Michele Raviart – Città del Vaticano
Aumenta di ora in ora il bilancio delle vittime del naufragio di ieri notte nel Mediterraneo tra la costa siriana e quella libanese. 81 persone, in maggioranza donne e bambini, sono state trovate senza vita in mare dopo che una piccola imbarcazione, che si presume trasportasse almeno 150 persone, si è rovesciata in mare all’altezza della città di Tartus. Venti, invece, le persone tratte in salvo in quello che rimane il più grande incidente legato alle migrazioni in mare degli ultimi anni in Libano.
Un Paese in crisi
La nave è partita dalla città libanese di Tripoli, a nord, una delle aree più povere del Paese, che dal 2019 vive una profonda crisi economica, sociale e politica. Negli ultimi anni le partenze si sono intensificate, principalmente verso Cipro, il Paese dell’Unione Europea più vicino che dista 175 chilometri dalle coste libanesi.
A partire libanesi e rifugiati siriani
A migrare sono principalmente libanesi e siriani. I primi provengono principalmente dal Libano del nord, con Tripoli che è diventata sempre di più uno dei porti principali per le migrazioni. Una famiglia ancora dispersa, ha riferito un testimone, proveniva dalla regione di Akkar ed era partita due giorni prima perché non aveva più denaro per le spese quotidiane e per l’iscrizione dei figli a scuola. Con la crisi è poi ulteriormente peggiorata la situazione dei siriani, ma anche dei palestinesi, che si trovano nei campi profughi e cercano di fuggire in Europa attraverso il Mediterraneo.
Una quarantine la navi partite in due anni
Lo scorso aprile un’imbarcazione sovraccarica si era rovesciata causando decine di morti. Il 13 settembre sei persone tra cui due bambini erano stati trovati dalla guardia costiera turca, che aveva soccorso 73 persone. Per l’Onu dal marzo del 2020 le imbarcazioni che hanno lasciato i cercato di lasciare il Libano sono state almeno 38 e hanno trasportato più di mille e cinquecento persone.