Benedetta Capelli – Città del Vaticano
San Paolo, nella Lettera ai Galati, scriveva: “Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”. Pensando alla storia di suor Maria Dorotea D’Oto, queste parole prendono forma diventando preghiera costante a Gesù e passi sicuri per camminare sulle strade da lui indicate.
Ufficiale della Stella d’Italia
Di questa religiosa paolina, nata a Casarbore, in provincia di Avellino nel 1931, si è parlato spesso negli ultimi tempi perché nella casa di Miari, in Corea del Sud, l’ambasciatore d’Italia a Seul, Federico Failla, a nome del presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, le ha consegnato l’onorificenza di Ufficiale della Stella d’Italia. Il riconoscimento viene conferito a coloro che si sono distinti nella promozione di rapporti di collaborazione e legami di amicizia tra l’Italia e le altre nazioni. Nel suo caso, la missionaria è stata premiata per aver diffuso “gli insegnamenti della religione cattolica nelle aree più degradate della capitale Seul, delle città di Daegu e Gwangju” contribuendo “all’organizzazione della comunità delle Figlie di San Paolo che è ora una realtà significativa e ben conosciuta della capitale”.
Se il Signore vuole…
“Questo riconoscimento è un onore per le Figlie di San Paolo”: racconta suor Maria Dorotea D’Oto a Vatican News. Parlando dalla Corea, riannoda i fili della sua vita rivelando di essere diventata suora a soli 20 anni, di aver fatto apostolato a Siena per 15 anni mentre nel suo animo cresceva il desiderio di andare per il mondo a diffondere la Parola di vita. “Un anno feci gli esercizi spirituali nella nostra Casa generalizia ad Alba – racconta la suora – al termine salutai la mia superiora generale, suor Tecla Merlo, che mi invitò a tornare a Siena. In cuor mio però volevo parlarle del mio desiderio di andare in missione ma, allo stesso tempo, non mi sentivo all’altezza”. “Lei mi guardò capendo che avevo qualcosa da dire e mi chiese di avere coraggio, allora raccontai che volevo partire per portare la Parola di Dio. Lei si scrisse un memo, dicendo che dovevo continuare a pregare”. “Se il Signore vuole – mi disse – ti manderà da un’altra parte”.
Un mese di navigazione
Da quegli esercizi spirituali passarono 4 anni, suor Tecla morì e suor Maria Dorotea pensò che il suo desiderio si fosse spento con lei. “A quasi 5 anni dalla sua morte – prosegue – mi chiamò la superiora generale chiedendomi se ero ancora disponibile e risposi che ero contentissima di partire. Molte sorelle allora andavano in Africa, ma lei scelse per me la Corea. Era il 1966”. Quel sì invade di gioia il cuore della suora. “Sono partita con la nave, un mese di navigazione per arrivare in Giappone dove sono stata accolta da alcune consorelle che mi tennero lì per qualche tempo. Dovevo riposare perché il viaggio in nave era stato difficile, ero stata molto male. Dopo essermi ripresa, il mese dopo partii per la Corea con un’altra nave ma il viaggio era solo di una notte. Al mattino presto giunsi lì”.
Gli inizi
In Corea del Sud era già presente la missione delle Figlie di San Paolo. “Le mie consorelle – racconta suor Maria Dorotea – mi aspettavano con gioia, insieme abbiamo ringraziato il Signore per il mio arrivo. Non capivo neanche una parola di coreano, sapevo solo l’italiano”. Determinata come poche, la suora iniziò a studiare la lingua nella scuola per missionari gestita dai francescani. “Ero contenta perché sapevo che il Signore mi voleva lì. Quando sono arrivata – aggiunge la missionaria – la Corea era molto molto povera, tanta gente viveva in strada, cercava da mangiare. Una grande sofferenza. Noi abbiamo iniziato l’apostolato, come abbiamo sempre fatto in ogni angolo del mondo, e anche lì nella povertà e nella miseria abbiamo dato tutto quello che potevamo dare”.
Quei pezzetti di carta
La ricchezza per suor Maria Dorotea è una, la più grande, è il Vangelo che ha scelto di seguire fin da giovane, in pieno affidamento al Signore e a Lui continua a consegnare la sua missione. “Mi ricordo che facevamo tanti piccoli biglietti con la Parola di Dio, li regalavamo alle famiglie, alla gente che incontravamo. Sentivo una grande gioia perché ero strumento, portavo il Vangelo dove ancora non era arrivato. Questa è stata la mia prima grande gioia”. In 55 anni, la religiosa vede il mondo cambiare intorno a sè ma le Figlie di San Paolo tengono il passo. “Con la radio o la televisione o con altri mezzi abbiamo cercato nuovi modi per diffondere la Parola e anche oggi sperimentiamo nuovi modi per poter far arrivare Gesù dove non è ancora arrivato”.
Fino a che mi chiamerà in Paradiso
Negli anni la Congregazione è cresciuta, “ci sono più di 200 consorelle e poi tante giovani ancora in formazione e altrettante nuove aspiranti che ancora oggi desiderano entrare nel nostro apostolato”. “Ringrazio Dio – dice suor Maria Dorotea – perché a 90 anni sono ancora nella gioia e ringrazio il Signore per quello che mi ha dato e continua a darmi”. “Sono proprio felice di essere missionaria in Corea e di poter rimanere qui fino a che il Signore – conclude sorridendo – mi chiamerà direttamente in Paradiso”.