Il presidente della Pontificia Accademia per la Vita è intervenuto a Santiago del Cile ad una conferenza FAO evidenziando che per affrontare il triste fenomeno dello spreco alimentare gli attori economici devono riconoscere la loro responsabilità sociale e l’interconnessione che sussiste fra tutti gli individui. Ma servono pure dati certi e cambiamenti nelle abitudini a tavola
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Lo spreco degli alimenti segna il destino di milioni di persone e il tema del cibo non può essere affrontato soltanto in una logica meramente economica e di mercato. Lo ha sottolineato monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, intervenuto alla conferenza “Prevenire e ridurre le perdite e gli sprechi alimentari nel contesto della sicurezza alimentare e nutrizionale. Una sfida intersettoriale” organizzata a Santiago del Cile, oggi 24 agosto, nella sede della Rappresentanza della FAO per l’America Latina e i Caraibi. Il presule, da ieri in America Latina per un viaggio che fino al 30 agosto oltre a quelle in Cile prevede tappe anche in Argentina, ha affrontato l’argomento ricordando, anzitutto, quanto detto da Papa Francesco il 18 maggio 2019 nel discorso alla Federazione Europea dei Banchi Alimentari: “Scartare cibo significa scartare persone”, ha quindi aggiunto che tale scarto di persone “è intollerabile, insopportabile, esecrabile, fonte di immensa vergogna” e che tutti ne sono “responsabili davanti a Dio e alla storia”.
Lo spreco alimentare e la denutrizione
Se lo spreco alimentare in America Latina ha una percentuale bassa, poiché copre solo il 6% di quello mondiale, nel continente ci sono, però, 47 milioni di persone sottonutrite, ha indicato monsignor Paglia, evidenziando che il tasso di denutrizione in questi ultimi anni è aumentato, ma che con i 69 kg di cibo sprecati annualmente da ogni abitante – cifra registrata dall’Onu – si potrebbe contribuire significativamente alla nutrizione di 30 milioni di queste persone. Ci sono situazioni tragiche in alcuni Paesi, ha aggiunto il presule, che ha raccontato di una sua visita ad Haiti due anni fa e degli slums della capitale Port au Prince, dove ha incontrato “persone gonfie di cibo spazzatura o scarnificate da una denutrizione cronica”. “Come è possibile continuare a far finta di niente, a sopportare, a non fare nulla?” è la stata la sua amara riflessione, con l’invito “ad affrontare con serietà e responsabilità la questione”.
La logica della solidarietà
Accade che la struttura economica sulla quale si fondano la produzione, la distribuzione e la trasformazione del cibo “eccede, è più grande”, tuttavia “l’economia non può essere considerata come fine ultimo – ha osservato monsignor Paglia – ma come mezzo a servizio della vita delle persone e dell’edificazione di una società giusta”. Lo aveva rilevato Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata dell’Alimentazione 2021, scrivendo che “la lotta contro la fame esige di superare la fredda logica del mercato, incentrata avidamente sul mero beneficio economico e sulla riduzione del cibo a una merce come tante, e rafforzare la logica della solidarietà”. Quest’ultima, ha rimarcato il presule, deve portare alla considerazione che “ogni esperienza umana, quella economica compresa, si innesta e coopera alla costruzione di una famiglia umana fraterna”, come ha asserito lo stesso Pontefice nella Fratelli Tutti. Dunque, per gli attori economici significa riconoscere “la responsabilità sociale del loro operare, l’interconnessione tra soggetti diversi, la custodia delle persone e del mondo che abitano”.
Tre piste per non sprecare
Per il presidente della Pontificia Accademia, “perché nessuno resti escluso dalla tavola della vita”, ci sono “tre piste concrete di lavoro” da seguire. Anzitutto, segnalare i dati dello scarto alimentare e dunque valutare “il peso sociale di questo fenomeno”, relativamente al quale “non sono indifferenti il numero di ore di lavoro sprecate o il costo energetico di tali attività non portate al loro fine”, perciò occorrerebbe “dire anche quale perdita in termini sociali e umani c’è dietro lo spreco di un prodotto agricolo”. In secondo luogo, occorre guardare all’intera catena alimentare, ha proseguito Paglia, perché “lo spreco alimentare si può affrontare solo mediante una visione complessiva della realtà”, perciò si devono considerare “la grande distribuzione organizzata dei supermarket e i mercati informali lungo le strade, le più raffinate tecnologie e le più antiche sapienze contadine”. Infine, è necessario “mostrare il valore del cibo e della tavola”. È la pista culturale. “Abbiamo bisogno di un approccio responsabile, finanche spirituale”, ha detto il presule, segnalando che alcuni studi “mostrano come uno dei passaggi chiave per la riduzione dello spreco alimentare è l’educazione che permette il cambiamento di pratiche domestiche altrimenti deleterie”. “Se una persona è cosciente della dignità e della bontà di sé, dei suoi cari e dei beni che ha a disposizione – ha concluso monsignor Paglia – allora spreca meno e fa dell’alimentazione un atto profondamente umano”.