Eliana Astorri – Città del Vaticano
La ricerca prosegue il suo importante corso nello studio della sclerosi multipla che colpisce il sistema nervoso centrale e che viene influenzata da fattori genetici e ambientali, alcuni di questi ultimi da noi modificabili. La patologia colpisce in Italia circa 130mila persone. Il 50% di loro non ha ancora 40 anni e le donne sono due volte più degli uomini. Ogni anno si registrano in Italia, 3.400 nuovi casi ogni anno: 1 ogni 3 ore.
“Anche nostri comportamenti come il fumo, l’obesità adolescenziale, i bassi livelli di vitamina D, possono ridurre il rischio nelle prossime generazioni di sviluppare la malattia e di ridurre la progressione in chi ne è già affetto”: ricorda il professor Massimiliano Mirabella, direttore dell’Unità Operativa e del Centro di Sclerosi Multipla della Fondazione Policlinico Agostino Gemelli IRCCS:
Quali sono le novità in campo terapeutico?
R. – Siamo in un momento storico, iniziato per la verità da un decennio, in cui ci sono continuamente nuove terapie specifiche per il trattamento della malattia e altre potenziali che vengono valutate in trials clinici, che sono sperimentazioni controllate. Questo ha portato, unitamente al fatto che la malattia viene diagnosticata più rapidamente, alla possibilità di trattare i pazienti più precocemente e con terapie sicuramente efficaci. Diciamo che nonostante la pandemia, nel 2020 e nel 2021 le autorità regolatorie hanno approvato ulteriori farmaci per il trattamento di forme progressive di malattia, in particolar modo per il trattamento di forme secondariamente progressive, e altri farmaci che sicuramente arricchiscono l’arsenale terapeutico a nostra disposizione.
Quello che vorrei sottolineare è che oggi un grande sforzo a livello internazionale è posto sulla condivisione di piattaforme di ricerca, contenenti un gran numero di Stati, e sicuramente questi progetti di condivisione daranno i loro frutti nel permettere di identificare dei farmaci che possano avere effetti utili non soltanto sugli aspetti infiammatori immunologici della malattia, ma anche su quei processi che noi chiamiamo di neuroprotezione e che aiutano ad impedire o ridurre la progressione della malattia e degli aspetti che sono associati alla progressione, come per esempio l’atrofia del tessuto nervoso. Questo non deve far, ovviamente, dimenticare che accanto a questi nuovi approcci e, soprattutto, allo sviluppo di terapie che siano più efficaci nelle forme progressive di malattia, abbiamo anche a disposizione tutta una serie di trattamenti, sia farmacologici che riabilitativi, che sono in grado di migliorare la qualità di vita dei pazienti intervenendo su alcuni aspetti fondamentali che sono le terapie sintomatiche, le terapie riabilitative, le psicoterapie, quindi diciamo il panorama dei trattamenti per questa malattia diventa sempre più articolato, sempre più complesso.
Lei ha citato la pandemia. Da quasi un anno e mezzo, che cosa è cambiato nelle diagnosi e e nei follow-up delle persone con sclerosi multipla?
R. – Sicuramente in una prima fase c’è stato un impatto importante perché molte delle nostre strutture sanitarie hanno dovuto rimodulare le loro attività per concentrarsi sul trattamento dei pazienti Covid. Anche nel periodo più intenso abbiamo cercato di mantenere dei percorsi che fossero il più possibile Covid-free proprio per permettere ai pazienti che avevano necessità di venire a fare dei trattamenti indifferibili in un ospedale sicuro. Ovviamente, questo periodo ha comportato il differimento di tanti controlli clinici, di esami di controllo, ma diciamo che questo forse ci ha lasciato in eredità una nuova consapevolezza riguardo l’utilizzo, per esempio, della telemedicina per le visite e per il teleconsulto fra colleghi. E’ un importante strumento che può essere utilizzato nella gestione dei pazienti con sclerosi multipla perché, ovviamente, in questo periodo sono aumentate vertiginosamente le valutazioni a distanza e questo ha permesso tante volte di poter differire delle visite ed effettuarle in remoto risolvendo quelli che erano i problemi clinici e le richieste dei pazienti.
Professore non occorrono Giornate per ricordarci di questa come di tante altre patologie, ma, certamente, rappresentano un’occasione per riportare in primo piano questa malattia e farla conoscere…
R. – Certo. Per i pazienti e per noi che ci occupiamo di loro, le Giornate della sclerosi multipla durano tutto l’anno. Però, è importante che ci sia una consapevolezza diffusa tra l’opinione pubblica generale. Devo dire che esiste un’importante azione svolta dalle associazioni dei pazienti e dalle federazioni scientifiche nazionali ad esse collegate nel sensibilizzare sui problemi correlati alla malattia che non sono solo problemi di ordine clinico, ma ovviamente comportano problemi di inclusione sociale, di accesso lavoro, di riconoscimento di condizioni di svantaggio socio-economico. Ma io vorrei, in occasione di questa Giornata, lanciare anche un messaggio positivo, ricordando che, proprio grazie all’enorme sforzo che i ricercatori in tutto il mondo stanno profondendo nello studio di questa malattia, oggi siamo in grado di guardare con più fiducia, forse al momento in cui saremo in grado di sconfiggerla in maniera più definitiva. Oggi sappiamo che esistono dei fattori genetici che influenzano la suscettibilità della malattia e conosciamo sempre meglio quelli che sono i fattori ambientali, alcuni dei quali sono modificabili, quindi parlo di stili di vita come il fumo, l’obesità adolescenziale, i bassi livelli di vitamina D. Con i nostri comportamenti possiamo ridurre il rischio nelle prossime generazioni di sviluppare la malattia e di diminuire la progressione in chi ne è già affetto.
Ovviamente sono molto importanti gli studi che ci danno la possibilità di nuovi approcci di riabilitazione, di esercizio, oggi il digitale ci aiuta mettendoci a disposizione anche dei device, degli strumenti simili a dei videogiochi, ma che sono molto utili per fare riabilitazione sia cognitiva che fisica, anche a domicilio dei pazienti. E, soprattutto, abbiamo già cominciato tanti trials di terapia ancora ad uno stadio, ovviamente, molto preliminare, ma che hanno lo scopo ambizioso di riparare la mielina, quindi di recuperare quel tessuto che è già stato danneggiato. Sicuramente queste terapie, che sono adesso nelle fasi uno e nelle fasi due, promettono insieme ai nuovi agenti farmacologici di guardare con più fiducia al giorno in cui potremo, secondo i dettami della medicina personalizzata, ritagliare una terapia adeguata per ogni singolo paziente. Potremo, probabilmente con i dati della farmacogenomica, individuare il profilo di farmaco più utile in quel particolare paziente, potremo modificare anche il microbioma, cioè la flora intestinale che come sappiamo può influenzare la severità della malattia, potremmo proteggere il sistema nervoso dai danni che questa malattia comporta anche utilizzando a volte delle terapie che noi chiamiamo ‘riposizionate’, perché sono delle terapie già utilizzate per altre malattie con altre indicazioni, ma che con la ricerca si scopre che possono avere un effetto positivo in alcuni aspetti che hanno un ruolo patogenetico importante nella malattia.