Amedeo Lomonaco e Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Quali sono le responsabilità degli atenei nello sviluppo delle cure palliative in Italia? Il mondo universitario e quello dei professionisti delle cure palliative sono pronti a farsene carico? Sono queste alcune delle domande che scandiscono oggi il convegno intitolato “La sfida delle cure palliative: un impegno per l’Università”. In occasione dell’odierna Giornata nazionale delle cure palliative, l’Università Statale e Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e la Pontificia Academia per la Vita si confrontano, in particolare, sul contributo che le Università possono dare allo sviluppo delle cure palliative in Italia.
All’Università di Milano la prima cattedra di Cure Palliative
Il convegno, anche in diretta streaming, si è aperto questa mattina presso l’Aula Magna dell’Università degli Studi di Milano. Proprio in questo ateneo è stata istituita la prima cattedra italiana di Medicina e Cure Palliative con l’obiettivo di formare gli specialisti del futuro ad aiutare gli ammalati nelle fasi estreme della vita. Il titolare del corso è il professore Augusto Caraceni dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e docente di Cure Palliative alla Statale di Milano. “Le cure palliative – sottolinea il docente presentando il convegno – vanno rafforzate perché di fondamentale funzione per chi soffre. Alla sanità italiana chiediamo uno sforzo in più”. “Ogni anno – ricorda il dottor Caraceni – in Italia oltre 543 mila persone adulte necessitano di cure palliative”, ma solo il 23% dei pazienti può ricevere tali cure”.
La cura è un diritto
Il convegno si aperto con l’intervento del rettore della Statale di Milano, Elio Franzini. Oltre alla cattedra italiana, ha detto, verrà aperta una scuola di specializzazione in cure palliative. Guardando alla storia degli ultimi decenni, ha ricordato che le cure palliative sono nate in Italia, a Milano, su iniziativa della Fondazione Floriani. Il primo reparto ospedaliero di cure palliative, ha aggiunto, risale al 1987. “La cura – ha affermato – è un diritto anche quando non è possibile la guarigione”. Le cure palliative vanno inserite in questa visione complessiva di cura. E sono “il modo migliore per rendere omaggio al nostro essere uomini”. Il prorettore per i rapporti con le istituzioni Sanitarie – Università degli Studi di Milano, Gianvincenzo Zuccotti, ha sottolineato inoltre che solo il 30 per cento dei pazienti accedono alle cure palliative. In ambito pediatrico la percentuale si abbassa al 5 per cento. La legge 38 del 2010 per regolamentare e semplificare l’accesso ai medicinali impiegati per il trattamento del dolore è un primo passo ma si deve ancora fare molto in questo ambito. Le cure palliative, ha detto inoltre il professor Gianvincenzo Zuccotti, non riguardano solo la fase terminale della vita. Ci sono bambini e adulti in condizioni di cronicità che necessitano di cure palliative. Non è più soltanto il paziente adulto o il bambino oncologico che deve accedere a queste cure. Il direttore scientifico dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, Giovanni Apolone, ha poi ricordato che non è un momento facile: “una quota ancora troppo grande di pazienti che necessitano di un percorso di cura integrato non hanno accesso alle competenze di medici specializzati nel campo delle cure palliative”. “Il nostro impegno – ha aggiunto – sarà quello di far arrivare in questo ambito il numero maggiore di fondi”.
La cura della compassione
Il professor Giandomenico Borasio, neurologo e palliativista, dirige la cattedra di Medicina palliativa dell’Università di Losanna, in Svizzera. “Le resistenze contro le cure palliative – ha detto – sono enormi”. Si tratta di “resistenze economiche” perché le cure palliative non generano gli stessi profitti di altri trattamenti. Il 40% dei costi sanitari in media, per ogni singola persona, sono riferiti agli ultimi due anni di vita con percorsi che possono anche arrivare all’accanimento terapeutico. Le cure palliative – ha aggiunto il professor Borasio – sono invece “il miglior antidoto contro l’accanimento terapeutico, gettano ponti tra la medicina e le altre facoltà e insegnano ad essere medici migliori”. A Monaco, ha poi ricordato il docente, è stata creata una cattedra di assistenza spirituale per le cure palliative, la prima in Europa, sotto gli auspici della Chiesa cattolica e della Chiesa protestante. Si tratta quindi di “una cattedra ecumenica”: i primi due docenti sono stati un sacerdote gesuita cattolico e un pastore protestante. Le cure palliative, ha concluso il professor Borasio, “non sono un optional, ma un diritto umano”. Il professor Philip Larkin, presidente dell’Associazione Europea per le cure palliative, ha incentrato il proprio intervento su due aspetti cruciali in questo ambito: “il lavoro di equipe e la compassione”. “La compassione per gli altri – ha detto – inizia con la compassione per sé stessi”. È necessaria una collaborazione interdisciplinare per affrontare la complessità di bisogni, fisici e spirituali. Ed occorre una collaborazione tra medici e i pazienti e le loro famiglia. Bisogna avere lo sguardo del buon samaritano per svolgere nel campo delle cure palliative compiti relativi alla cura, al sostegno e al conforto. Una risposta palliativa – ha sottolineato il professor Philip Larkin – non si traduce nell’essere testimoni delle sofferenze altrui. Ma si traduce in atti pratici, in azioni compassionevoli. Il professor Gianlorenzo Scaccabarozzi, direttore Dipartimento della Fragilità dell’Asst di Lecco, si è soffermato su strumenti e indicatori per misurare l’efficacia di cure palliative. Gli hospice dislocati sul territorio italiano sono 240. Le regioni che registrano maggiore carenze in questo ambito sono Campania, Marche e Liguria.
