenti nelle donne e negli uomini di oggi?
Si nota certamente nella nostra società contemporanea una certa crisi dei valori, ma prima di tutto si tratta di crisi della fede. Riguardo al bisogno della misericordia di Dio, credo che ogni essere umano abbia bisogno di sentirsi amato. L’uomo sperimenta la pienezza di questo amore incontrando Dio che è misericordia. Pertanto l’esperienza della misericordia nella vita di un cristiano è essenziale. Non si può essere veramente cristiani senza aver fatto esperienza dell’amore di Dio misericordioso. Il cristianesimo, infatti, non è un insieme di dottrine, una filosofia di vita o un elenco di precetti di morale, ma è l’incontro con una persona, Gesù Cristo, che si riconosce Signore e Maestro della propria vita. Se non avviene questo incontro, se nella propria vita non si è sperimentata almeno una volta la presenza di Dio che ci viene incontro e ci solleva dai nostri fallimenti, ci salva dalle nostre miserie, dalle nostre debolezze, in realtà si rimane sulla superficie, a un livello puramente astratto e teorico della vita di fede.
L’incontro con la misericordia divina si realizza sacramentalmente ogni volta che ci confessiamo. Tutti i sacramenti favoriscono e realizzano l’incontro personale con Cristo, ma credo che in modo speciale nella celebrazione del sacramento della Riconciliazione si possa sperimentare che Dio è misericordia infinita, che non ci lascia mai soli, neanche nelle notti più buie della nostra vita. Da lì possiamo ripartire, per divenire a nostra volta persone di misericordia: non abbiamo paura a tuffarci tra le braccia dell’amore misericordioso di Dio nel sacramento della Confessione!