Resta viva l’eredità di don Malgesini ad un anno dalla sua uccisione

Vatican News

Adriana Masotti – Città del Vaticano

Un anno fa l’uccisione a Como di don Roberto Malgesini, sacerdote nelle parrocchie di San Rocco e di San Bartolomeo apostolo. A colpirlo più volte con un coltello un uomo che don Roberto conosceva bene perchè era una delle numerose persone in difficoltà che lui sosteneva nelle necessità quotidiane. Ridha, questo il suo nome, avrebbe dovuto lasciare l’Italia per un decreto di espulsione che per la seconda volta gli era stato notificato, ma non era questo il suo desideri: pensa ad una congiura nei suoi confronti e che la colpa di questo sia del suo avvocato e di don Roberto stesso. Questa la probabile motivazione di un gesto criminale, assurdo, un gesto paradossale, dopo aver ricevuto tanto. Don Roberto viene colpito mentre, come faceva tutte le mattine,  caricava la sua automobile per portare la colazione ai senza dimora. Muore sul posto, accanto ad un albero, dove adesso è collocata una croce che oggi verrà svelata. 

Papa Francesco: martire e testimone della carità

Alla sua comunità parrocchiale e a tutta la Chiesa, don Malgesini lascia un’eredità bella e impegnativa con la sua vita semplice, umile, vissuta nella preghiera e nella donazione di sè agli altri. Papa Francesco, il giorno dopo la sua morte, lo definì martire e testimone della carità: “Mi unisco al dolore e alla preghiera dei suoi familiari e della comunità comasca e, come ha detto il suo vescovo, rendo lode a Dio per la testimonianza, cioè per il martirio, di questo testimone della carità”. Il successivo 14 ottobre, Francesco volle incontrare in Vaticano i genitori del sacerdote, accogliendo con profonda partecipazione e rispetto la loro sofferenza. “Le lacrime di quei genitori – disse poi all’udienza generale di quel mercoledì – sono le lacrime ‘loro’ e ognuno di loro sa quanto ha sofferto nel vedere questo figlio che ha dato la vita nel servizio dei poveri”.

Oggi il ricordo di don Roberto a Como

Oggi, nell’anniversario della sua scomparsa, don Malgesini verrà ricordato nella sua diocesi e da tutta la città di Como che, d’ora in poi, avrà una piazza a lui dedicata. Della sua figura e del suo esempio parla, ai microfoni di Vatican News, padre Francesco Gonella, sacerdote della Congregazione della Missione di San Vincenzo de Paoli, che da fine gennaio 2020, per volontà del vescovo di Como monsignor Oscar Cantoni, segue le realtà caritative fondate da don Roberto.

Ascolta l’intervista a padre Francesco Gonella

Padre Francesco, c’è una cosa che mi ha colpito leggendo un articolo pubblicato ieri dal quotidiano online “VareseInLuce”: “Non è corretto etichettare don Roberto come il prete dei poveri, il prete di tutti, il prete di frontiera era principalmente un uomo di preghiera. Don Roberto accoglieva tutti senza giudicare, trovava il tempo per chiunque, aveva sempre tempo per tutti, sia di giorno che di notte”. Mi sembra che questo non riduca, ma renda ancora più grande la figura di questo sacerdote…

Le parole citate sono una bella fotografia di don Roberto. Lui, a mio avviso, risponde alle aspettative di Papa Francesco che chiede a noi sacerdoti di essere sul fronte, di essere in un ospedale da campo, di essere in periferia, di sentire l’odore delle pecore, perché per don Roberto tutte le persone che incontrava, indistintamente, andavano ascoltate, salutate ovunque si trovassero, per strada, in chiesa o in pasticceria ecc…

E’ anche vero però che don Roberto per i poveri e per coloro che avevano bisogno si faceva in quattro… Lei ricorda un episodio particolare? 

