Parolin: Italia e Santa Sede possono lavorare insieme per la pace

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Il segretario di Stato vaticano è intervenuto al convegno “Stato e Chiesa. A 40 anni dalla firma del concordato repubblicano”, promosso dalla Fondazione Craxi e che si è svolto a Roma al Palazzo Borromeo. Immigrazioni, lavoro, famiglia i settori in cui la collaborazione può essere più fruttuosa. Il ministro degli Esteri Tajani: la Chiesa fa cose che lo Stato non può fare

Michele Raviart – Città del Vaticano

Una peculiare laicità “non ostile, ma collaborativa”, sulla base di valori condivisi basati sulla responsabilità per i bisogni materiali e spirituali della persona. È quanto emerge, a 40 anni di distanza dalla firma della modifica del Concordato, tuttora il “quadro di riferimento per uno sviluppo sereno del rapporto tra Stato e Chiesa”. A ribadirlo è il cardinale di Stato Pietro Parolin, intervenuto giovedì 8 febbraio al convegno promosso dalla Fondazione Craxi a Palazzo Borromeo, sede dell’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede a Roma, per celebrare l’anniversario della firma, il 18 febbraio 1984 dei cosiddetti “accordi di Villa Madama”, revisione del Concordato del 1929 facente parte dei Patti Lateranensi.

La stella polare della pace

Un’occasione, ha spiegato Parolin, per farne un bilancio e ragionare sulle prospettive future. Il segretario di Stato ha innanzitutto ricordato le molteplici ricadute positive dell’istituzione del finanziamento attraverso l’8×1000, ribadendo l’impegno della Chiesa di usare queste somme per solidarietà e a beneficio della collettività nazionale. L’obiettivo è quello di una rinnovata assunzione di responsabilità, da assumersi bilateralmente insieme allo Stato italiano, su alcune materie, a partire dalla pace “stella polare” della Santa Sede. In particolare Parolin ricorda le guerre in Ucraina, Palestina e Isreale, sottolineando l’importanza di un comune impegno per soluzioni giuste e realistiche dei conflitti.

Un impegno comune verso i più vulnerabili

Il porporato ha sottolineato anche l’urgenza di impegnarsi per i migranti e le persone più svantaggiate. L’immigrazione è un fenomeno da trattare con urgenza, ha affermato, che non può essere rimosso o gestito con disimpegno con misure “parziali, riduttive e quindi inadeguate”, ma affrontato garantendo il rispetto della dignità della persona e le esigenze delle comunità locali. In questo campo, così come nella promozione del lavoro, “può svilupparsi fruttuosamente il lavoro tra Chiesa e Stato. Un impegno comune è anche auspicabile a favore della famiglia e in contrasto alla denatalità, “un fenomeno preoccupante che ha ragioni profonde”, perché “se non genera figli la società ripiega su se stessa”. Infine, il pensiero di Parolin va al Giubileo del 2025. Il modello è quello del 2000, quando furono impegnate “le migliori risorse da ambo le parti” e il risultato fu un successo. “A meno di un anno”, ha affermato, “resto fiducioso dello stesso risultato lusinghiero”.

Tajani: la Chiesa fa cose che lo Stato non può fare

Il rapporto tra Italia e Santa Sede è “un’unicità” sul piano internazionale, ha ricordato poi il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, che ha parlato dell’Italia come di uno “Stato laico e non laicista”. Tajani ha sottolineato la “sussidiarietà orizzontale” garantita dalla Chiesa, che fa  “cose che lo Stato non può fare”. L’esempio è andato al vicario di Terra Santa padre Ibrahim Faltas e alla sua accoglienza ai bambini provenienti da Gaza grazie a una nave italiana. Il giudice costituzionale Antonella Sciarrone Alibrandi ha ricordato come il Concordato può essere considerato un modello per i rapporti con le altre confessioni, mentre la senatrice Stefania Craxi ha ricordato che gli accordi firmati da suo padre, allora presidente del Consiglio, sono un esempio di come “promuovere con i fatti e non con le parole il pluralismo religioso”.