Antonella Palermo – Città del Vaticano
Ad accogliere Papa Francesco nella chiesa del Sacro Cuore dei Primi Popoli, oltre al parroco padre Susai Jesu, OMI, ci sono due parrocchiani Candida Shepherd e Bill Perdue. Lei è membro della Sacred Heart Church of the First Peoples dalla metà degli anni ‘90. Dice di essere “orgogliosa” di appartenere alla Métis Nation di Alberta. “Sarò sempre grata per il modo in cui la nostra comunità mette in relazione la spiritualità dei nostri antenati indigeni e il nostro profondo rapporto con il creatore, al mio cammino di cattolica”, sono state le sue parole. Bill Perdue è il Presidente del Comitato finanziario della parrocchia. Cresciuto in questo quartiere, battezzato nel 1963 in questa parrocchia, da allora ha sempre pregato qui. Anch’egli parla di orgoglio, lui che è di origine meticcia, di vivere la fede cattolica in una parrocchia che riconosce e onora gli antenati indigeni e irlandesi.
Un mosaico di etnie
La chiesa del Sacred Heart è nata come una parrocchia di immigrati confluiti in Canada. Costruita nel 1913 sul territorio del Trattato 6, vi arrivarono italiani, portoghesi, spagnoli, croati e, più recentemente, eritrei. Attraverso la guida di Padre Gary Laboucane, sacerdote oblato indigeno, iniziò a esprimere le tradizioni indigene nel culto cattolico. E’ stata designata come Parrocchia Indigena Nazionale del Canada nel 1991. Oggi, la chiesa del Sacro Cuore dei Primi Popoli è una comunità assai composita dal punto di vista etnico e comprende le numerose Prime Nazioni canadesi, i Meticci, gli Inuit e i cattolici eritrei, così come i residenti del quartiere McCauley di Edmonton. “Essendo stati designati come Parrocchia indigena, diamo il benvenuto a tutti i popoli poiché facciamo tutti parte dell’unico cerchio della vita”. I due parrocchiani testimoniano di quella che definiscono “resilienza” della loro parrocchia che è rinata dopo due incendi devastanti. “La nostra parrocchia vive la sua fede cristiana, la sua vita liturgica e il suo servizio onorando l’intero cerchio della vita”, precisano. “Cristo è il centro del sacro cerchio della vita, che riconosciamo negli insegnamenti della ruota di medicina dei popoli indigeni”.
Il servizio ai poveri
La cura dei poveri e dei bisognosi è un valore fondamentale di questa comunità. Vengono assistite persone senza fissa dimora e indigenti. Sotto questo profilo si tratta della parrocchia più attiva dell’arcidiocesi di Edmonton. “Ogni giorno rispondiamo ai bisogni immediati di centinaia di persone che vengono alla nostra porta in cerca di un pranzo, vestiti, un cesto alimentare di emergenza o semplicemente incoraggiamento e preghiera”. Attraverso queste due testimonianze, si apprende di una rete con altre parrocchie e organizzazioni che rafforzano i legami comunitari. Vengono citate e ringraziate la parrocchia di St. Albert e St. Thomas More, l’Esercito della Salvezza, l’Arcidiocesi di Edmonton di CWL i Cavalieri di Colombo. “Siamo poveri nelle finanze e ricchi nella fede cattolica e nella pratica della misericordia”, dicono. Accennano al servizio Wakes, consulenza sul dolore e preghiera di liberazione.
La presenza del Papa è aiuto per liberare i traumi
Si leva da queste voci il ringraziamento al Papa per averli ascoltati. “La Sua presenza oggi ci dà la possibilità di confrontarci, capire, liberare e trascendere il nostro trauma. Al Sacred Heart, riconosciamo che la nostra chiesa restaurata di recente servirà come luogo di ristoro e riconciliazione tra gli indigeni di questa terra e tutti coloro che avranno scelto di venire qui ora e in futuro”, è l’impegno. Il termine “RiconciliAZIONE” dà conto dell’opera portata avanti nella parrocchia in cui convergono i risultati della Commissione per la Verità e la Riconciliazione del Canada e l’azione. “Crediamo con assoluta convinzione che ogni bambino sia importante. E che ogni donna e ogni ragazza siano sacre”, viene ribadito. “La presenza del nostro Santo Padre qui oggi, in quanto Egli stesso ha difeso i diritti universali dei bambini e celebrato l’importanza della famiglia, è un riconoscimento della nostra convinzione che ogni bambino ha il diritto di avere genitori e nonni nella propria vita, il diritto di celebrare la loro cultura, indigena o non, e che ogni bambino ha diritto alla propria voce”, sono ancora le parole di Candida e Bill.
Costruire una comunità inclusiva
Viene messo in risalto quanto la specificità di questo luogo sia l’essere inclusivo per i sopravvissuti al trauma della scuola residenziale. La promessa che oggi, alla presenza di Papa Francesco, viene ribadita è che qui si continueranno a preservare e rivitalizzare le lingue, le arti e la musica indigene, “instillando orgoglio nelle nostre generazioni future”, nel rispetto degli Anziani, dei custodi delle tradizioni che mantengono in connessione le genti con la Madre Terra.