Anna Poce – Città del Vaticano
“Siamo al servizio della comunione” e anche della difesa e “della promozione della libertà della Chiesa, della libertà religiosa. Oltre al compito della pace nel mondo. Immaginate quanto la Chiesa lavori per la pace. Questo è il mio modo di vedere la diplomazia”. Si è espresso così il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin in un’intervista rilasciata a José Luis Restán, direttore editoriale della rete radiofonica spagnola COPE, in occasione della Pasqua. Temi affrontati: la figura del segretario di Stato e il suo servizio al fianco del Papa, la riforma della Curia, i conflitti all’interno della Chiesa, la realtà della Chiesa in Cina, il viaggio in Iraq e la missione della Chiesa in Europa.
Rafforzare il legame tra Santa Sede e Chiese locali
Grande conoscitore della realtà della Chiesa nei cinque continenti, il porporato ha parlato della sua vocazione e di come 40 anni fa gli sia stata offerta la possibilità di mettersi al servizio del Papa, senza volerlo. “Ritengo che la mia vocazione fondamentale sia quella sacerdotale. Mi sento chiamato, mi sento ancora chiamato, ad essere un sacerdote, un ministro del Signore che lavora nella Chiesa per le anime” ha affermato, ricordando come “ci siano diversi modi di esercitare il sacerdozio” e come la diplomazia ecclesiastica rientri in uno di questi. “Non ho mai trovato ci fosse una contraddizione tra l’essere sacerdote e l’essere diplomatico, anche perché, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, ‘il compito dei nunzi è un compito pastorale’, volto a rafforzare i legami tra la Santa Sede e le chiese locali”, ha spiegato.
La riforma della Curia
Un incarico, quello del segretario di Stato – ha aggiunto – che proseguirà immutato, anche quando la riforma della Curia romana, che il Papa sta preparando, sarà finita. Una nuova Costituzione apostolica sostituirà l’ordinamento della Curia attualmente in vigore, mantenendo probabilmente il titolo delle prime parole “Praedicate Evangelium”. Il segretario di Stato – dunque – continuerà a coordinare la Segreteria di Stato, l’organo che aiuta da vicino il Santo Padre nel governo della Chiesa, nelle sue tre sezioni: per gli affari generali, per le relazioni con gli Stati e per il personale diplomatico. “Continuerà a coordinare queste tre sezioni – ha precisato – e a lavorare soprattutto, immagino, per la diplomazia ecclesiastica”.
La collaborazione con Papa Francesco
Testimone di eccezione del Pontificato di Papa Francesco, il porporato ha ricordato la sua sorpresa quando, ancora nunzio in Venezuela, il Santo Padre, otto anni fa, dopo due mesi dall’elezione al soglio pontificio, gli chiese di essere suo segretario di Stato, e ha raccontato come le loro differenze di temperamento abbiano rappresentato un vantaggio per il servizio alla Chiesa. “Si tratta di trasformare le nostre differenze in ricchezza per il mondo” come dice sempre il Papa. “Che non diventi – ha affermato – un conflitto ma una collaborazione e ognuno con il suo punto di vista, con il suo stile, con la sua sensibilità, con la sua preparazione, con la sua cultura, con la sua spiritualità” possa collaborare con l’altro.
Rendere la Chiesa credibile nell’annunciare il Vangelo
Continuando a parlare della figura del Papa, il cardinale ha aggiunto che ciò che più colpisce di lui è la sua grande semplicità. “Quando ti avvicini a lui ti rendi conto che è un uomo semplice senza protocollo” ha osservato, un uomo che “cura molto la relazione e la vicinanza con gli altri”, che “cerca di incontrare le persone”, caratteristica anche del suo modo di lavorare , il cui desiderio è quello di “rendere la Chiesa più credibile nell’annuncio del Vangelo”.
