A inizio della settantacinquesima udienza, il presidente del Tribunale vaticano annuncia la possibile conclusione del procedimento per la gestione dei fondi della Santa Sede. Oggi l’intervento dell’avvocato di difesa del broker Torzi
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
A due anni e mezzo dal suo inizio, il 27 luglio 2021, potrebbe concludersi prima di Natale il processo per la gestione dei fondi della Santa Sede. Il presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, lo aveva già preannunciato nelle scorse udienze (“chiusura entro l’anno”), oggi nella settantacinquesima udienza ha confermato che entro la fine della settimana 11-16 dicembre giungerà il verdetto per i dieci imputati, tra cui il cardinale Giovanni Angelo Becciu, quasi tutti accusati di reati legati alla compravendita dell’immobile di Sloane Avenue.
L’11 e 12 dicembre repliche di Promotore, parti civili e difensori
“Siamo veramente agli sgoccioli”, ha detto Pignatone, annunciando che l’11 dicembre il Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi, “intende fare una replica”. Seguiranno le controrepliche delle parti civili e dei difensori lo stesso giorno e quello successivo, martedì 12. Date “non negoziabili”, ha affermato il presidente del Tribunale, perché “entro quella settimana speriamo di fare la sentenza. Poi siamo qua… Vediamo cosa succede”.
La difesa del broker Torzi
L’intera udienza di oggi pomeriggio, durata meno di due ore, è stata occupata dall’intervento di Matteo Santamaria, penalista dello studio dell’avvocato Marco Franco, difensore di Gianluigi Torzi, il broker molisano mai comparso finora nell’Aula polifunzionale dei Musei Vaticani. Torzi è accusato di peculato, truffa, appropriazione indebita, riciclaggio, autoriciclaggio, corruzione, estorsione. Reato, quest’ultimo, che – stando all’accusa – si sarebbe consumato nel momento in cui il finanziere pretese e ottenne il pagamento di 15 milioni di euro dalla Segreteria di Stato vaticana per cedere le quote dell’immobile di Londra di cui, nel passaggio dal fondo Goff di Raffaele Mincione (l’altro finanziere anch’egli imputato) al suo fondo Gutt aveva trattenuto mille azioni con diritto di voto. Azioni che di fatto gli garantivano l’effettivo controllo del palazzo.
Indagine “caotica”
Torzi, come si ricorderà, era stato arrestato in Vaticano il 5 giugno 2020, al termine di un lungo interrogatorio, poi rilasciato il 15 dello stesso mese. Proprio da quell’episodio “doloroso” è partita l’arringa di Santamaria che dice di essere stato anche lui per dieci giorni “recluso” insieme al suo assistito che, in alcune occasioni, ha visto anche piangere. Il legale ha parlato di “interrogatorio aggressivo”, “domande nocive”, “presupposti errati” e ha definito l’arresto come “il simbolo delle modalità in cui è stata condotta l’indagine”. Una “indagine caotica”, secondo l’avvocato, in cui “si è partiti da concetti e si è andati avanti per giustificarla”. “Sono tra i più giovani qui dentro, ancora legato a quello che si insegna sul valore dei diritti umani. Nelle indagini ho visto che anche chi ci insegna e ci fa appassionare al valore dei diritti è disposto a sacrificarli sull’altare di interessi ulteriori, come quello investigativo”, ha sottolineato Santamaria.
Le trattative di Londra
Elencando contratti, moduli, bilanci, e mostrando con un proiettore sul muro dell’aula e-mail e chat WhatsApp, l’avvocato ha contestato uno ad uno i capi di imputazione, tranne l’estorsione sul quale interverrà l’avvocato Franco. “Non riesco a capire il senso”, “il fatto non sussiste”, sono state tra le frasi più ricorrenti del suo intervento, insieme a quella che sia l’indagine sia il dibattimento sono stati condotti con “occhi pregni di pregiudizio”.
A lungo il difensore di Torzi ha ripercorso le trattative di Londra, chiarendo che “le quote del fondo non erano liquidabili” e che Mincione aveva un “diritto potestativo” sull’investimento, al quale ha rinunciato “per cortesia” a fronte di una “cifra congrua” pari a 40 milioni, calcolata sul Nav (il valore dell’attivo netto di un fondo, ndr) delle quote sociali. Più volte Santamaria ha ribadito che l’immobile faceva parte di un asset e che le clausole contrattuali erano “chiarissime”.
Il ruolo di Capaldo
In particolare, le accuse principali Santamaria le ha rivolte all’architetto Luciano Capaldo che, a suo dire, ha rilasciato una deposizione “inquietante” in aula, considerando che è intervenuto attivamente durante le diverse trattative per il palazzo di Sloane Avenue, determinando anche “valori gonfiati” nelle quote dell’immobile. Come quando disse che 290 milioni era il miglior prezzo d’acquisto del palazzo. Tesi dell’avvocato, in sostanza, è che anche Capaldo dovrebbe sedere tra gli imputati.
Prossime date
La difesa di Torzi proseguirà il prossimo 21 novembre. Intanto domani e dopodomani, 9 e 10 novembre, due nuove udienze con l’intervento dell’avvocato Luigi Panella, difensore di Enrico Crasso.