Fausta Speranza – Antiochia di Oronte
Con Don Remo Chiavarini, amministratore delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi, siamo da ieri in Turchia: 25 persone tra sacerdoti e giornalisti, per ridisegnare percorsi nuovi di pellegrinaggio. C’è il desiderio di rilanciare i percorsi su questa terra che, per lo straordinario valore dello slancio di evangelizzazione di San Paolo, rappresenta una seconda Terra Santa.
Antiochia crocevia di culture
Si parte da Antiochia di Oronte, uno di quei centri urbani che appartiene a quell’arco ideale di civiltà che ha segnato la storia dell’umanità dalla Mesopotamia all’Anatolia, al Levante. Oggi si chiama Atay Antachia. E’ la città in cui, secondo il capitolo 11 degli Atti degli Apostoli, per la prima volta si è usata l’espressione “cristiani”, cioè seguaci di Cristo. Ce lo ricorda Padre Domenico Bertogli, che ci ha accolto nella piccola chiesa intorno alla quale si raccoglie la comunità cattolica che oggi conta circa 100 fedeli su 1100 cristiani.
Luoghi di eccezione
Da visitare c’è la grotta di San Pietro che, anche se non corrisponde davvero al posto dove si riunivano Barnaba, Paolo e Pietro, racconta comunque la storia tramandata nei secoli delle riunioni e delle preghiere degli apostoli con le comunità sorte dalla predicazione ai gentili, a quelli che senza essere ebrei volevano abbracciare il credo di Gesù. Sembrava a qualcuno difficile poterli ammettere e ci fu un confronto serio, fino alla apertura incoraggiata proprio dall’apostolo delle genti, Paolo. Barnaba aveva richiamato Paolo da Tarso proprio per seguire gli sviluppi. Il resto è storia degli Atti degli Apostoli, a cominciare dai tre straordinari viaggi di San Paolo che partirono dalla seconda delle località da non mancare: il porto di Seleucia di Pieria. Merita una visita anche il museo della città che conserva una ricca collezione di mosaici provenienti da ville romane. In questo caso il richiamo non è alla fede ma a un momento di quel bagaglio storico e culturale che questa terra conserva. E’ storia di ittiti, persiani, macedoni, regni ellenistici, prima di arrivare ai romani e alle loro ville, e che prosegue con i Bizantini, i crociati, le Repubbliche marinare di Venezia e di Genova, le ondate migratorie che hanno portato i Selgiuchidi, i mongoli, e poi la dominazione degli Ottomani. Storie di guerre ma anche di compenetrazioni di civiltà. Fino alle vicende di circa 100 anni fa, della prima guerra mondiale, quando su queste stesse terre, l’Anatolia e la Tracia orientale, teatro di occupazioni e persecuzioni, sono stati cancellati gli ultimi segni più evidenti di presenze cristiane.
Tra le pietre vive
Non si può dire che sia rimasto molto delle pietre che hanno ospitato altri nomi illustri di Antiochia, come san Luca o San Giovanni Crisostomo che ne erano originari. Ma ci sono le pietre vive di cui ci parla Padre Bertogli, raccontandoci che qui si vive la liturgia delle fede proprio come accadeva ai primi cristiani, in una casa-chiesa. Si tratta, infatti, di un’abitazione di stampo tradizionale dove una stanza divenuta cappella è stata arricchita di dipinti, tra i quali spicca la cartina della parabola geografica percorsa da Paolo. Non è solo questione di spazi. Padre Bertogli ci spiega la lunga avventura che ha portato alla possibilità di preservare la chiesa: non è stato facile – spiega – ottenere i titoli di proprietà. Dopo anni di richieste, l’obiettivo è stato raggiunto nel 2006. Si tratta di vicende che ci proiettano in una realtà di minoranza, che vive tutte le difficoltà del caso ma anche tanta grazia. Padre Bergogli con semplicità ci parla dei 26 battesimi che ha celebrato per persone provenienti da famiglie non cattoliche in 35 anni di presenza ad Antiochia. Le sue parole si fanno Comunione viva e la sua testimonianza trasforma quello che potrebbe sembrare un viaggio in un pellegrinaggio: la dimensione storica-aricheologica, infatti, è solo l’ausilio per ritrovare la dimensione spirituale e l’incontro con questi luoghi non è più solo una visita, ma un’esperienza di fede.