La preoccupazione per i contrasti nella Chiesa
In merito poi al tema del contrasto nella comunità ecclesiale di una cosiddetta ala conservatrice e di una cosiddetta ala progressista, il porporato ha sottolineato come questa situazione procuri solo danno alla Chiesa, avendo Cristo pregato per la sua unità. ”C’è motivo di preoccupazione” ha affermato, riflettendo come il problema “probabilmente derivi dal fatto che il Papa metta molta enfasi sulla riforma della Chiesa e si faccia molta confusione in merito a questo”. La struttura della Chiesa, il deposito della fede, i sacramenti, il ministero apostolico non possono essere cambiati, ma esiste “tutta una vita della Chiesa che può essere rinnovata”, una vita in cui operano uomini peccatori e che quindi “ha bisogno di essere continuamente rinnovata”. A volte, è la spiegazione del segretario di Stato, queste divisioni e queste opposizioni nascono dalla confusione, dall’incapacità di distinguere “tra ciò che è essenziale e non può cambiare e ciò che non è essenziale e deve essere riformato, deve cambiare secondo lo spirito del Vangelo”.
Speranza per il futuro della Chiesa in Cina
Nell’affrontare poi la realtà della Chiesa in Cina, il cardinale Parolin ha sottolineato come la Santa Sede la guardi con grande rispetto, per la sua storia di enorme sofferenza, ma anche con grande speranza. I passi fatti finora, “anche se non hanno risolto tutti i problemi che ancora esistono e che probabilmente richiederanno molto tempo – è la spiegazione – sono nella giusta direzione verso una conciliazione all’interno della Chiesa”. “Quello che si è tentato e si sta tentando di fare – ha precisato – è proteggere questa comunità che è ancora piccola, ma che ha una grande forza e vitalità. Tutto ciò che viene fatto è al fine di garantire una vita normale nella Chiesa in Cina”, di garantire “spazi di libertà religiosa, di comunione, perché non si può vivere nella Chiesa cattolica senza la comunione con il successore di Pietro, con il Papa”.
La grande testimonianza dei cristiani iracheni
Ricordando il viaggio in Iraq e l’incontro con una Chiesa perseguitata, che continua a soffrire e a vivere in un “clima di sfiducia e incertezza che non permette ai cristiani di vedere un futuro nel Paese”, il cardinale ha parlato del grande insegnamento tratto da questo incontro con i fedeli iracheni. “Quello che ci hanno insegnato è la testimonianza di fede che arriva fino al martirio. Questa è la grande lezione che possiamo trarre dai cristiani iracheni”. Nonostante gli attentati e i morti, i cristiani continuano a professare la loro fede cattolica con grande coraggio. “Questo è un grande insegnamento”, ha aggiunto, nonché una chiamata alla solidarietà. “Ci insegnano questa capacità di essere fedeli nonostante tutte le difficoltà – ha osservato – ma allo stesso tempo ci chiedono più solidarietà”.
La perdita della fede in Europa
Sull’Europa e l’emergere di nuove legislazioni su questioni etiche che si allontanano sempre di più dalle radici cristiane, il cardinale ha ammesso di sentire molto “la perdita della fede” in questi “cambiamenti antropologici che stanno avvenendo”, sottolineando che “perdere l’identità della persona umana, più che una perdita di fede” rappresenta “una perdita della ragione”. Come ha detto molte volte anche Papa Francesco, ad esempio, “la questione dell’aborto non è una questione religiosa”, ma una questione della ragione. E “probabilmente oggi, come ha detto Benedetto XVI, il problema fondamentale è la ragione, non la fede”. Il porporato ha quindi evidenziato come la missione della Chiesa in Europa sia quella della testimonianza. “Dobbiamo testimoniare la nostra fede, dobbiamo testimoniare la nostra speranza, dobbiamo testimoniare la nostra carità”, senza imposizioni, ma solo offrendo “una testimonianza coerente e convinta di vita cristiana”, come avvenuto nei primi secoli della Chiesa, quando apostoli e discepoli arrivarono in una società priva di valori cristiani e attraverso la loro testimonianza “riuscirono a cambiare la mentalità e introdurre i valori del Vangelo nella società di allora”.
Necessità della preghiera
Oggi più che mai, ha concluso il il cardinale Parolin, abbiamo bisogno di preghiere, di unirci tutti nella preghiera, perché il Signore ci aiuti ad essere fedeli “alla missione di testimoniare il Vangelo e anche alla nostra appartenenza alla Chiesa nel mondo di oggi”.