Il 7 ottobre 2023 prendeva il via il sanguinoso attacco guidato dal gruppo islamista nei territori di Israele con la conseguente controffensiva. Il premier israeliano Netanyahu si dice pronto a raggiungere n accordo per il rilascio degli ostaggi a Gaza ma senza cedere alle “richieste estreme” di Hamas
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
È un prezzo altissimo quello che la vita umana sta pagando nel conflitto tra Israele e Hamas. Secondo le cifre diffuse da quest’ultimo i morti a Gaza sono 33.137 di cui 38 nelle ultime 24 ore, sarebbero in maggioranza donne e bambini. L’Unicef oggi ha lanciato un nuovo appello per un cessate il fuoco immediato, rendendo noto che in questi sei mesi sono circa 13mila i bimbi morti e che la carestia è imminente. Secondo l’esercito israeliano nel conflitto sono stati uccisi 604 tra soldati, riservisti e agenti di sicurezza e altri 3.193 sono rimasti feriti. Il conflitto, allargato poi anche al Libano meridionale, ha provocato l’uccisione da parte di Israele di 330 operativi di Hezbollah, 30 sarebbero comandanti.
L’inizio della guerra coincide con l’attacco di Hamas del 7 ottobre in territorio israeliano nel quale hanno perso la vita 1.170 israeliani e stranieri, la maggior parte dei quali civili. Dei circa 250 ostaggi rapiti, 129 rimangono a Gaza, oltre una trentina secondo i militari israeliani sarebbero morti, 12 i corpi restituiti da Hamas.
Una nuova fase del conflitto
Nella notte, l’esercito israeliano ha ritirato tutte le truppe di terra dal Sud della Striscia di Gaza, dopo quattro mesi consecutivi di combattimenti nell’area di Khan Younis. Rimane attiva la Brigata Nahal, che tiene in sicurezza il cosiddetto “corridoio Netzarim”, la strada che divide la Striscia di Gaza. Questo ritiro rappresenta l’inizio della “Terza Fase” programmata dall’esercito israeliano, in attesa di una decisione riguardo una possibile azione militare a Rafah. Qui ci sarebbero ancora alcuni battaglioni di Hamas e migliaia di sfollati palestinesi.
Netanyahu: “nessun cessate il fuoco senza il rilascio degli ostaggi”
In una riunione di governo, il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha ribadito che non è Israele a impedire un accordo ma Hamas e per questo non ci sarà cessate il fuoco senza il ritorno degli ostaggi. Inoltre si è detto convinto che dietro gli attacchi del 7 ottobre ci sia la mano dell’Iran. Forte l’appello all’unità come risposta alle tante manifestazioni contro la politica del governo alle quali hanno partecipato decine di migliaia di manifestanti. Iniziative – ha spiegato il premier israeliano – che fanno gioco agli oppositori che vorrebbero un Paese diviso mentre si è vicini alla vittoria. Nuovo incontro oggi al Cairo tra i negoziatori di Stati Uniti, Egitto, Qatar, Israele e Hamas, sul tavolo il tentativo di raggiungere una tregua e il rilascio degli ostaggi.
Guterres: “è il giorno del dolore”
Affida ad X il suo pensiero sui sei mesi di conflitto il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. “Il 7 ottobre è un giorno di dolore per Israele e per il mondo. Niente può giustificare l’orrore scatenato da Hamas”. “Condanno ancora una volta – scrive – l’uso della violenza sessuale, della tortura e del rapimento di civili e chiedo il rilascio incondizionato di tutti gli ostaggi”.