Sudan: raggiunto accordo per il ritorno del premier deposto Hamdok

Vatican News

Marco Guerra – Città del Vaticano

Il generale sudanese Abdel Fattah al-Burhan e il primo ministro deposto Abdalla Hamdok hanno raggiunto un accordo per il ritorno di quest’ultimo alla guida dell’esecutivo e il rilascio dei detenuti politici, imprigionati dopo il colpo di Stato militare del 25 ottobre scorso, lo hanno reso noto domenica mattina i mediatori. A dichiararlo il mediatore sudanese Fadlallah Burma. Intanto Hamdok è stato liberato dagli arresti domiciliari ma nonostante l’annuncio dell’accordo tra civili e militari, centinaia di persone sono comunque scese in piazza nel Paese per protestare contro il golpe. 

Il colpo di Stato

Un mese fa Burhan aveva dichiarato lo stato di emergenza, esautorato il governo e detenuto i leader civili – che ricoprivano posizioni di vertice nell’ambito dell’accordo di condivisione del potere concordato con l’esercito – interrompendo la fine della transizione democratica iniziata due anni prima con la rimozione della dittatura trentennale di Omar Bashir, accusato di crimini contro l’umanità dalla Corte penale internazionale. Il colpo di mano militare in queste settimane ha suscitato la condanna della comunità internazionale e proteste di piazza represse con la violenza, con un bilancio di almeno 40 manifestanti uccisi.

Il nuovo accordo

Secondo il nuovo accordo tra i partiti politici e i militari, Hamdok formerà un gabinetto indipendente di tecnocrati, ha spiegato Fadlallah Burma Nasir, capo dell’Umma Party che ha partecipato ai colloqui che hanno portato all’intesa. Il Sovrano Consiglio del Sudan, formato nel 2019, terrà una riunione urgente questa domenica prima di annunciare l’accordo, ha detto una fonte a conoscenza dei colloqui. Tuttavia, i gruppi di attivisti che hanno guidato le proteste dopo il colpo di stato hanno chiesto la completa uscita dei militari dalla scena politica, mentre in una dichiarazione su Facebook la coalizione civile delle Forze della Libertà e del Cambiamento (FFC) ha affermato di non riconoscere alcun accordo politico con le forze armate. Dal canto loro le potenze occidentali che avevano appoggiato la transizione politica del Paese hanno condannato senza indugi il colpo di Stato e sospeso parte dell’assistenza economica al Sudan.