Paglia: la persona è tale fino all’ultimo istante
Al dibattito partecipa anche il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, monsignor Vincenzo Paglia, che questa mattina ha incentrato il proprio intervento sul tema: “Costruire una cultura di responsabilità sociale: la sfida delle cure palliative”. “Le cure palliative correggono il tiro e ricordano che la persona è tale – viva, con tutti i suoi bisogni e tutta la sua dignità – fino all’ultimo istante. Le cure palliative si occupano di persone e dei loro bisogni, sempre nel rispetto della dignità umana”. “Le cure palliative – ha affermato il presule – sono il to care della medicina. Una prospettiva che non dovrebbe mancare mai, non solo negli ultimi giorni o quando il to cure è fallito. Ma attuare questo nella pratica richiede una rivoluzione culturale della medicina e dell’intera società”. “Occorre – ha aggiunto monsignor Paglia – che la medicina dia nuovamente respiro alla sua basilare vocazione al prendersi cura”. Ed occorre “uscire dall’equivoco che intende ‘palliativo’ come ‘inutile’ o inefficace”. Una confusione “che appare dalle resistenze che di fatto ostacolano la pratica e la diffusione delle cure palliative, anche quando se ne afferma l’importanza in linea di principio, magari anche con la promulgazione di leggi, che spesso rimangono inapplicate”.
Quando non si può più guarire, bisogna continuare a curare
Le cure palliative non sono inutili e “possono favorire una terapia del dolore, un attutimento delle sofferenze”. A Vatican News monsignor Vincenzo Paglia sottolinea che si deve contrastare quell’ideologia secondo cui sono “inutili le cure, quando non si può più guarire”.
Parliamo delle cure palliative: sono una sfida ma anche una responsabilità. Perché è importante che siano più diffuse?
È importante perché aiutano a vivere meglio. Questo convegno di Milano ha radici che arrivano ad un anno e mezzo fa, quando con il professor Caraceni comprendemmo che le cure palliative, in ambito universitario, erano poste in secondo piano rispetto ai corsi di laurea in medicina. Questo convegno mostra invece l’ingresso delle cure palliative nel piano didattico universitario per dare a tali cure quella dignità che altrimenti non avrebbero. Le cure palliative sono cure che possono favorire una terapia del dolore, un attutimento delle sofferenze e possono, soprattutto, fare in modo che il declino del nostro corpo sia accompagnato dall’amore, dalla cura, da mani che sanno aiutarci a vivere i momenti più difficili con maggiore solidarietà.
A volte al termine palliativo si associa la parola inutile. Questa è una associazione sbagliata…
Assolutamente si, a partire già dal termine che arriva dalla parola pallio: da quella metà del mantello di San Martino che diede al povero. Le cure palliative non sono inutili perché contrastano quell’ideologia che ritiene inutili le cure quando non si può più guarire. Quando non si può più guarire, bisogna continuare a curare. Non abbandonare. Va contrastata la dizione di inutilità proprio perché questo sconfigge quel prometeismo causa di tanti disastri che, ancora oggi, purtroppo noi tocchiamo con mano: pensiamo ai disastri del clima o a quelli di tante ingerenze che rovinano il creato.
I dati sono drammatici: in Italia oltre 543 mila persone adulte necessitano di cure palliative ma il tasso di copertura del bisogno si ferma al 23%; in pediatria, si stima che oltre 35 mila minorenni abbiamo necessità di essere curati ma purtroppo solo il 5% riesce ad accedervi. Siamo ancora lontani da una diffusione adeguata delle cure palliative…
Assolutamente si, per questo facciamo questo convegno con alcuni rettori delle università italiane. Ed è in programma, nel febbraio prossimo (probabilmente l’11 febbraio), un grande convegno internazionale su questi temi proprio perché venga sconfitta questa ignoranza che davvero è dannosa. Nel progetto della Commissione per la riorganizzazione dell’assistenza agli anziani in Italia che presiedo, abbiamo inserito in un articolo del programma le cure palliative domestiche gratuite. Proprio perché è il senso di quella responsabilità di prendersi cura di tutti noi soprattutto nei momenti più difficili. In questo senso, mi auguro che convegni come questo aiutino a conoscere e quindi ad intraprendere la via delle cure palliative, compresa la responsabilità delle regioni, del governo o di tutte le altre istituzioni preposte affinché una buona legge diventi una pratica diffusa e applicata.
Non mancano comunque sforzi per diffondere le cure palliative. A Passoscuro sorgerà un Centro di Cure Palliative Pediatriche dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Una mano tesa a bambini e ragazzi e ai loro genitori…
Si, questo è un ottimo esempio anche perché, in genere, le cure palliative sono riferite alla popolazione anziana, ormai già avanti negli anni. L’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù ha un primato: insieme ad altre organizzazioni ha posto l’importanza delle cure palliative per i bambini. La Fondazione Maruzza, ad esempio, anche insieme alla Pontificia Accademia per la Vita, ha scritto e firmato una carta con le altre religioni proprio per la cura palliativa dei bambini. Quindi è un esempio assolutamente straordinario e davvero esemplare.