Alessandro De Carolis – Città del Vaticano
Una volta era il “Bronx slovacco”. Negli anni si è tolto la patina inquietante del luogo malfamato, gli invisibili con le loro miserie non sono scomparsi ma solo esiliati in altre periferie. Nel quartiere di Petržalka, ora si vive meglio e tuttavia resistono i due piani della piccola struttura che oggi continua la stessa opera per i poveri della città allo stesso modo in cui ieri si poneva come un’oasi, una porta della speranza nella disperazione che annidava tra i palazzi ex sovietici, veri alveari di degrado.
L’oasi
“Buona sera a tutti voi, sono contento di visitarvi, di essere tra voi, sono molto contento: grazie di ricevermi”. In questa piccola struttura dal nome evocativo di Centro Betlemme il Papa arriva vero le 16 del pomeriggio del suo secondo giorno in Slovacchia. Saluta le Missionarie della Carità che gestiscono il Centro e soprattutto avvolge Francesco l’atmosfera di un luogo dove si respira l’aria preferita da Francesco, quella della carità a maniche rimboccate, che qui viene esercitata da vent’anni offrendo cibo, vestiti, le cose necessarie per tenersi addosso almeno il vestito della dignità. Il Papa ringrazia mamme, papà, ragazzi, che inondano lo spazio esterno di canti festosi.
Gesù è sempre vicino
Una gioia che prima di visitare l’interno della struttura, Francesco sottolinea avvicinandosi al microfono e assicurando che “quando noi siamo insieme, così felici, il Signore è con noi”. Poi aumenta l’intensità chiedendo di non dimenticare un’altra certezza. “E’ con noi quando abbiamo momenti di prova: mai ci abbandona, sempre il Signore è vicino a noi. Possiamo vederlo e possiamo non vederlo, ma sempre ci accompagna nel cammino della vita”. Il Papa lo dice stringendo fra le dita la croce pettorale quasi a dare sostanza tangibile alla forza delle parole. Poi la visita nei locali con le telecamere che indugiano sui giovani cantori fino all’Ave Maria finale con cui il Papa si congeda poco prima delle 16.40