Nutrire la speranza. Heal, accanto ai piccoli malati oncologici

Vatican News

Paolo Ondarza – Città del Vaticano

“Con gentilezza e coraggio”. Le attitudini apprese dalle dure e sofferte vicende della vita quotidiana dei bambini malati di tumore animano l’attività della Fondazione Heal che si occupa di finanziare la ricerca in campo neuro-oncologico pediatrico, supportando il lavoro quotidiano di equipe medico scientifiche altamente specializzate. Si tratta di un progetto a favore della ricerca e della cura dei tumori del sistema nervoso centrale che, sebbene rari, sono tra i più diffusi in età pediatrica.

A tutto campo l’impegno nelle attività di sensibilizzazione a cui si può contribuire attraverso la donazione del 5xmille o tramite l’acquisto on line sul sito shop.progettoheal.com di dolci tradizionali in occasione di Pasqua e Natale o di bomboniere solidali. Per venire incontro alle necessità concrete delle famiglie di piccoli pazienti oncologici inoltre la Fondazione Heal ha attivato il servizio di Taxi Solidale.

Ascolta l’intervista a Simone De Biase, fondatore di Heal

“Oggi – spiega a Vatican News Simone De Biase, fondatore di Heal – abbiamo otto taxi solidali: due nella provincia di Frosinone, uno si trova nella provincia di Latina e gli altri sono tutti su Roma e trasportano i pazienti che soggiornano durante le terapie nelle svariate Case Famiglia che sono nate attorno agli ospedali principali che sono il Gemelli e l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù”.

Come nasce la Fondazione Heal?

Nasce da un’esperienza vissuta in prima persona. Io e mia moglie abbiamo scelto di dedicarci a questa causa dopo aver perso una battaglia contro questo brutto male. Nostra figlia ha lottato per due anni contro una rarissima forma tumorale: aveva tre anni quando ha avuto l’esordio della malattia ed è venuta a mancare all’età di 5 anni. Abbiamo deciso di dare un senso a ciò che un senso non ha, mettendoci al servizio dell’unica cosa sensata: il lavoro dei ricercatori.

Nel segno della gentilezza e del coraggio. Che significato hanno queste parole?

La gentilezza è l’approccio che tutti i bambini hanno di fronte alla vita. Il coraggio ce lo mettono inconsapevolmente, perché i genitori custodiscono segretamente la gravità della situazione. Quindi la gentilezza dei bambini e il coraggio della vita dei genitori li abbiamo uniti in questa frase che secondo noi è il modo più giusto per affrontare questi non sensi della vita.

La Fondazione dunque nasce da una vicenda che vi ha coinvolti, sarebbe meglio dire travolti in prima persona. Parliamo di tumori rari, ma tra i più diffusi in età pediatrica…

Diciamo che tutti i tumori cerebrali pediatrici rappresentano patologie rare. Consideri che ogni anno si ammalano circa 400 – 450 bambini in Italia. All’interno di questi 450 bambini, ci sono chiaramente tumori più frequenti e tumori assai più rari. La patologia che ha colpito nostra figlia era una patologia che colpiva un bambino ogni 3 milioni: non era proprio conosciuta.  Non c’era un protocollo chemioterapico. Quando si ammala un bambino, si ammala tutta la famiglia e quando un genitore apprende dai medici che quella patologia è talmente sconosciuta che non esiste un protocollo di cura, viene a mancare ciò che non dovrebbe mai mancare: la speranza.  È l’atto più crudele che la vita possa riservare ad un genitore. Ciò su cui abbiamo deciso di investire è la ricerca. Investire sulla ricerca, sul sapere, significa investire sull’unico vero potere che abbiamo nei riguardi di queste malattie e coltivare una speranza che non è un’attesa passiva, ma un motore.

Un impegno fattivo…

Sì, perché i ricercatori sanno cosa devono cercare, hanno la speranza di trovare e quella speranza è una fiamma che nutre la loro sete di ricerca. Nutrire quella fiamma è il gesto più lungimirante che si possa fare.  I ricercatori sono degli esploratori: è come se illuminassero delle grotte ancora inesplorate attraverso la fiamma del sapere.

Un dolore la perdita di vostra figlia che, proprio perché incancellabile, è diventato per voi un motore per impegnarsi a fianco di chi, come voi, è toccato da questa prova terribile…

L’esperienza della malattia che affligge il proprio figlio non rende di certo delle persone più forti, soprattutto poi quando questa battaglia viene persa, ma rende più consapevoli. Si capisce quanto possano essere scomode le scarpe di chi vive quella condizione. Si può curare una malattia, ma ci si può anche prendere cura del malato che è un’altra cosa. Significa capire quanto possa essere scomodo per una famiglia spostarsi in un centro di cura, vivere per mesi lontano dal proprio paese, dai propri cari, nel dramma di dover combattere contro un demone che non si conosce. Quindi abbiamo deciso non solo di sostenere la ricerca, ma anche di metterci al servizio delle famiglie.

Il Taxi Solidale è nato così?

Sì. Roma è un centro nel quale arrivano famiglie da svariate regioni dell’Italia. Si ritrovano in una città tentacolare, non a misura d’uomo,  caotica… Taxi Solidale non significa soltanto effettuare un trasporto. La famiglia sa di poter contare su una figura che ha un nome, è una figura amica, cara che può anche alleggerirti il trasporto perché si crea una certa confidenza con il bambino e con la famiglia stessa. Ricordo una signora di Sassari che si trovava a Roma da tanto tempo, era vedova e doveva occuparsi delle cure di una bambina affetta da un tumore inesorabile. Dopo la perdita della bambina noi abbiamo continuato ad aiutare la famiglia venendo incontro anche ad altre esigenze. Questa signora ci ha ricontattati a distanza di tempo e ci ha detto: “vi ringrazio perché ricordo felicemente quei giorni in cui voi accompagnavate me e mia figlia a fare terapia”. È strano come possa essere felice il ricordo di una malattia, però un senso questa cosa ce l’ha perchè sarebbe stato veramente difficile per quella famiglia affrontare quella quotidianità senza una figura amica.