Padre Radcliffe: alla sinodalità ci si forma lasciando maschere e facili etichette

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Alla quarta Congregazione generale dell’assise, il religioso domenicano ha proposto spunti di riflessione per il secondo modulo dell’Instrumentum laboris: il Sinodo è una scuola di amore “non fugge dall’altro né si impossessa di lui, un amore che non sia né offensivo né freddo”

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

È sull’incontro di Gesù con la samaritana al pozzo che padre Timothy Radcliffe ha offerto spunti meditativi alla quarta Congregazione generale della XVI assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi. Oggetto dell’assise il secondo modulo dell’Instrumentum laboris, sul tema che pone anche una domanda, ovvero “Una comunione che si irradia. Come essere più pienamente segno e strumento di unione con Dio e di unità del genere umano?”. Il religioso domenicano, che ha tenuto anche le meditazioni del ritiro spirituale svoltosi, dal 30 settembre al 3 ottobre, a Sacrofano, prima dell’inizio dei lavori in Aula Paolo VI ha spiegato che occorre formarsi alla sinodalità e per questo è necessario abbandonare maschere e travestimenti per entrare nella luce, perché solo in questo modo è possibile mediare l’amore non possessivo di Dio per ognuno di noi.

Scoprire il desiderio profondo di Dio

Padre Radcliffe ha articolato la sua riflessione partendo dalle parole di Gesù alla samaritana, che mostrano come Dio appaia “in mezzo a noi come colui che ha sete soprattutto di ciascuno di noi”. “Dio aveva così tanta sete di questa donna caduta che divenne umano. Ha condiviso con lei ciò che c’è di più prezioso, il nome divino: ‘Io Sono è colui che ti parla’”. Nel colloquio con Cristo, la donna “scopre una sete più profonda”, ha fatto notare il religioso domenicano, lei che aveva avuto diversi mariti desidera quell’acqua viva che Dio può darle e che non le farà più avere sete in eterno, e infatti chiede di averne. “Finora è passata da uomo a uomo. Ora scopre colui che aveva sempre desiderato senza saperlo. Come diceva Romano il Melodista, spesso la vita sessuale irregolare delle persone – ha osservato padre Radcliffr – è un brancolare dietro la loro sete più profonda, quella di Dio. I nostri peccati, i nostri fallimenti, sono solitamente tentativi sbagliati di trovare ciò che desideriamo di più. Ma il Signore ci aspetta pazientemente presso i nostri pozzi, invitandoci ad avere più sete”. E allora “la formazione a ‘una comunione che irradia’ è imparare ad avere sete e fame sempre più profondamente”, iniziando “con i nostri desideri ordinari”. Ci isoliamo perché restiamo intrappolati nei piccoli desideri, nelle piccole soddisfazioni, ha evidenziato il religioso, e invece “il Signore vuole donarci la pienezza dell’amore”.

L’Aula Paolo VI con i partecipanti al Sinodo

Essere formati all’amore non possessivo

Per padre Radcliffe, formarsi “alla sinodalità significa imparare a diventare persone appassionate, piene di desiderio profondo”, d’altronde, come scriveva il gesuita padre Pedro Arrupe, “niente è più pratico che trovare Dio, cioè innamorarsi in modo assolutamente assoluto e definitivo”, perchè ciò di cui si è innamorati, ciò che cattura la propria immaginazione, “influenzerà tutto”, “deciderà cosa ti farà alzare dal letto la mattina, cosa farai la sera, come trascorri i fine settimana, cosa leggi, chi conosci, cosa ti spezza il cuore e cosa ti stupisce con gioia e gratitudine”. Ma per diventare persone appassionate del Vangelo per una Chiesa sinodale occorre essere formati “all’amore non possessivo”, ha precisato il religioso domenicano, “un amore che non fugge dall’altro né si impossessa di lui; un amore che non sia né offensivo né freddo”.

L’incontro personale con l’altro senza etichette

Quello di Cristo con la samaritana “è un incontro intensamente personale”, ha continuato padre Radcliffe, “Gesù la incontra così come è veramente”, una donna che ha avuto cinque mariti e che ha un nuovo uomo con il quale non ha un legame matrimoniale. “Dovremmo essere formati per incontri profondamente personali con gli altri, in cui trascendono facili etichette”, ha osservato il religioso domenicano, considerando che “tante persone si sentono escluse o emarginate nella nostra Chiesa perché abbiamo applicato loro etichette astratte: divorziati risposati, gay, poligami, rifugiati, africani, gesuiti”, mentre invece bisognerebbe guardare “la loro umanità” e in questo modo scorgere anche il volto di Cristo. “Il fondamento del nostro incontro amorevole ma non possessivo con l’altro è sicuramente il nostro incontro con il Signore – ha concluso padre Radcliffe – ciascuno al proprio posto, con i nostri fallimenti, debolezze e desideri. Egli ci conosce come siamo e ci rende liberi di incontrarci con un amore che libera e non controlla”.