Isabella Piro – Città del Vaticano
“Raggiungere l’uomo a motivo di Cristo”: questa “l’ansia” che ha spinto il beato Giacomo Alberione a dedicarsi alle comunicazioni sociali. Lo ricorda il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei santi, celebrando questa sera a Roma, nella Basilica di Santa Maria Regina degli Apostoli, la Messa conclusiva degli eventi che hanno accompagnato il 50.mo anniversario della morte del fondatore della Famiglia Paolina. Per lui, continua il porporato, comunicare significava tradurre l’Io sono (ego sum) di Cartesio con l’Io con (ego cum), ossia con “il sapersi, pensarsi e volersi in relazione con gli altri”. In un certo qual modo, questo significa essere “connessi”, spiega il cardinale Semeraro, ma in modo ben diverso da come lo intendiamo oggi, perché implica “il volersi coinvolti in un dono reciproco, a partire dall’essere viandanti su quell’unica via che è Cristo”.
Scrutare i segni dei tempi, seguendo Gesù
Il prefetto vaticano ricorda, poi, che nelle parole di Gesù “Io sono la via, la verità e la vita”, il beato Giacomo vedeva “l’anima della pietà paolina”: “Gesù non è un maestro dal quale possiamo allontanarci dopo avere imparato qualcosa, né una sorgente di vita cui ci abbeveriamo soltanto quando ne sentiamo il bisogno – sottolinea il cardinale Semeraro – Sempre abbiamo bisogno di Cristo; sempre Egli ci è necessario”. Citando, quindi, San Paolo VI, il porporato descrive don Alberione come “sempre intento a scrutare i segni dei tempi, le più geniali forme di arrivare alle anime”. E questo “scrutare”, evidenzia ancora il prefetto vaticano, indica “un esame attento, fatto con uno sguardo accurato”, nonché un “sapere guardare e vedere lontano”. Di qui, l’invito a “scrutare il nostro tempo” per scorgevi “una vocazione rinnovata”, nella luce di “Cristo via, verità e vita”.
Portare il Vangelo a tutti
Infine, il cardinale Semeraro condivide un suo ricordo personale: la sua vocazione al sacerdozio, racconta, è nata anche accompagnando un parroco del suo paese che, negli anni ’50, diffondeva porta a porta “Famiglia Cristiana”, giornale fondato da don Giacomo nel 1931. “Allora non capivo – afferma il porporato – ma oggi so che don Alberione intendeva la propaganda a domicilio come la più efficace e molto spesso la più meritoria”, perché “se l’apostolo non portasse direttamente il buon libro, il buon giornale, moltissimi non lo riceverebbero, perché non lo cercano”.