Isabella Piro – Città del Vaticano
Un progetto pioneristico quello avviato dalla diocesi di Yola, in Nigeria: la costruzione di case destinate ad accogliere le vittime di Boko Haram che da oltre cinque anni vivono in campi-profughi. Le nuove abitazioni, spiega il vescovo locale, monsignor Stephen Dami Mamza, saranno abitabili dalla prima settimana di marzo, permettendo così una vita più sostenibile agli sfollati interni che sono fuggiti dalle loro case a causa delle violenze perpetrate dai gruppi jihadisti.
L’impegno della diocesi di Yola
“Dopo più di cinque anni nei campi, la gente è stanca e vuole cominciare una nuova vita”, sottolinea il presule, evidenziando anche che, a causa della pandemia da Covid-19, si è verificato un calo delle donazioni esterne, il che rende ancora più difficile il sostentamento degli sfollati. Da ricordare sin dal 2014, prima ancora di allestire il campo-profughi, la diocesi di Yola ha accolto le vittime di Boko Haram nella Cattedrale di Santa Teresa, nei Centri per la pastorale e la catechesi e in alcune scuole cattoliche.
Le condizioni degli sfollati
Tra il 2015 e il 2016, poi, dopo che l’esercito regolare ha ripreso il controllo di alcune zone invase da Boko Haram, molti sfollati sono potuti rientrare nei loro villaggi. Ma tantissimi altri non sono riusciti a tornare a casa, dato il livello ancora elevato di insicurezza nella regione, in particolare nella zona circostante la foresta di Sambisa. “Attualmente – afferma monsignor Dami Mamza – circa 86 famiglie vivono ancora nelle tende allestite dalla diocesi”, in spazi ristretti e con poca possibilità di privacy. Per alleviare le loro difficoltà, dunque, due anni fa si è cominciato a pensare ad un progetto abitativo più sostenibile: “I finanziamenti principali ci sono arrivati tramite ‘Missio Germania’ – spiega il presule – ma anche il governatore locale ha dato il suo contributo, donandoci un terreno di dieci ettari sui cui costruire le abitazioni”.
Il progetto
Oggi, il progetto conta 43 appartamenti, divisi in due abitazioni ciascuno, così da poter accogliere tutte le 86 famiglie sfollate. Ogni casa prevede una stanza da letto, un soggiorno, una cucina e un bagno. Ma resta ancora diverso spazio libero che può essere sia edificato con altre abitazioni, sia coltivato dalle famiglie interessate all’agricoltura, perché il terreno è ampio e fertile. Sempre con il sostegno di “Missio Germania”, la diocesi di Yola ha costruito anche una scuola primaria destinata ai minori sfollati ed ai bambini dei villaggi circostanti. Il complesso residenziale prevede, nel prossimo futuro, la costruzione di una piccola Chiesa e di una moschea, così da andare incontro ai bisogni spirituali degli sfollati e favorire il dialogo interreligioso.