Andrea De Angelis – Città del Vaticano
La più grande crisi umanitaria del XXI secolo, la guerra che uccide ogni giorno oltre cento persone. Sono 377mila, stando al rapporto dell’Onu pubblicato lo scorso novembre, le vittime del conflitto in Yemen dal 2015 ad oggi. Il 60% delle vittime è stato causato dagli effetti indiretti della guerra, come la scarsità di acqua e cibo, le malattie, mentre sono circa 150mila ad aver perso la vita negli scontri armati o nei raid aerei. Come in passato, a patire maggiormente gli effetti della guerra sono i bambini.
I numeri
“In Yemen nel 2021 ogni 9 minuti è morto un bambino di meno di 5 anni”, denuncia il rapporto dell’agenzia per lo sviluppo dell’Onu -Undp – presentato a novembre dello scorso anno. La coalizione saudita è intervenuta nel conflitto interno nel 2015, dopo l’attacco alla capitale Sana’a da parte dei ribelli sciiti Huthi sostenuti dall’Iran. Il conflitto, prosegue il rapporto, ha inferto un altro colpo gravissimo al Paese, tra i più poveri della regione, riportandolo a un tasso di sviluppo di oltre vent’anni fa. Lo Yemen era stato già travolto dal 2004 da una guerra intestina tra governo centrale e insurrezione Houthi. Dal 2011 è stato poi segnato da proteste popolari anti-governative, sfociate nell’attuale conflitto interno e regionale che ha avuto inizio sette anni fa, nel marzo 2015. Per l’agenzia dell’Onu, in Yemen oggi “l’accesso alle cure sanitarie è limitato o inesistente” e “l’economia è sull’orlo del collasso”. Al numero incredibile di vittime e feriti si aggiunge quello degli sfollati, misurabile a sei zeri.
L’unica Repubblica della Penisola Arabica
Tra i membri fondatori della Lega Araba ed ammesso alle Nazioni Uniti dal lontano 1947, lo Yemen è l’Unico Paese della Penisola Arabica ad essere una Repubblica. Più precisamente una Repubblica presidenziale, con una legislatura bicamerale dove, secondo quanto previsto dalla Costituzione del 1991, oltre al presidente possono essere eletti all’Assemblea 301 posti di rappresentanti e 111 membri del Consiglio della Shura. Il Presidente è il Capo dello Stato, ed il Primo ministro è il Capo del Governo. Lo Yemen è però il più povero tra gli Stati della Penisola Arabica e il 2020, l’anno del trentennale della riunificazione, ha visto anche un altro triste, terribile anniversario: il quinto anno dall’inizio del conflitto che ha messo in ginocchio il Paese.
Gli appelli del Papa
Nel corso di questi sette anni più volte Papa Francesco ha chiesto che si ponesse fine al conflitto. Lo scorso 27 febbraio, dopo l’Angelus, ha ricordato le guerre dimenticate, ribadendo che “chi fa guerra dimentica l’umanità”. Per gli anziani, i più piccoli, le persone in cerca di rifugio “è urgente – ha insistito Francesco – aprire corridoi umanitari”, sono fratelli e sorelle “che vanno accolti. E di nuovo la voce che spazia e si commuove sul mondo delle guerre “a pezzi”:
Con il cuore straziato per quanto accade in Ucraina – e non dimentichiamo le guerre in altre parti del mondo, come nello Yemen, in Siria, in Etiopia… –, ripeto: tacciano le armi! Dio sta con gli operatori di pace, non con chi usa la violenza.
Ancora lo scorso primo gennaio il pensiero del Papa è andato ai conflitti troppo spesso dimenticati. Nel mondo lacerato da guerre e violenze, occorre “rimboccarsi le maniche per costruire la pace”. In occasione della Giornata mondiale della pace, Francesco, al primo Angelus del nuovo anno, ha rivolto il suo pensiero e le sue parole alle vittime innocenti dei conflitti, “alle giovani madri e ai loro bambini in fuga da guerre e carestie o in attesa nei campi per i rifugiati”, lanciando un appello ad andare a casa pensando alla pace e al perdono che “spegne il fuoco dell’odio”. Un’attenzione particolare Francesco l’ha rivolta nel tempo agli yemeniti più giovani, cresciuti in un contesto drammatico.