Michele Raviart – Città del Vaticano
Circa 1500 persone hanno marciato nella città americana di Minneapolis ad un anno dalla morte di George Floyd, l’afroamericano di 46 anni ucciso dalla polizia durante un arresto per il sospetto di detenzione di un biglietto da 20 dollari falso. “I can’t breathe”, “non posso respirare”, le sue ultime parole, mentre il ginocchio del poliziotto Derek Chauvin lo soffocava a terra, erano diventate il simbolo della protesta contro il razzismo e contro gli abusi delle forze dell’ordine negli Stati Uniti.
Un lungo anno doloroso
“E’ stato un anno lungo, un anno doloroso”, ha detto ai manifestanti la sorella di George Floyd, Bridgett, presente alla marcia insieme agli altri parenti della vittima. “Le nostre vite sono cambiate in un battito di ciglia”, ha aggiunto”, e “ancora non so perché”. Il punto di ritrovo della manifestazione, la prima di una serie di eventi commemorativi in tutto il Paese e organizzate dall’associazione no profit “The George Floyd Memorial Foundation”, è avvenuto davanti all’edificio in cui è stato condannato l’ormai ex-poliziotto Chauvin, la cui pena sarà resa pubblica il prossimo 25 giugno.
Gli effetti di “Black Lives Matter”
Dopo questa data è previsto anche il processo federale per violazione dei diritti civili per Chauvin e per gli altri tre poliziotti coinvolti nell’arresto, che saranno poi processati per complicità nell’omicidio. Questa nuova attenzione della giustizia nei confronti degli abusi da parte delle forze dell’ordine sembra essere uno dei risultati più efficaci del movimento “Black lives matter”, le vite dei neri contano, già attivo da prima della morte di Floyd. “Il movimento ha messo sotto i riflettori le violenze della polizia in particolare contro gli afroamericani” ribadisce a Vatican News il professor Mario Del Pero, americanista e docente di Storia Internazionale a Sciences Po di Parigi. “Rimane un forte attivismo soprattutto a livello locale che fa sì che vengano promosse azioni contro quei distretti di polizia che violano i diritti civili, che usano la violenza”, spiega. Un’attenzione che ha avuto ripercussioni anche sulla legislazione e che “in una certa misura si riflette anche sull’azione delle corti e su un potere giudiziario a volte in passato troppo tollerante e indulgente verso le violenze della polizia e che sotto queste pressioni sembra oggi aver cambiato registro”.
Ancora episodi di violenza
Continuano tuttavia episodi di questo genere. Solo un mese fa Andrew Brown, 42 anni è stato ucciso durante un mandato di perquisizione in North Carolina, mentre di recente è apparso il video di un pestaggio del 49 enne Ronald Greene, risalente al 2019 e la cui morte era stata ufficialmente archiviata come incidente stradale. La situazione sta cambiando. “Possiamo vedere ancora episodi, anche frequenti, di violenza”, spiega ancora Del Pero, “ma è chiaro che oggi le forze dell’ordine degli Stati Uniti sono soggette a forme di controllo, di indagine e di monitoraggio più severe rispetto al passato e questa è un’eredità di questa mobilitazione”.
L’incontro con Biden alla Casa Bianca
La famiglia di George Floyd sarà ricevuta oggi a Washington dal nuovo presidente, Joe Biden. “Questa amministrazione è decisamente più sensibile su certi temi”, conclude ancora Del Pero, “anche perché è stata eletta grazie al voto decisivo degli afroamericani, che sono una componente fondamentale della grande coalizione elettorale democratica”. “Il rischio fortissimo”, tuttavia, “è che questa iperpoliticizzazione del tema rischia di nuocere a una battaglia per i diritti civili che dovrebbe poter essere politicamente trasversale”.