Andrea De Angelis – Città del Vaticano
I riflettori questa volta sono puntati sulla capitale egiziana. Al Cairo, infatti, prenderanno il via venerdì 5 febbraio i colloqui inter-palestinesi per la riconciliazione tra Hamas e Fatah, i due movimenti palestinesi che hanno raggiunto un accordo a Istanbul il mese scorso, con un’intesa che di fatto ha aperto le porte al voto. In Egitto è attesa la conferma di quanto annunciato a gennaio, che porterebbe la società palestine alle urne ad oltre 15 anni di distanza dalle ultime elezioni tenutesi nel 2006. In un contesto caratterizzato anche dalla pandemia di Covid-19, con chiusure e restrizioni aumentate nelle ultime settimane.
L’intesa di inizio anno
Fatah e Hamas hanno raggiunto un accordo sulla riconciliazione nazionale e lo svolgimento di prossime elezioni ad inizio anno. Lo scorso 2 gennaio una nota della presidenza dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) di Abu Mazen ha infatti reso noto l’accordo di riconciliazione nazionale e per lo svolgimento di prossime elezioni nazionali raggiunto da Fatah ed Hamas. Nella nota si fa riferimento ad una lettera inviata ad Abu Mazen dal capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, riguardo “la fine della divisioni tra le due organizzazioni, la costruzione della partnership ed il raggiungimento dell’unità nazionale attraverso elezioni democratiche, legislative, presidenziali e del Consiglio nazionale”. In quell’occasione, lo stesso Abu Mazen ringraziava l’Egitto “per aver sponsorizzato i colloqui di riconciliazione inter-palestinesi”. Colloqui che ora vivranno un nuovo, importante capitolo nelle prossime ore.
Incontro decisivo
“Questo è il passaggio decisivo per capire se queste elezioni convocate da Abu Mazen ci saranno oppure no”. Lo afferma nell’intervista a Vatican News il giornalista Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente. “Certo oggi c’è un clima intorno che spinge per arrivare ad una soluzione positiva, soprattutto a partire – aggiunge – dall’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca. Dovrebbe cambiare radicalmente l’atteggiamento statunitense verso il Medio Oriente rispetto all’amministrazione Trump”. Le elezioni sarebbero dunque un passaggio cruciale. “Avere una leadership palestinese legittimata da una tornata elettorale sarebbe molto importante, nella prospettiva di un ritorno – prosegue Bernardelli – all’ipotesi dei due Stati”.
Le difficoltà
“Un conto è parlare degli auspici e del clima favorevole, altro però sono le questioni che restano sul tavolo tra Fatah ed Hamas e più in generale nel complesso scacchiere palestinese. Uno dei nodi delle presidenziali, che dovrebbero tenersi a luglio, è – spiega il giornalista – se sarà consentito partecipare a Mohammad Dahlan, rivale storico di Abu Mazen che oggi si trova in esilio negli Emirati Arabi Uniti. Questa sarà una cartina di tornasole importante per capire quanto questo percorso sarà fattibile e realmente rappresentativo delle anime all’interno della società palestinese”.
Un processo complesso
“Saranno elezioni – prevede Bernardelli – che se si svolgeranno dovranno essere garantite internazionalmente. Non a caso questi colloqui si tengono in Egitto su iniziativa egiziana, ed è molto probabile che saranno coinvolti altri Paesi. Si è parlato anche di osservatori dell’Unione Europea”. Di cosa si discuterà, dunque, nei colloqui che inizieranno lunedì 8 febbraio? “Si parlerà dei candidati, così come della capacità di garantire che il voto sia espressione della società civile. Tutto questo tenendo conto che spesso si tende a riassumere tutto su Fatah ed Hamas, ma sono due sigle che hanno in parte fatto il loro tempo. C’è tutto un mondo, specialmente tra i giovani che – conclude – non si riconosce più in queste grandi fazioni storiche. Anche per questo il processo è complesso”.