Rapporto Antigone, dietro le sbarre senza dignità

Vatican News

di Anna Lisa Antonucci

Se in questa torrida estate nelle case non si respira, in cella si vive in un girone dantesco. Il caldo insopportabile è aggravato dal sovraffollamento che continua a crescere, dalla mancanza di spazio vitale con il 31% degli istituti di pena che non garantiscono il minimo stabilito di 3 metri quadrati per persona, l’assenza di docce per il 58% dei casi nelle camere di pernottamento ed infine la schermatura alle finestre che impedisce il passaggio di aria in quasi metà delle carceri. E c’è di peggio, in alcuni istituti come ad Augusta o a Santa Maria Capua Vetere d’estate l’acqua potabile è razionata: si ha diritto a soli 4 litri a persona al giorno e per le altre necessità si usa l’acqua dei pozzi.

Il rapporto di metà anno sulle condizioni di detenzione in Italia, che ogni luglio l’associazione Antigone pubblica, è un tuffo in una realtà in cui manca il rispetto della dignità umana. Con 54.841 persone detenute, di cui 2.314 donne, a fronte di una capienza regolamentare di 50.900 posti e dunque con un affollamento medio del 107,7%,  l’Italia si conferma come uno dei Paesi europei con le carceri più affollate. Celle stipate di persone, il 29% delle quali non ha una sentenza definitiva e il 15% è in attesa del primo giudizio, con il 36,6% dei reclusi che sta scontando una condanna inferiore ai tre anni e potrebbero dunque accedere a misure alternative al carcere. E mentre calano i detenuti stranieri (il 31,3% contro il 32,3% del 2021) resta costante il numero dei tossicodipendenti 15.244(circa il 28,1% del totale).

Il rapporto di Antigone, realizzato attraverso costanti visite negli istituti di pena, racconta inoltre una popolazione detenuta sempre più anziana (1.065 detenuti hanno più di 70 anni), con un tasso di alfabetizzazione basso (solo il 2% ha un diploma professionale), che studia ancora molto poco, ma soprattutto ‘’un carcere psico-patogeno dove il disagio psichico, diagnosticato o non, è diffuso capillare ed omogeneo su tutto il territorio nazionale’’. Oltre il 13% dei detenuti ha una diagnosi psichiatrica grave, ‘’in numeri assoluti significa – spiega Antigone – che oltre 7 mila persone soffrono di disturbi psichici’’. E se, in carcere, si continua a registrare la carenza cronica di supporti psichiatrici e psicologici, si abbonda invece nell’uso di psicofarmaci. Secondo i dati del rapporto, il 28% delle persone detenute assume stabilizzatori dell’umore, antipsicotici e antidepressivi e un altro 37,5% sedativi o ipnotici.

Un’altra faccia dello stesso problema sono i suicidi in cella: già 38 dall’inizio del 2022, oltre uno ogni 5 giorni. In carcere ci si leva la vita ben 16 volte in più rispetto alla società esterna. Alto anche il tasso dei tentati suicidi, 1,9 ogni 100 detenuti, e gli atti di autolesionismo, 19,2 ogni 100 reclusi. Tra i casi di suicidio riportati nel rapporto uno in particolare colpisce: quello di un ragazzo di 21 anni che secondo il Tribunale di Milano in carcere non doveva stare.  Detenuto a San Vittore dall’agosto 2021 per il furto di un cellulare, nel mese di ottobre il giudice aveva disposto il suo trasferimento in una Rems (Residenza per le misure di sicurezza) in quanto una perizia psichiatrica dimostrava la sua incompatibilità con il regime carcerario. Nella notte del 31 maggio, a otto mesi da quella pronuncia, il ragazzo si è tolto la vita. Nelle settimane precedenti ci aveva provato già altre due volte.

‘’Ogni caso di suicidio ha una storia a sé, fatta di personali sofferenze e fragilità – spiega il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella – ma quando i numeri iniziano a diventare così alti non si può non guardarli come un indicatore di malessere di un sistema che necessita di profondi cambiamenti’’.