Terra Santa, Pizzaballa: È ora di fermare questa guerra e questa violenza insensata

Vatican News

Il patriarca dei Latini scrive alla diocesi di Gerusalemme ricordando l’importanza della giornata di preghiera per la pace voluta da Papa Francesco per il 27 ottobre. Dura condanna agli attacchi contro Israele e ai bombardamenti su Gaza. Solo la fine di decenni di occupazione e una prospettiva nazionale chiara per la Palestina possono portare alla fine del conflitto, scrive, chiedendo a Dio il coraggio per tutti di “chiedere giustizia senza diffondere l’odio”

Michele Raviart – Città del Vaticano

Il mondo intero guarda alla Terra Santa come a un luogo che è una costante causa di guerre e divisioni ed è per questo che si è unito a noi in preghiera il 17 ottobre e, per volontà di Papa Francesco, lo rifarà per una seconda giornata di preghiera il prossimo venerdì 27 ottobre. Questo infatti è quello che noi cristiani possiamo fare in questo momento: pregare, fare penitenza, intercedere. A ribadirlo è il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei latini, in una lettera inviata ai fedeli della sua diocesi.

Tutto sembra parlare di morte e odio

“Stiamo attraversando uno dei periodi più difficili e dolorosi della nostra storia recente”, ha scritto Pizzaballa. “Da più di due settimane siamo stati inondati da immagini di orrori, che hanno risvegliato traumi antichi, aperto nuove ferite e fatto si che dolore, frustrazione e rabbia esplodessero dentro di noi” e molto intorno a noi “sembra parlare di morte e di un odio infinito”. “Molti sono i pensieri che attraversano la nostra mente, aumentando il nostro senso di smarrimento”, prosegue, e “in questo frastuono in cui il rumore assordante delle bombe si mischia con le tante voce di sofferenza”, è necessario ricordare e ritornare al Vangelo.

Inammisibile l’attacco a Israele

Ribadendo la necessità di “dare a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”, Pizzaballa afferma che è sua coscienza e dovere morale “affermare chiaramente che quanto è accaduto il 7 ottobre nel sud di Israele”, con gli attacchi di Hamas che hanno ucciso centinaia di civili, “non è in alcun modo ammissibile e non possiamo che condannarlo”. “Non c’è alcuna ragione per una simile atrocità”, ha affermato, “e abbiamo il dovere di affermarlo e di denunciarlo”. “L’uso della violenza non è compatibile con il Vangelo e non porta alla pace”, perché, “la vita di ogni persona umana ha pari dignità davanti a Dio, che ci ha creati tutti a sua immagine e somiglianza”.

Stop ai bombardamenti a Gaza

“La stessa coscienza”, aggiunge, “con un grande peso sul cuore, mi porta oggi ad affermare con altrettanta chiarezza che questo nuovo ciclo di violenza ha portato a Gaza oltre cinquemila morti, tra cui molte donne e bambini, decine di migliaia di feriti, quartieri rasi al suolo, mancanza di medicine, di acqua e di beni di prima necessità per oltre due milioni di persone. Sono tragedie che non possono essere comprese e che abbiamo il dovere di denunciare e condannare senza riserve. I continui e pesanti bombardamenti che da giorni si abbattono su Gaza non faranno altro che causare altra morte e distruzione e non faranno altro che aumentare l’odio e il risentimento. Non risolverà alcun problema, ma ne creerà di nuovi”.

Una prospettiva nazionale chiara e sicura per la Palestina

“È ora di fermare questa guerra, questa violenza insensata”, afferma il patriarca dei fedeli cattolici di rito latino. “Solo ponendo fine a decenni di occupazione e alle sue tragiche conseguenze, e dando una prospettiva nazionale chiara e sicura al popolo palestinese, si potrà avviare un serio processo di pace”, ribadisce. “Se non si risolve questo problema alla radice, non ci sarà mai la stabilità che tutti speriamo. La tragedia di questi giorni deve indurre tutti noi, religiosi, politici, società civile, comunità internazionale, a un impegno più serio di quello che è stato fatto finora. Solo così si potranno evitare altre tragedie come quella che stiamo vivendo. Lo dobbiamo alle tante vittime di questi giorni e a quelle degli anni passati”, continua Pizzaballa, e “non abbiamo il diritto di lasciare questo compito ad altri”.

Il bisogno di parole vivificanti di pace

Gesù vinse sulla croce, ha ricordato, “malgrado il male che imperversava nel mondo” e “non con le armi, né con il potere politico, né con grandi mezzi, né imponendosi”, ma “amando”. La pace di cui parla Gesù, infatti, “non ha nulla a che vedere con la vittoria sugli altri” e bisogna quindi “avere il coraggio dell’amore e della pace” e “non permettere che l’odio, la vendetta, la rabbia e il dolore occupino tutto lo spazio del nostro cuore, della nostra parola, del nostro pensiero. Significa impegnarsi personalmente per la giustizia, saper affermare e denunciare la dolorosa verità dell’ingiustizia e del male che ci circonda, senza lasciare che inquini le nostre relazioni. Significa impegnarsi, essere convinti che vale ancora la pena di fare tutto il possibile per la pace, la giustizia, l’uguaglianza e la riconciliazione. I nostri discorsi non devono parlare di morte e di porte chiuse. Al contrario, le nostre parole devono essere creative, vivificanti, devono dare prospettive e aprire orizzonti”.

La preghiera per le vittime

“Ci vuole coraggio per poter chiedere giustizia senza diffondere l’odio” e “vogliamo chiedere a Dio questo coraggio”, scrive Pizzaballa, rivolgendo la sua preghiera a tutti e in particolare alla piccola comunità cristiana di Gaza. Il pensiero va poi alle 18 vittime cristiane morte per il crollo di una sala della parrocchia greco-ortodossa di San Porfirio e ai loro famigliari. “Il loro dolore è grande, eppure ogni giorno che passa mi rendo conto che sono in pace. Sono spaventati, scossi, sconvolti, ma con la pace nel cuore. Siamo tutti con loro, nella preghiera e nella solidarietà concreta, ringraziandoli per la loro bella testimonianza”. Alla vigilia della solennità di Maria Regina di Palestina, il cardinale Pizzaballa prega per tutte le vittime innocenti. La loro sofferenza davanti a Dio, “ha un valore prezioso e redentivo perché è unita alla sofferenza redentiva di Cristo. Che la loro sofferenza porti la pace sempre più vicina”.