Nell’aula polifunzionale dei Musei Vaticani, la sessantaseiesima udienza del procedimento penale per la gestione dei fondi della Santa Sede, è stata riservata all’intervento di Luigi Panella, legale del consulente finanziario della segreteria di Stato. Che prosegue anche domani
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Nel corso della settantaseiesima udienza del procedimento penale per la gestione dei fondi della Santa Sede, in corso in Vaticano dal 27 luglio 2021, interamente dedicata all’intervento del legale dell’imputato Enrico Crasso, ex consulente finanziario della Segreteria di Stato, che proseguirà anche domani, è stata chiesto anche “l’azzeramento dell’intero dibattimento”, perché si sarebbe derogato dalle regole del giusto processo. L’ha sostenuto l’avvocato Luigi Panella, difensore di Crasso, nell’introduzione delle prime cinque ore della sua arringa. Panella ha ripreso le eccezioni presentate dalle difese all’inizio del dibattimento, e rigettate la Tribunale presieduto da Giuseppe Pignatone con l’ordinanza del 1 marzo 2022, che ha chiesto di revocare.
I Rescripta del Papa e la Convenzione dei diritti dell’uomo
Il legale di Crasso ha fatto riferimento a quello che ha definito “mancato rispetto”, da parte del promotore nelle sue indagini, delle indicazioni dell’articolo 6 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo, “alla quale la Santa Sede ha aderito sottoscrivendo la Convenzione monetaria con l’Unione Europea” e alla questione dei Rescripta del Papa, richiesti dall’Ufficio del promotore direttamente a Francesco, “che non sono – secondo Panella – atti di legge, visto che non vengono pubblicati sugli Acta apostolicae sedis, e quindi devono sottostare alla Legge Fondamentale dello Stato della Città del Vaticano e al Codice di Diritto Canonico”. Voi “siete uomini di legge – ha commentato – e dovete rispettare e applicare la legge”. Affermando la “plenitudo potestatis” del Pontefice con i suoi Rescripta, per il legale dell’imputato, “si sarebbe tornati a Gregorio VII, il Papa di Canossa, al 1075 e all’istituzione dei Tribunali dell’inquisizione”. E consentendo al promotore di selezionare a suo piacimento gli atti da consegnare alle difese, per il legale dell’imputato, e riempiendoli di omissis, “si sarebbe violata la Convenzione europea sui diritti dell’uomo”. Questo, ha aggiunto, “è un processo storico: saremo giudicati per quello che diremo e per quello che faremo”.
Per Crasso chiesti 9 anni di reclusione per venti imputazioni
Pannella ha iniziato poi a contestare, uno ad uno, i 20 capi d’imputazione a carico del suo assistito, e quello, la truffa, a carico delle società riconducibili a Crasso, da HP Finance LLC a Prestige Family Office SA, fino a Sogenel Capital Investment. Per il consulente finanziario, dal 1993 al 2014 dipendente di Prime Consult e poi di Credit Suisse, il promotore di giustizia Alessandro Diddi ha chiesto, nella sua requisitoria, una condanna di 9 anni e 9 mesi di reclusione più 18 mila euro di multa per i reati di riciclaggio e autoriciclaggio, truffa, peculato, abuso d’ufficio, corruzione, estorsione, falso materiale di atto pubblico commesso dal privato, falso in scrittura privata e indebita percezione di erogazione a danno dello Stato.
Perchè il consulente “non è un pubblico ufficiale”
In dodici di queste imputazioni, ha sottolineato il legale, “si definisce Crasso pubblico ufficiale, come consulente della Segreteria di Stato per la gestione del patrimonio”. Ma nell’imputazione 30 marzo 2023, “lo si definisce invece estraneo alla Pubblica amministrazione vaticana”. Il promotore di giustizia, per Panella, “confonde la gestione degli investimenti della Segreteria di Stato e la gestione del cliente Segreteria di Stato per conto della società Credit Suisse”, che è quello che avrebbe fatto il suo assistito. Che “è sempre stato retribuito dalle banche e dalle società d’investimento, non dalla Segreteria di Stato”. Infatti ha definito “un fraintendimento” la presunta dichiarazione di Crasso, riportata nella citazione a giudizio, di essere stato remunerato dalla Segreteria di Stato, “cosa che non ha mai detto”. Il consulente finanziario, per il suo avvocato, si sarebbe limitato a “controllare che gli investimenti del cliente Segreteria di Stato, fossero compatibili con la sua classe di rischio, e comunque “sono stati sempre di rischio moderato”. Quindi quelle che per l’accusa sono tangenti, per la difesa sono solo “fees” garantite dalle banche per la sua attività di introducer, in quanto dalla Santa Sede Crasso non ha mai ricevuto un mandato formale di consulenza finanziaria. La sua è stata solo una consulenza “di fatto”, ma non “l’esercizio di un potere pubblico”.
