Ruffini: comunicare non è questione di algoritmi ma di relazioni umane

Vatican News

Il prefetto del Dicastero per le Comunicazioni Sociali è intervenuto alla conferenza “Illuminaire. Nurturing Digital Stewardship”, in corso oggi e domani a Bangalore, in India: “La domanda è se e come lo sviluppo delle intelligenze artificiali nella comunicazione può aiutarci a diventare più umani o spingerci a svilire la nostra umanità”

Paolo Ruffini

Sono davvero felice di essere qui, oggi, a Bangalore, in questa conferenza sulla trasformazione, organizzata con tanta cura. Viviamo in un momento di passaggio. Nella comunicazione è in corso una rivoluzione. Dobbiamo condividere ogni idea e ogni sforzo per dare forma al nostro tempo. Il nostro tempo è questo.

Come scrive Papa Francesco citando il filosofo e teologo italiano Romano Guardini: non viviamo in un tempo; siamo il nostro tempo. Siamo noi a dargli forma. Attraverso ciò che facciamo e attraverso ciò che non facciamo. Non si tratta solo di navigare nel mare digitale. Il mare digitale senza di noi non esisterebbe. I social media non esisterebbero senza le persone. 

L’intelligenza artificiale non esisterebbe senza dati. E quei dati siamo noi, la nostra vita. La verità non esiste se non viene detta o se viene negata.

Spetta a noi modellare il mondo, e farlo condividendo la verità, il bene, la bellezza. Condividere è la parola chiave.

Noi – insieme seppur lontani –, noi – membri gli uni e gli altri – possiamo essere la più grande rete di condivisione di storie e azioni, verità e relazioni basate sulla verità. Oggi siamo capaci di narrare storie?

Siamo capaci di approcciarci a questa crescita esponenziale e straordinariamente utile – ma al tempo stesso anche potenzialmente spaventosamente pericolosa – dei sistemi di intelligenza artificiale senza perdere la nostra umanità, e, anzi, diventando più maturi come esseri umani?

La domanda è se e come lo sviluppo delle intelligenze artificiali nella comunicazione può aiutarci a diventare più umani o spingerci a svilire la nostra umanità.

E anche in che modo questo strumento renderà più forti e più veri i rapporti tra le persone e più coese le comunità … e in che modo aumenterà la solitudine di chi è già solo, privando ognuno di noi del calore che solo la vera comunicazione può offrire.

La domanda è se l’obiettivo ultimo è di consentire una vita sempre più piena per ogni essere umano o se invece è diventato una pretesa di standardizzazione, normalizzazione e controllo dell’irripetibilità di ogni storia.

La questione sta nella possibilità o impossibilità di lavorare in modo che l’intelligenza artificiale porti una maggiore uguaglianza e non crei invece nuove caste, nuove classi basate proprio sul dominio informativo, accettando come inevitabili nuove forme di sfruttamento e di disuguaglianza, basate sul possesso di algoritmi e sull’estrazione di dati dalla miniera inesauribile delle nostre vite.

Si tratta di stabilire o meno regole e limiti; per esempio, sugli algoritmi di indicizzazione e deindicizzazione dei motori di ricerca capaci di esaltare o cancellare persone e opinioni, storie e culture, secondo criteri non collegati alla verità.

Quindi, la domanda fondamentale riguarda gli uomini, non le macchine, il rapporto tra gli esseri umani, non gli algoritmi.

E non è una domanda astratta. Riguarda proprio le nostre vite, la nostra libertà e il nostro libero arbitrio. Riguarda il potere di coloro che controllano i sistemi di calcolo, riguarda il rapporto tra coloro che calcolano e coloro che, loro malgrado, vengono calcolati, riguarda i criteri di calcolo, riguarda il confine tra ciò che si può e non si può calcolare, perché non è un numero, perché è unico, perché è infinito.

Siamo pronti per questa sfida?

Conosciamo tutti l’importanza dei mezzi di comunicazione per trarre il meglio da ogni persona.

La comunicazione può essere lo strumento per costruire un mondo migliore; oppure può continuare a fomentare malintesi, risentimenti, inimicizia.

Non c’è investimento troppo grande quando si tratta di diffondere la verità e innescare una dinamica di bene nella nostra narrazione.

Conosco alcune delle numerose sfide che affrontate in India come comunicatori della Chiesa. Vi ripeto le parole che il Santo Padre ci dice ogni giorno: non scoraggiatevi.

Siamo tutti nella stessa barca.

Al centro della riforma dei media che ha portato il Santo Padre a creare il Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede c’è il bisogno di sinergia e di collaborazione.

E oggi sono qui per sostenere e incoraggiare questa sinergia e collaborazione.

Un esempio di ciò è questa stessa conferenza.

Spetta a noi impegnarci fortemente nel costruire una comunicazione basata su relazioni e umanità per contrastare il virus della divisione.

Una comunicazione basata su una rete che sia globale e anche locale. Digitale e reale.

In un tempo in cui tanti sono tentati di costruire una nuova torre di Babele, siamo chiamati a servire questo miracolo dell’unità nella diversità.

Dobbiamo aiutarci gli uni gli altri perché funzioni.

È giunto il tempo di farlo.

La comunicazione digitale ci permette di essere connessi in maniera inedita. Di avere a bordo i giovani come protagonisti.

Sono fiducioso che questa conferenza offrirà cammini percorribili per creare una comunità, una piattaforma di reciproca condivisione e collaborazione.

È questo il campo della vostra testimonianza, come comunicatori, come rete di comunicatori religiosi. È per questo che siamo qui.