Nicola Gori – L’Osservatore Romano
Si parla molto della Chiesa, soprattutto dei difetti dei suoi membri, e poco di Gesù. È partito da questa constatazione il cardinale Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, nel preparare le riflessioni quaresimali di quest’anno. Mettere al centro Cristo, infatti, è quanto propone il porporato dei frati minori cappuccini nelle prediche per il Papa e per la Curia romana che a partire dal 26 febbraio, si terranno in Vaticano per quattro venerdì di seguito fino al 26 marzo. In un tempo ancora segnato dalla pandemia, come nella precedente esperienza nell’Avvento del 2020, per i cardinali, i presuli, i prelati della Famiglia pontificia, i dipendenti vaticani e del vicariato di Roma, i superiori generali o i procuratori degli ordini religiosi facenti parte della Cappella pontificia l’appuntamento è alle 9 nell’Aula Paolo VI. Tema degli incontri «“Voi chi dite che io sia?” (Matteo 16, 15): il dogma cristologico, fonte di luce e di ispirazione». Il predicatore ne parla in questa intervista a «L’Osservatore Romano».
Perché la scelta di questo tema?
È dovuta all’ascolto di alcune parole di Papa Francesco. Mi hanno fortemente colpito quelle da lui pronunciate nell’udienza generale del 25 novembre scorso. Diceva, e si capiva dal tono che la cosa lo toccava profondamente: «Troviamo qui [in Atti degli apostoli, 2, 42] quattro caratteristiche essenziali della vita ecclesiale: l’ascolto dell’insegnamento degli apostoli, primo; secondo, la custodia della comunione reciproca; terzo, la frazione del pane e, quarto, la preghiera. Esse ci ricordano che l’esistenza della Chiesa ha senso se resta saldamente unita a Cristo… Tutto ciò che nella Chiesa cresce fuori da queste “coordinate”, è privo di fondamenta». Le quattro coordinate della Chiesa, come si vede, si riducono, nelle parole del Papa, a una sola: rimanere ancorata a Cristo. È nota la massima di vivere etsi Deus non daretur, come se Dio non esistesse. Una massima discutibile e infatti assai discussa e giustamente contestata. Ma esiste anche un altro pericolo non minore ed è di vivere etsi Christus non daretur, come se Cristo non esistesse.
È il presupposto con cui il mondo e i suoi mezzi di comunicazione parlano tutto il tempo della Chiesa. Di essa interessano la storia (quasi sempre quella negativa, non quella della santità), l’organizzazione, il punto di vista sui problemi del momento, i fatti e i pettegolezzi interni ad essa… A stento si trova nominata una volta la persona di Gesù. Ricordiamo l’idea, accarezzata per un po’ di tempo anche in Italia, di una possibile alleanza tra credenti e non credenti, basata sui valori civili ed etici comuni, sulle radici cristiane della nostra cultura e via dicendo. Una intesa, in altre parole, non basata su ciò che è avvenuto nel mondo con la venuta di Cristo, ma su ciò che è avvenuto in seguito, dopo di lui. Tutto questo ha fatto nascere in me il desiderio di dedicare le meditazioni quaresimali alla persona di Gesù Cristo. Di Gesù si parla, è vero, continuamente tra credenti, all’interno della Chiesa, ma lo si fa insieme con tante altre cose. Ho pensato che sarebbe utile, per una volta, parlare solo di lui, come se esistesse solo lui e valesse la pena di occuparsi solo di lui (che è poi, in fondo, la verità!).
Quanto spazio avrà nelle meditazioni l’attuale situazione della pandemia?
Quasi nessuno! Della pandemia ho parlato a caldo nel discorso tenuto in San Pietro nel Venerdì Santo del 2020. In esso cercavo di mostrare come leggere con occhi di fede questo terribile evento, cosa esso ci dice su Dio e su noi. Nelle prediche dell’Avvento scorso (sotto il titolo tratto dal salmo: «Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore») ho poi cercato di riflettere su alcuni temi che la pandemia ci ha costretti a tirar fuori dal dimenticatoio: la morte, la vita eterna e soprattutto l’assicurazione che, incarnandosi, Dio è salito sulla nostra stessa barca, che perciò non può affondare. In Quaresima, proprio per tener fede all’intento di parlare una volta solo di Gesù, ho pensato di lasciar da parte il tema della pandemia, sulla quale, del resto, sarebbe presunzione voler aggiungere altre parole a tutte quelle che il Santo Padre, si può dire ogni giorno, sta donando su di essa a noi credenti e al mondo.
Cosa significa essenzialmente la Quaresima per i cristiani?
Direi, in sostanza, quello che essa significò per Gesù! Gesù si ritirò nel deserto per digiunare, certo, ma non solo e non principalmente per questo. Si ritirò per pregare, per sintonizzarsi perfettamente, anche come uomo, con la volontà del Padre e prepararsi a realizzarla perfettamente nel ministero pubblico che stava per iniziare. Anche per noi, la Quaresima dovrebbe essere anzitutto un tempo in cui pensare un po’ di più a Dio, ascoltare la sua Parola, prendere per un po’ le dovute distanze dagli assilli quotidiani che rischiano di farci dimenticare perché siamo al mondo. Sono cose che con altre parole ci ha ricordato Papa Francesco nel suo messaggio per la Quaresima tutto centrato su come coltivare in questo tempo le tre virtù teologali della fede, speranza e carità.