Save the Children ha presentato a Bruxelles la mostra “Out of the Rubble: i terremoti e la distruzione del conflitto attraverso gli occhi dei bambini”, per sottolineare come i più piccoli vivono la loro quotidianità nel Paese martoriato. Gianluca Ranzato, humanitarian manager dell’organizzazione: “I bambini sanno di avere il diritto ad una vita felice, basta ascoltarli per poter intervenire”
Beatrice D’Ascenzi – Città del Vaticano
Gli scatti dei bambini che diventano lenti d’ingrandimento del Paese distrutto. Durante la VII Conferenza Sostenere il futuro della Siria e della Regione a Bruxelles è stata presentata la mostra Out of the Rubble: i terremoti e la distruzione del conflitto attraverso gli occhi dei bambini siriani. Un’esposizione fotografica per raccontare la prospettiva dei piccoli fotografi, attraverso la potenza dei loro scatti. Gianluca Ranzato, humanitarian manager dell’organizzazione, ha raccontato a Vatican News lo scopo del progetto: “La mostra fotografica è un tentativo di dar voce ai bambini perché è fondamentale rendersi conto che il loro sguardo deve guidarci”.
La fotografia come mezzo espressivo
“Se guardiamo le immagini che i bambini ci hanno offerto – spiega Ranzato- la cosa che balza agli occhi è come le immagini delle zone colpite dal terremoto e quelle delle zone non colpite siano così tristemente simili.” Gli scatti dei raccontano di palazzi abbattuti, strade piene di macerie e una generale mancanza di infrastrutture descrivendo un disagio sicuramente acuito dal sisma, ma già presente nella vita dei piccoli fotografi perché, come sottolinea ancora l’humanitarian manager: “Il terremoto è stato un disastro terribile, che ha colpito un paese che sta vivendo 12 anni di guerra e una crisi economica profonda. Questo porta la grandissima maggioranza della popolazione a dipendere da gli umanitari e ad avere delle difficoltà di accesso al cibo, con tutte le conseguenze che questo comporta.”
L’impatto economico dell’terremoto
Attraverso questi scatti I bambini sono stati in grado non solo di raccontare il loro vissuto, ma anche una prospettiva che spesso per la loro giovane età viene marginalizzata, portando alla luce le difficoltà che si presentano a chi vive in un territorio in conflitto, come spiega ancora Ranzato: “Le pratiche che le famiglie mettono in atto per affrontare la mancanza di cibo portano spesso i bambini a confrontarsi con il lavoro minorile, i matrimoni precoci, la tratta. I bambini sanno di avere il diritto ad una vita felice, all’essere protetti e ad un’educazione, basta ascoltarli per avere chiara la bussola per intervenire”.
Essere bambini in Siria
Molti di questi bambini non hanno mai conosciuto un Paese in pace. Una situazione che ha un effetto durissimo sulla loro salute mentale, che Save the Children cerca di tutelare il più possibile: “Pe questi bambini è normale avere 9- 10 anni e non aver visto nient’altro che il conflitto, la distruzione e gli scenari di guerra- racconta ancora Gianluca Ranzato- questo fa ci capire come occorra e focalizzare la nostra attenzione sulla Siria.” Perché il rischio è quello di compromettere il loro futuro, lasciandoli soli a combattere con le ferite dell’anima con cui sono cresciuti, continua Ranzato: “Senza dubbio questi traumi guariscono nell’arco di generazione. Non possiamo pensare che non ci saranno conseguenze sulla una popolazione, che qualcuno in futuro non si troverà a pagare questa mancanza di benessere. Però bisogna dare una luce di speranza – conclude il rappresentante di Save the Children Italia- cercando di guarire questi bambini insieme”.