Da Camaldoli, dove si conclude oggi, 8 ottobre, un percorso di cultura politica organizzato dalla comunità di monaci e dalla rivista Il Regno, il segretario di Stato vaticano esprime costernazione per l’escalation di violenza in Israele. “I problemi che ci sono, reali, vanno risolti con ben altri metodi”, afferma. E, guardando anche al conflitto in Ucraina, invita a condannare i nazionalismi e ogni forma di sacralizzazione dell’idea di nazione. L’Europa deve recuperare il ruolo di pace
Antonella Palermo – Città del Vaticano
Iniziando il suo intervento a Camaldoli, a chiusura oggi 8 ottobre del seminario di quattro giorni organizzato da Il Regno e dalla Comunità di monaci sul tema “La terza questione. La Chiesa, i cattolici e l’Italia”, il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ha fatto una introduzione a braccio guardando alla escalation di violenza in Israele.
Ancora più in pericolo le fragili speranze di pace
“Il nostro pensiero in questo momento va a quanto sta succedendo in Medio Oriente, in Israele, in Palestina e nella Striscia di Gaza”, ha detto ricordando che l’appello del Papa per la pace all’Angelus “è stato ripetuto da quasi tutti i governi del mondo perché si fermi la violenza. Questi eventi – ha sottolineato il porporato – stanno mettendo ancora più in pericolo le fragili speranze di pace che sembravano delinearsi all’orizzonte anche con l’accordo con l’Arabia Saudita”.
Il mondo pare impazzito, ciò che accade va oltre l’immaginabile
Parolin ha inoltre aggiunto: “Al di là degli sforzi diplomatici che non sembrano avere grandi risultati – e lo dico anche in riferimento alla guerra in Ucraina – dobbiamo unirci tutti in una preghiera corale per la pace”. Nell’intervista realizzata a margine del convegno da Il Regno, la massima preoccupazione del cardinale: “Non sappiamo come evolverà e come si concluderà. Quello che sta succedendo va aldilà dell’immaginabile”. Costernato, Parolin afferma che “il mondo sembra impazzito, sembra che si faccia affidamento solo sulla forza, sulla violenza, sul conflitto, per risolvere problemi che ci sono, reali, e che vanno risolti con ben altri metodi”.
Non vedo chiaro il ruolo di pace che dovrebbe tenere l’Europa
“Al di là delle distruzioni di vite umane, a cui abbiamo assistito in maniera orripilante – afferma ancora il cardinale – le fragili speranze di pace che sembravano delinearsi un po’ all’orizzonte stanno andando completamente in fumo. Quindi, questo esigerà uno sforzo molto molto più grande per riprendere i fili e tentare di arrivare a una soluzione pacifica che è l’unica soluzione giusta e l’unica soluzione efficace che eviterà il ripetersi di queste situazioni”. Parolin chiama in causa l’Europa e il suo ruolo. “Perché – dichiara – l’Europa si è costituita proprio come una esperienza fondamentale di pace dopo le grandi tragedie del Novecento e non soltanto al suo interno ma all’esterno. Però – lamenta – credo che i problemi che ci sono all’interno dell’Unione europea, e la difficoltà di rapportarsi in maniera giusta con le altre realtà, rendono difficile questo ruolo di pace che l’Europa dovrebbe svolgere nel mondo. Speriamo – conclude – che recuperi questo suo ruolo e questa sua dimensione ma non lo vedo così chiaro, non lo vedo così netto”.
Condannare i nazionalismi e la sacralizzazione dell’idea di nazione
Proprio “L’Europa come orizzonte di pace” è stato il titolo del suo contributo a Camaldoli. “L’invasione dell’Ucraina, la guerra e la devastazione del suo territorio comportano la distruzione anche delle regole e dei diritti internazionali sui quali si basa la possibilità di una convivenza pacifica, fino alla minaccia dell’estremo ricorso all’uso delle armi nucleari. L’Europa – ha scandito Parolin – non può accettare che si ritorni a un sistema che ridisegna i confini con la forza”.
Il cardinale ha richiamato l’attenzione su quelle che ha definito “guerre neo-imperialiste” e sulle visioni che richiamano un passato che “si credeva superato”. Ha affermato che “è urgente ribadire la condanna dei nazionalismi, particolarmente di quelli di matrice etnica. È una macchia che grava sulla storia europea ed è foriera di nuove tragedie. I fondamentalismi e i nazionalismi di vario genere non possono essere legittimati, così come ogni forma di sacralizzazione e di mitizzazione dell’idea di nazione. L’una – ha precisato – è una forma di negazione della vera ispirazione religiosa, l’altra una forma di neo-paganesimo. Si tratta di forme che nulla hanno a che fare con la legittima valorizzazione della comunità nazionale e con una autentica ricerca del bene comune. Inoltre, credo che mentre di debba agire per ristabilire l’assoluta necessità di un ordine internazionale solidale e pacifico, non si possa non riconoscere il valore pieno degli ordinamenti istituzionali fondati sulla partecipazione democratica dei cittadini, indispensabili per allontanare lo spettro della guerra”.
Che il Sinodo aiuti a essere più credibili sull’unità e la pace
Il segretario di Stato vaticano denuncia il grado di frammentarietà della società contemporanea “piena di interrogativi e di aporie”: alla luce di questa constatazione, invita a portare nuovamente il messaggio del Vangelo all’Europa e agli europei. È la Parola che salva, perciò invita a “un annuncio gioioso, a una cultura dialogante, rispettosa, responsabile, cosciente di sé”. La sua preghiera riguarda anche i lavori sinodali in corso: “Possa il percorso sinodale in atto – ha concluso – aiutarci a riscoprire la comunione quale via dell’evangelizzazione, per essere testimoni più coerenti e credibili di unità e di pace oggi, per il continente europeo”.