Federico Piana- Città del Vaticano
La sfida è entusiasmante e complessa allo stesso tempo: “creare un alleanza tra uomini di pensiero, anche non credenti, e teologi per far nascere una nuova fraternità intellettuale, necessaria per far emergere l’umano che li lega”. Monsignor Vincenzo Paglia, arcivescovo, Gran Cancelliere del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II e presidente della Pontificia Accademia per la Vita, presenta l’appello di dieci teologi e teologhe dal titolo ‘Salviamo la fraternità: insieme’, scritto su impulso delle due istituzioni della Santa Sede presiedute dallo stesso arcivescovo e indirizzato alla Chiesa universale e a tutte le persone di buona volontà, partendo da un dato di fatto: “E’ ciò che Papa Francesco chiama un cambiamento d’epoca. La pandemia ne ha svelato tutta la profondità e l’ampiezza. In questo mutato contesto storico, debbono cambiare tutti i paradigmi, gli stili di vita, le prospettive. E il Santo Padre ci indica le strade da percorrere con le encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti”.
L’appello sottende ad alcune delle più importanti emergenze che oggi il genere umano si trova a dover affrontare insieme. Quali sono?
Sicuramente quella ecologica. Poi, ci sono quelle legate all’espansione dell’intelligenza artificiale e all’emersione di una nuova antropologia. Tutti abbiamo fedi e culture diverse ma oggi è indispensabile un nuovo sforzo comune per rilanciare un dibattito utile a trovare delle linee comuni d’intervento.
Quali sono i capisaldi del documento?
Il primo è quello che indica ai teologi cattolici e cristiani la necessità di ritrovare la spinta per riproporre il Vangelo di sempre con un linguaggio che sia comprensibile agli uomini di oggi. E questo richiede un’elaborazione nuova del metodo teologico rispondendo all’invito ad uscire dal recinto che Papa Francesco continua a rivolgerci. L’altro caposaldo è l’esortazione rivolta agli intellettuali. La modernità ha fallito non poche promesse, a cominciare da quella della fraternità. Lo stesso accantonamento dell’idea di Dio o del sacro è un ostacolo all’elaborazione di un pensiero scientifico ed umanistico: ecco perché l’incontro tra i due poli chiede ad ambedue uno scatto in avanti verso il nuovo umanesimo cui dobbiamo tendere.
Le basi concrete sulle quali istaurare il dialogo quali potrebbero essere?
La prima fase è l’incontro. Incontrarsi e contaminarsi a vicenda arricchisce ambedue le sponde. Papa Francesco ha ragione quando dice che nell’incontro non vince l’uno o l’altro ma vince l’incontro. Occorre una sinodalità intellettuale, una sinodalità tra cultori della fede e cultori dell’umano. Ripeto, l’autoreferenzialità chiude mentre il confrontarsi a vicenda arricchisce. Ne ha bisogno la cultura internazionale e ne ha bisogno la Chiesa.
Altrimenti, il rischio è quello di una teologia che si chiude in una torre d’avorio…
Certamente. Noi viviamo in un tempo opportuno nel quale tutte le scienze debbono ricollocarsi e confrontarsi. E’ ciò che accadde quando nacquero le università, luogo in cui tutto il sapere- teologia compresa- era in dialogo. Ai nostri giorni, il rischio è quello che una moltitudine di specializzazioni impedisca una visione olistica della storia e dello stesso sviluppo dell’uomo.