Ravasi: San Pietro, un testimone di libertà e speranza

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Ieri sera, nella basilica vaticana, il quarto e ultimo incontro delle Lectio Petri promosse dal Cortile dei Gentili e dalla Fondazione Fratelli tutti, con letture bibliche ed esegesi, intermezzi musicali e la descrizione di un itinerario artistico nella casa dell’Apostolo. In autunno il ciclo riprenderà con l’approfondimento degli Atti degli Apostoli. Gambetti: urgente rendere possibile la fraternità

Antonella Palermo – Città del Vaticano

Parlare di Pietro “nella casa di Pietro”. Così il Cortile dei Gentili (struttura del Dicastero per la Cultura e l’Educazione) e la Fondazione Fratelli tutti (promotrice di percorsi di arte e fede, formazione e dialogo) hanno voluto concludere il ciclo dei quattro incontri dedicati all’approfondimento della vita e del ministero dell’Apostolo. Nella magnificenza della Basilica vaticana, la parola biblica, l’esegesi e la musica hanno accompagnato in un vero e proprio pellegrinaggio interiore sul tema: Quo Vadis.

Ravasi: la Chiesa non è immune da crisi, la speranza di Pietro

“Lectio” vuol dire ‘lettura’, non ‘lezione’. Con questa precisazione, che riguarda lo stile con cui si vuol dare seguito a questi appuntamenti, il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura e fondatore del Cortile dei Gentili, commenta alcuni dei passi più significativi della Seconda Lettera di Pietro e degli Atti di Pietro. Nei primi testi – una sorta di testamento spirituale, di discorso d’addio – viene illuminato un lato oscuro della Chiesa delle origini che, sottolinea il porporato, “non era straordinaria e perfetta come magari immaginiamo ma è attraversata dal tormento”, e c’erano situazioni di degrado anche peggiori, osserva il cardinale, a quelle che possiamo vedere oggi. La comunità cristiana si trovava ad affrontare “falsi maestri e profeti” che diffondevano le prime tentazioni gnostiche, intellettualistiche, libertine. E Pietro metteva in guardia dalle élites del tempo che proponevano forme di ascesi verso orizzonti luminosi di speculazione teologica al punto da considerare i propri comportamenti, dalle orge alla corruzione, tutti giustificati. “Puri nella mente, devastati nella prassi”, rimarca Ravasi, “sorgenti senz’acqua”, ammoniva Pietro. Erano peraltro sempre loro a spegnere la speranza: “un po’ come accade oggi – dice Ravasi – siamo presi dallo scoraggiamento, vediamo una crisi che non ha sbocchi”. Proprio di fronte a questo rischio, Pietro, con un linguaggio tipicamente apocalittico, tratteggiava un affresco straordinario in cui il Signore irrompe come un ladro nella notte. A significare che la speranza è anche “attesa vigile e acuta”. 

Basilica vaticana, Confessione, San Pietro, mosaico a sinistra della cosiddetta “Nicchia dei Palli”, Giovanni Battista Calandra, 1626 ca.

La vicenda del martire Pietro, invito ad accogliere tutti

Il cardinale Ravasi confessa che avrebbe desiderato parlare della figura di Pietro nella Divina Commedia ma che, per evidenziare come questo personaggio sconfini nella modernità, ha prevalso la scelta di tradurre dal greco un brano dagli Atti di Pietro, testo complesso e frammentario che racconta l’incontro di Cristo con l’apostolo fuggito da Roma. Si sofferma dunque sulle pagine famose del “Quo vadis?” – la comunità cristiana aveva spinto Pietro a mettersi in salvo dal sudario della persecuzione – rese celebri dal romanzo (e poi dalla trasposizione nel colossal cinematografico) di Henryk Sienkiewicz. È qui che il porporaro dice quanto quest’opera possa essere significativa oggi: accenna infatti a come lo scrittore polacco abbia rappresentato l’aspirazione alla libertà del suo popolo sottoposto a tentativi di ‘russificazione’. Libertà e accoglienza: due parole chiave necessarie per leggere il presente che il cardinale Ravasi offre soprattutto quando rimanda al colonnato del Bernini nella piazza di S. Pietro, due braccia aperte al mondo, credenti e non credenti. Lo conferma ai nostri microfoni, laddove il pensiero non può non andare ai naufraghi contemporanei: “La figura di Pietro – dice Ravasi – viene dall’Oriente, arriva come Paolo attraverso il mare e giunge qui dove non troverà accoglienza, in verità, ma troverà il martirio. È una storia che si ripete, per certi versi, in maniera anche drammatica nei nostri giorni. Dall’altra parte bisogna però ricordare che nella storia di Pietro e della stessa basilica ci sono anche la speranza e la gloria, continuata nei secoli, per cui – osserva – anche una figura così modesta dell’Oriente, come era Pietro, diventa non solo la base della Chiesa ma anche della cultura occidentale”.

Ascolta il cardinale Ravasi

L’architettura dell’abbraccio urbi et orbi

Proprio da questo colonnato riprende l’incontro con il contributo di Pietro Zander, responsabile della Necropoli e dei Beni artistici della Fabbrica di San Pietro, che ripercorre un itinerario petrino attraverso l’iconografia dedicata al pescatore di Galilea. Anche qui l’accento è posto sull’immagine del pellegrino che, da qualunque parte del mondo arrivi, è cinto dall’abbraccio ‘urbi et orbi’ (a Roma e al mondo) suggerito dalla disposizione delle 258 colonne e 140 statue di santi e martiri che, appunto, avvolgono le genti di qualunque cultura ed estrazione. Zander, con appassionata competenza costruita in venticinque anni di frequentazione di questo luogo, accompagna in un ipotetico cammino nella casa di colui che fu il primo Papa, dove tutto è grandioso (22 mila metri quadrati solo la superficie della basilica) e di maestosa eleganza, sia nelle architetture che nelle decorazioni. Dall’obelisco alla facciata (balaustra dei giganti), dal sagrato al portico, dall’imponente baldacchino alla cupola: l’esplorazione in questo viaggio spazio-temporale (dall’epoca costantiniana a quella medievale fino alla prima pietra il 18 aprile 1506) restituisce tutta la bellezza e l’armonia di un progetto che non nacque unitario ma lo diventò in pienezza. 

Pietro Zander, responsabile della Necropoli e dei Beni artistici della Fabbrica di San Pietro

In autunno ripresa delle lectio sugli Atti degli Apostoli

“Sì, le braccia del colonnato del Bernini chiedono fraternità e amicizia sociale come le chiede Papa Francesco nella sua ultima enciclica”, chiosa a margine il gesuita Francesco Occhetta, segretario generale della Fondazione Fratelli tutti. “Il mondo ha bisogno di punti di riferimento che danno la vita per amore e qui possiamo trovarne uno. Qui diamo semi di cultura per parlare a credenti e non credenti e per dire al mondo che l’amore donato agli altri vince ogni guerra e ogni violenza”. Gli incontri proseguiranno il prossimo autunno, annuncia il cardinale Mauro Gambetti, arciprete della Basilica vaticana, con l’approfondimento degli Atti degli Apostoli. L’intento continuerà a essere quello del dialogo tra cultura e società civile per stimolare sull’urgenza di fraternità.

Il pubblico in ascolto della quarta Lectio Petri nella basilica vaticana