Repubblica Democratica del Congo, la Chiesa prega per la pace nell’est del Paese

Vatican News

A Kinshasa, ogni messa di oggi, 18 febbraio, si chiuderà con una invocazione speciale per la pacificazione nelle aree devastate dalla violenza dei gruppi armati. Il vescovo di Goma, monsignor Willy Ngumbi Ngengele: “La città è una polveriera che potrebbe esplodere in una guerra civile in qualsiasi momento”

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

Una preghiera per la pace nella parte est della Repubblica Democratica del Congo, devastata dalla violenza dei gruppi ribelli e terroristi, che negli ultimi tre decenni è costata la vita a milioni di civili, e che non poteva lasciare indifferenti i vescovi del Paese. È quella che oggi chiuderà ogni celebrazione eucaristica nel Paese africano, preparata dalla Conferenza episcopale nazionale del Congo, che testimonia il forte impegno per la pacificazione dei vescovi e che vedrà, sabato 24 febbraio, l’arcivescovo metropolita di Kinshasa, Fridolin Ambongo celebrare nella Cattedrale Nostra Signora del Congo della capitale una messa per la pace, così come già a fine gennaio era stato fatto nella parrocchia di Nostra Signora del Monte Carmelo a Goma. Invocare la pace nella regione dei Grandi Laghi è l’intenzione di questa preghiera, che invoca il conforto di Dio affinché, le persone “vittime di atrocità”, tutti quei congolesi “tormentati da diversi decenni dall’insicurezza che ha fatto milioni di vittime”, possano “trovare pace e tranquillità”.

La ‘polveriera’ Goma

Tutta l’area è strozzata da un conflitto tra gruppi armati, tra cui l’M23 – all’origine dell’ennesima strage di due giorni fa, perpetrata durante un funerale, con un bilancio di 17 morti – che ha assunto un ruolo di primo piano e che Kinshasa ritiene sostenuto dal Ruanda. Su quest’ultimo Paese pesa l’accusa congolese di essere all’origine dell’attacco notturno con droni avvenuto ieri contro l’aeroporto di Goma, accusa alla quale Kigali non ha ancora reagito. I timori diffusi sono che la guerra possa mettere a serio rischio la convivenza e la pacifica coabitazione tra i gruppi etnici e tra gli stati confinanti. Goma è una città di confine con il Ruanda, che si interfaccia con la città ruandese di Gisenyi, con la quale c’è sempre stato un commercio transfrontaliero dall’altissimo valore economico e che ha sempre segnato rapporti di buon vicinato, vissuti in sicurezza e fratellanza. “Tuttavia – a indicarlo è il vescovo di Goma Willy Ngumbi Ngengele – a seguito della guerra dell’M23, la città di Goma è diventata eccessivamente militarizzata, con la presenza di gruppi armati noti come ‘wazalendo’. Questo fa di Goma una polveriera che potrebbe esplodere in una guerra civile in qualsiasi momento, se non stiamo attenti”.

Il rischio di un disastro umanitario

Goma, città dai quasi due milioni di abitanti, ospita anche gli 850.000 sfollati di guerra che, negli ultimi due anni, hanno cercato rifugio in sette campi allestiti dal governo congolese intorno alla città, precisa ancora il vescovo, tutti loro oggi sono “ostaggio della guerra del Movimento del 23 marzo (M23), il cui sostegno da parte del Ruanda è attestato da diversi rapporti di ONG e altre agenzie delle Nazioni Unite”. La città ha fatto il suo ingresso in Quaresima, “completamente soffocata da quando le truppe dell’M23 sono avanzate nella città di Sake, 30 km a ovest di Goma”. La sua posizione è altamente strategica, posizionata all’incrocio di tre grandi vie economiche, ma le manovre dell’M23 stanno mettendo a rischio l’approvvigionamento e ora, è l’allarme del vescovo, “c’è il rischio concreto che a Goma scoppi la carestia e che la gente inizi a morire per mancanza di cibo”. Se l’M23 chiuderà tutte le vie di rifornimento, è la drammatica domanda di Willy Ngumbi Ngengele, “cosa ci guadagnerà ad entrare in una città dove la gente muore di fame o non ha più la forza di lavorare?” E il pensiero va agli sfollati della guerra, il cui numero non fa che aumentare con l’avanzare delle truppe dell’M23. “Assistiamo impotenti – è la drammatica considerazione del vescovo di Goma – allo svolgersi di un disastro umanitario”.