Marco Guerra – Città del Vaticano
E’ il quinto giorno di combattimenti al-Hasakeh, città del nord-est della Siria, dove le Forze democratiche siriane (Fds) a guida curda stanno assediando il carcere di al-Sina nel quartiere di Ghweiran, dopo la rivolta iniziata nella notte tra giovedì e venerdì dai jihadisti del sedicente Stato Islamico (Is) detenuti nella struttura e sostenuti da altri miliziani dell’Is che hanno assaltato la prigione per liberarli. Nell’istituto di detenzione ci sarebbero circa 3500 persone legate al gruppo estremista che guidò il cosiddetto Califfato.
Raid Usa a sostegno dei curdi
Secondo un primo bilancio, gli scontri hanno causato la morte di almeno 154 persone, lo riferisce l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria che parla di 102 miliziani e detenuti dell’Is uccisi e 45 vittime tra le guardie carcerarie e i miliziani curdi. Le vittime civili per ora sono sette. L’Osservatorio e altre fonti sul terreno affermano che il bilancio è destinato a crescere nelle prossime ore. Da questa mattina le forze curde aiutate dalla Coalizione anti-Is a guida Usa hanno concentrato mezzi blindati e rinforzi attorno al carcere e si preparano all’assalto finale di fronte a un numero imprecisato di miliziani jihadisti e detenuti che si rifiutano di arrendersi. Migliaia di civili della zona attorno all’istituto di pena sono dovuti fuggire nei giorni scorsi, mentre è stato imposto il coprifuoco in tutta la città, i cui abitanti versano in condizioni umanitarie difficili a causa dell’assenza di elettricità e delle rigide temperature invernali. Alcune fonti sostengono che molti jihadisti fuggiti dal carcere si sono confusi tra la popolazione locale e altri sarebbero invece nascosti in diversi edifici della città. Nel frattempo raid aerei statunitensi hanno colpito un’università nella provincia di Hasakah, nella Siria nord occidentale, nell’ambito di un’azione finalizzata a contrastare attacchi condotti dallo Stato Islamico. Lo riporta l’agenzia di stampa governativa siriana Sana spiegando che nel raid è stato danneggiato un parcheggio e un silos vicini.
Arruolamento nei campi profughi
L’attacco al carcere e la fiammata di violenze sono la conferma che nonostante la caduta degli ultimi suoi bastioni, lo Stato Islamico continua ad avere una notevole agibilità sul territorio siriano. Preoccupa in particolare l’operazione tesa alla liberazione dei jihadisti, perché ricorda gli assalti effettuati da al Qaeda in Iraq, che portarono alla liberazione di migliaia di estremisti che poi finirono anche nelle fila dell’Is. Secondo gli osservatori rischiano di diventare un bacino di terroristi anche i capi profughi e di detenzione, dove sono bloccate da anni le famiglie dei foreign fighter, miliziani stranieri, che non riescono a tornare nei Paesi d’origine.
Olimpo (Corriere della Sera): la gestione ex jihadisti è molto complicata
“Lo Stato Islamico da sempre punta molto all’assalto alle prigioni in Siria e in Iraq per sfidare le autorità e sostenere i suoi militanti, questo dimostra che l’Is non è mai scomparso del tutto e opera con cellule nascoste capaci di fare ancora molti danni”, spiega a Radio Vaticana – Vatican News il giornalista del Corriere della Sera ed esperto di politica internazionale e terrorismo, Guido Olimpio.
“L’Is sfrutta le fratture sociali, etniche e religiose – afferma il giornalista -. Poi c’è il problema della presenza massiccia di militanti nei campi profughi”. L’esperto del Corriere della Sera ricorda che alcuni campi di detenzione sono fuori controllo e sono stati teatro di decine di omicidi: “I curdi e gli Stati Uniti chiedono da diverso tempo ai Paesi europei e di tutto il mondo di riprendersi i miliziani provenienti dai loro confini e di giudicarli, ma nessuno per il momento intende farlo per due motivi: in primis perché sono soggetti pericolosi e, in secondo luogo, perché non è facile imbastire questi processi. Poi ci sono le mogli e i figli di questi miliziani, diciamo che la gestione di questa massa di persone è estremamente complicata”.