E’ così: don Roberto, insieme a questo suo stile di accoglienza e di fraternità, dedicava molto tempo alle persone senza fissa dimora e alle persone che arrivavano a Como, i migranti. Io lo conobbi al centro di ascolto della Caritas diocesana e subito rimasi colpito dalla sua modalità: uno sguardo molto umile, sorridente. In particolare ricordo di aver partecipato a un funerale di un senza fissa dimora proprio a San Rocco, e lì ho visto lo stile, la parola, il dono che aveva di farsi ascoltare con tanta, ma tanta umiltà, è un particolare che mi è rimasto nel profondo del cuore. Poi ci sono state altre occasioni di stare insieme, soprattutto quando ci siamo confrontati su alcune dinamiche rispetto alla mensa dei senza fissa dimora e dei migranti, perché io mi occupo della mensa qui a Como, una mensa solidale.

Padre Francesco, che cosa è successo nelle parrocchie di San Rocco e San Bartolomeo in questo anno da quando don Roberto non c’è più?

Credo di poter dire, senza paura di sbagliare, che non è successo niente, nel senso che i suoi collaboratori, con umiltà e mantenendo lo stesso suo stile, hanno continuato l’opera di don Roberto con la preparazione delle colazioni offerte sulla strada, oppure sotto il portico dell’oratorio di San Rocco, e con una prima accoglienza a chi arriva a Como la sera tardi e non sa dove andare a dormire, dove andare a sbattere, un’accoglienza anche fatta di attenzioni, di cure mediche, di una doccia, di un vestito e anche soprattutto di una coperta, perché se arrivi la sera non è che trovi un letto e devi adattarti in qualunque luogo trovi, sotto un portico… Lì dove ci troviamo, ci sono parecchi giovani, giovani somali che probabilmente hanno anche conosciuto la violenza e la tortura in Libia prima di attraversare il Mediterraneo, quindi giovani spaventati che sperano in un abbraccio, in un’ accoglienza. 

E da parte della comunità parrocchiale c’è collaborazione, sensibilità verso tutte queste opere di carità?

Le sa che là dove si fa accoglienza di persone in difficoltà, non tutti sono sempre d’accordo perché si crea comunque un disagio, ci sono problemi, capitano delle risse, ma questo rientra, secondo me, nella vita, nella vita quotidiana e quindi noi dobbiamo sostenere con forza questa azione.

Chissà quanto avrà pregato anche per questo don Roberto, lui che dedicava del tempo alla preghiera…

Esatto, così testimoniano in molti e lo si vede anche dalla sua stessa camera, dai suoi stessi libri.  Era un uomo di preghiera, un uomo che univa la preghiera all’azione proprio – lasciatemi dire visto che io sono un vincenziano – nello spirito di San Vincenzo che univa la preghiera all’azione.

Come sarà ricordato oggi a Como questo primo anniversario dell’uccisione di don Roberto?

Il programma di questa giornata prevede alle ore 7 del mattino il Rosario nella parrocchia, così come avviene il giorno 15 di ogni mese dall’anno scorso, Rosario trasmesso anche in streaming per permettere la partecipazione di tutta la diocesi, poi nel pomeriggio alle 17.30, ci sarà la cerimonia di titolazione del piazzale di San Rocco che d’ora in poi verrà chiamato Largo don Roberto Malgesini, ci sarà l’intervento del sindaco, e la diocesi ha voluto mettere una croce proprio lì dove è stato ucciso, una croce che oggi verrà benedetta. A conclusione della giornata, nella parrocchia di San Bartolomeo alle 20.30, il vescovo presiederà una concelebrazione in memoria di don Roberto a cui sarà possibile partecipare tramite il canale YouTube del “Settimanale della diocesi di Como”.

E dell’uomo, il tunisino di nome Ridha che ha ucciso don Roberto, lei ha qualche notizia recente? 

Sì, ne so qualcosa, intanto lo conosco molto bene. Era un ospite assiduo della mia mensa, con lui avevo avuto anche qualche diverbio per fortuna senza conseguenze, spesso si fermava nella nostra chiesa, nella Casa della Missione. So che tuttora si trova nel carcere di Monza e, attraverso il cappellano, ho potuto anche avere notizie circa il suo stato: pare che ci sia in lui un inizio di ravvedimento e di pentimento, credo che sia in corso anche il processo in questi giorni…   Certo, va detto che, se c’è una persona che è stata aiutata da don Roberto, beh questa era proprio lui.