Sri Lanka, una catena umana per far luce sugli attentati di Pasqua del 2019

Vatican News

Giustizia e verità sulla strage che quattro anni fa causò 272 vittime: un migliaio di cristiani e non, è tornato a chiederle ieri, 21 aprile, giorno del tragico anniversario, sfilando in una protesta silenziosa lungo l’arteria di Colombo che porta le tracce degli attacchi. Il cardinale Ranjith: qui il dialogo interreligioso è buono, non è più accettabile la strategia politica della divisione

Marie Duhamel e Antonella Palermo – Città del Vaticano

Convincere i governanti ad ascoltare il grido della gente per la giustizia e la verità. È stato questo lo scopo della catena umana organizzata ieri in Sri Lanka a quattro anni dagli attacchi terroristici di Pasqua in cui persero la vita 272 persone e oltre 500 rimesero ferite: tre le chiese che furono colpite insieme a quattro alberghi di lusso e un complesso residenziale il 21 aprile 2019.

Richiesta una indagine trasparente e indipendente

Per circa 30 chilometri, uomini e donne vestiti di bianco e nero hanno percorso mano nella mano l’arteria principale di Colombo, la capitale, seguendo l’itinerario che collega alcuni dei siti presi di mira quattro anni fa. All’indomani dell’anniversario, il cardinale Albert Malcolm Ranjith Patabendige, arcivescovo di Colombo, che ha celebrato una Messa commemorativa nella chiesa di Sant’Antonio, spiega le ragioni dell’iniziativa e lo status quo delle indagini:

Ascolta l’intervista con il cardinale Ranjith

“Questa grande strage ha causato un sacco di problemi per il Paese”, spiega il porporato, “abbiamo sempre chiesto, fin da subito, una inchiesta aperta, trasparente e indipendente”. “Le indagini sugli attacchi rimangono incomplete”, ha detto ieri pubblicamente Ranjith, convinto che gli attacchi “sono stati progettati, manovrati e, probabilmente appoggiati da certi settori politici del Paese”. Ripercorrendo le vicende di allora, “subito dopo quei tragici fatti, un candidato annunciò la propria candidatura, era il 25 aprile, quattro giorni dopo la strage. L’annuncio era proclamato con la promessa da parte sua di portare ordine e sicurezza”. Sull’onda dell’islamofobia diffusa intenzionalmente e strategicamente, secondo il cardinale, uscì vincitore dalle elezioni presidenziali “ignorando le raccomandazioni di una commissione che già indagava su di lui. Finora la verità non è emersa ma ci sono delle chiare indicazioni che questi attentati non erano semplicemente di matrice islamica ma che erano frutto di un progetto molto più allargato”, denuncia.

La Chiesa continua a denunciare il complotto politico

A gennaio, la Corte Suprema dello Sri Lanka ha condannato l’ex presidente Maithripala Sirisena e altri quattro ex alti funzionari a pagare un risarcimento alle vittime per non aver impedito gli attacchi nonostante le informazioni di intelligence. Sebbene siano stati rivendicati dal gruppo jihadista Stato Islamico (IS) e attribuiti dalla polizia al gruppo islamista locale National Thowheed Jamaat, la Chiesa dello Sri Lanka ha continuato a denunciare negli ultimi anni un possibile complotto politico. Due gruppi locali che hanno giurato fedeltà al gruppo dello Stato Islamico sono stati incriminati e decine di persone sono state incriminate, ma nessuna di loro è stata condannata.

L’economia è fragile ma il dialogo interreligioso è buono

“L’intera popolazione è stufa di questi politici e chiede verità”, scandisce ancora il cardinale, che si è fatto promotore di una catena umana come forma di protesta silenziosa in cui tutti, senza distinzione di lingua, stato sociale, religione, etnia, si sono riuniti per esprimere il grido in nome della giustizia. Le diverse comunità religiose e i gruppi etnici del Paese ‘hanno capito’ lo spirito di divisione e controllo e manifestano il proprio dissenso, memori peraltro di trent’anni di guerra tra tamil e singalesi che ha sfinito il Paese che ora si presenta economicamente piagato, con una ripresa che, dopo il crollo dell’anno scorso è molto lenta. A fronte di una economia che cammina male, lo stato di salute del dialogo interreligioso è buono, afferma il cardinale.

Inaccettabile la strategia della divisione 

“Ormai diversi capi religiosi si sono pronunciati, per esempio i musulmani, dichiarando di non essere parte di complotti per creare conflitti tra le religioni. Noi abbiamo buonissimi rapporti con i musulmani, con i buddisti, gli induisti. Noi siamo uniti, pur nella diversità”, assicura Ranjith. Ranjith precisa inoltre che le autorità sono andate perfino davanti alla Corte per chiedere di impedire questa iniziativa, “invece ci è stato riconosciuto questo diritto democratico”. Mettere una comunità contro l’altra per il potere non è più accettabile, conclude, gli attacchi di Pasqua hanno compattato di più attorno a questo dato.