L’ingresso nel Fondo Athena di Mincione
Panella ha poi ripercorso le vicende che coinvolgono il suo assistito, a partire dall’ingresso della Segreteria di Stato nel Fondo Athena di Raffaele Mincione, altro imputato, prima per l’ipotesi di sfruttamento petrolifero in Angola, poi per l’acquisto del palazzo di Sloane Avenue a Londra. Il difensore ha contestato che Crasso conoscesse effettivamente le questioni attribuitegli poi nei capi d’accusa, negandone soprattutto le prove. Il legale ha anche sostenuto, criticando la requisitoria di Diddi e gli interventi dei legali di parte civile, che “è un’assurdità anacronistica pensare che la Chiesa debba liberarsi dei sui beni, dei suoi immobili per darli ai poveri: anche secondo il Codice di Diritto canonico, la Chiesa può possedere, gestire e amministrare i suoi beni per ottenere i suoi fini” pastorali e di evangelizzazione. “La stessa destinazione delle offerte dei fedeli – per Panella – può essere il mantenimento della Sede apostolica e il complesso delle sue attività, cosa sfuggita al promotore di giustizia, che ha confuso l’impiego dei beni con la loro amministrazione”.
Investimenti in fondi “anche prima del cardinal Becciu”
Il legale di Crasso ha anche dichiarato che “è grave dire, come ha fatto la parte civile Segreteria di Stato, che grazie al cardinale Angelo Becciu (imputato nel proccesso, n.d.r.) ‘i mercanti sono entrati nel Tempio’”. Perché gli investimenti compiuti da Crasso per il cliente Segreteria di Stato, anche prima della nomina di Becciu a sostituto per gli affari generali, “erano simili, e non c’è stato alcun cambiamento nelle strategie degli investimenti. Si mettevano soldi ugualmente in fondi internazionali”. Secondo l’avvocato, anche il fatto di essere ricorsi nel 2012 all’operazione di credito Lombard (che doveva servire a reperire le risorse per il progetto petrolifero in Angola, poi finite invece nel palazzo di Londra) “è stata un’ottima soluzione per la Segreteria di Stato, che ha fruttato 16 milioni di sterline di plusvalenze. E’ assurdo considerarlo uno strumento ad alto rischio e un’operazione scandalosa”, come è stata definita dal promotore di giustizia.
Crasso e l’affare del palazzo di Londra
Infine, Panella ha analizzato nel dettaglio il coinvolgimento di Crasso nell’acquisto del palazzo in Sloane Avenue 60 a Londra, sottolineando innanzitutto che il suo assistito, specializzato in fondi mobiliari, “non aveva idea del valore dell’immobile, e non può essere accusato se la Segreteria di Stato ha deciso di pagarlo non 58 ma 79 milioni di sterline”: E anche nella valutazione gonfiata della rivendita, Crasso non è stato partecipe di “alcun accordo fraudolento”. Sulla gestione del Fondo Athena di Mincione, “dopo aver segnalato alcune criticità, fu escluso dalle riunioni”. Riguardo poi all’uscita della Segreteria di Stato dal Fondo Athena e l’ingresso nel Gutt dell’imputato Gianluigi Torzi, Panella ha dichiarato che il suo assistito non ha partecipato all’accordo sulle mille azioni con diritto di voto, cercando di fornire le prove. E che non ha mai “dettato” il famoso memorandum del novembre 2018, richiesto dal nuovo sostituto, l’arcivescovo Edgar Peña Parra, all’avvocato Squillace, un altro degli imputati.