Antonella Palermo – Città del Vaticano
Dai poveri un aiuto per i più poveri. È ciò che si sperimenta in Turchia, nella regione dell’Anatolia, dove la piccola Chiesa cattolica riesce a sostenere diversi progetti per i numerosi profughi che qui trovano rifugio dai Paesi circostanti. Il vicario apostolico, monsignor Paolo Bizzeti SJ, si fa promotore di questo impulso concreto e il suo impegno viene premiato domenica 30 ottobre a Firenze, sua città di origine, dall‘associazione Agata Smeralda.
Il Progetto Agata Smeralda e il Premio “Prima di tutto la Vita”
Il nome ‘Agata Smeralda’, spiega il presidente Mauro Barsi, è stato voluto dal cardinale Lucas Moreira Neves (grazie al quale trentuno anni fa nasceva il progetto): era il nome della prima bambina abbandonata all’ospedale degli Innocenti, e poi accolta. Oggi questa rete è presente in oltre trenta Paesi, in un centinaio di realtà: dal Brasile al Libano, dal Madagascar ad Haiti.
Il premio “Prima di tutto la Vita” (5.200 euro) viene conferito a Bizzeti “sempre pronto ad ascoltare il grido dei poveri e degli esclusi, di coloro la cui dignità è stata calpestata, attraverso un lavoro instancabile e intenso di evangelizzazione e di promozione umana”. Barsi precisa: “Fin dall’inizio abbiamo appoggiato il suo lavoro di evangelizzazione e promozione umana, soprattutto per i campi profughi”, tanto che il Progetto assegnerà un’ulteriore offerta di 40 mila euro per andare incontro alle necessità dei profughi assistiti dalla Caritas locale.
La scelta dei poveri
“Io provengo fortunatamente da una famiglia povera – racconta Mauro – e mentre frequentavo le elementari ho avuto la gioia di conoscere Giorgio La Pira. Lui scrisse a un certo punto la Lettera aperta a un giovane amico, quel giovane ero io”. E ricorda che la vocazione, da laico, di aiutare chi non ha mezzi a sufficienza è nata probabilmente proprio dall’incontro con questo sindaco che aveva una attenzione particolare verso i poveri. “Noi eravamo quattro fratelli, il sindaco ogni giorno ci recapitava il latte, delle volte anche la cioccolata. Per Natale, un panettone per ogni bambino: per tante famiglie era l’unico dolce natalizio. Andai anche a sentirlo parlare alle famiglie degli operai, nella periferia della città. Mi disse: Maurino, dobbiamo dare un futuro ai bambini come te”. Poi è scattato il periodo di volontariato presso l’ufficio missionario della diocesi e tutta una vita dedicata ai più vulnerabili, a fare quella “scelta dei poveri” a cui Papa Francesco l’ha incoraggiato nell’udienza privata in Vaticano avuta con lui il 5 marzo scorso. “Ogni volto che torna a sorridere – dice – è la vittoria più grande che possa essere ottenuta in un mondo sempre più avvolto da un’avidità d’animo disarmante”.
In Turchia, l’aiuto ai profughi da parte della Chiesa
Sono 1370 le famiglie in 32 città dell’Anatolia che ogni mese sono aiutate attraverso il pagamento degli affitti o la distribuzione di pacchi alimentari. Ne parla il direttore di Caritas Anatolia, John Fahrad Sadredin, di origini iraniane, convertito dall’islam al cattolicesimo.
L’impegno verso i profughi si traduce anche nell’affiancamento per i corsi di lingua (turco e inglese), nell’aiuto scolastico a tutti i livelli, dalle elementari all’università. Diversi micro progetti sono stati avviati durante la pandemia, periodo difficile per tante famiglie che hanno perso il lavoro. Il sostegno da parte della piccola comunità cattolica in Anatolia è per chiunque bussi alla porta, indipendentemente dalla provenienza e dalla fede. È tuttavia un fatto che, pur nella condizione svantaggiosa di vivere da esiliati, sono i non siriani ad avere la peggio. Per i siriani, infatti, il governo dispone di aiuti statali, per gli no. In particolare, è la assistenza sanitaria a non essere assicurata a tutti. Sono di una decina di nazionalità i profughi in Turchia: iracheni, siriani, afghani, iraniani in maggior parte. “Abbiamo una comunità giovane e volenterosa”, osserva il direttore, il quale mette in risalto il fatto che in tanti si aiutano reciprocamente ed è “questa la cosa più bella da vedere. I poveri che aiutano i poveri. Sono gocce nel mare ma è bello”. E aggiunge: “C’è chi ci aiuta a livello economico e chi a livello di volontariato nel trovare una casa, un lavoro”. Qui la Chiesa è fatta di poche parrocchie dislocate in posti molti distanti tra loro, anche più di mille chilometri. La speranza, ammette John, è che questa minoranza dia sempre più frutto.