Per il Parlamento Europeo l’Ungheria non è più una democrazia

Vatican News

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Per il Parlamento europeo l’Ungheria è una “minaccia sistemica” ai valori fondanti dell’Unione. La definizione è contenuta in una relazione approvata ieri dall’organo legislativo, con 433 voti a favore e 123 contrari, in cui il Paese viene designato come una “autocrazia elettorale”, come dimostrano alcune leggi in contrasto con lo stato di diritto. Ora si chiede l’intervento della Commissione e del Consiglio dell’Ue per dare il via alle misure previste dall’articolo 7 dei trattati europei, che prevedono la possibilità di sospendere i diritti di adesione all’Unione – come il diritto di voto in sede di Consiglio – in caso di violazione grave e persistente da parte di un Paese membro dei principi dell’Unione stessa. La decisione è attesa domenica. Nel 2018, il Parlamento ha deciso di delineare 12 aree di preoccupazione e avviare la procedura di attivazione dell’articolo 7 proprio per determinare l’esistenza di un chiaro rischio di grave violazione dei valori dell’Ue in Ungheria. A destare preoccupazione, in particolare, l’indipendenza della magistratura, la corruzione, i conflitti di interesse, la minaccia alla libertà di espressione, accademica, di associazione e di religione e la mancanza di garanzie dei diritti delle minoranze, dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati.

Attesa la decisione sui tagli dei fondi Ue all’Ungheria

Alla Commissione europea si chiede di non approvare il piano di ripresa e resilienza ungherese, l’unico, tra quello delle 27 Nazioni dell’Unione, ancora in sospeso. Budapest dovrebbe ricevere l’ok del Consiglio al proprio piano entro dicembre, ma prima dovrebbe esserci la valutazione positiva della Commissione. La scorsa settimana la ministra della Giustizia ungherese, Judit Varga, si è recata a Bruxelles per cercare di convincere la Commissione sui dossier aperti. Quest’ultima ha avviato una procedura ad aprile e ha tempo fino al 21 settembre per analizzare le controdeduzioni di Budapest ma già domenica prossima il Collegio dei commissari potrebbe annunciare la decisione di tagliare 8,8 miliardi di fondi Ue (pari al 70% dei fondi per i programmi di protezione ambientale, trasporti e sviluppo degli insediamenti, ovvero il 20% del budget 2021-2027 destinato a Budapest) per gravi irregolarità negli appalti pubblici e nelle aste dei terreni agricoli. Il meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto deve essere approvato al Consiglio con una “maggioranza qualificata”, corrispondente al 55% dei paesi membri che rappresentano almeno il 65% della popolazione totale dell’Ue.

La posizione ungherese

L’Ungheria negli ultimi mesi si è dissociata dal resto dell’Ue nella riposta all’aggressione russa in Ucraina, ottenendo un’eccezione all’embargo al petrolio russo e impedendo che il patriarca di Mosca Kyrill venisse sanzionato. Ha inoltre aumentato le sue importazioni di gas russo con nuovi contratti e si è opposta sull’introduzione di una tassazione minima al 15% delle multinazionali ponendo un veto che blocca l’azione europea anche nei confronti degli alleati globali aderenti all’accordo in sede Ocse. Alle accuse del Parlamento europeo il governo di Budapest si difende affermando che Orban è risultato vincitore quattro volte nelle elezioni e che Bruxelles farebbe meglio a pensare alle sanzioni che ha imposto che avrebbero impoverito gli europei e arricchito le casse del Cremlino.