Stefano Leszczynski – Città del Vaticano
Domenica scorsa, vigilia della odierna Giornata internazionale, Francesco all’Angelus ha voluto ricordare proprio quanti soffrono a motivo della fede, ma continuano a pregare e ad amare. Un’apprensione, quella del Papa, che non può non ricordarci quanto avviene in varie parti del mondo in questi giorni dove la Chiesa viene messa a dura prova: solo ieri in Nigeria quattro suore cattoliche sono state rapite mentre si recavano a Messa, mentre in Nicaragua venerdì scorso è stato arrestato il vescovo della diocesi di Matagalpa.
Un fenomeno in crescita
La Giornata che commemora le vittime di violenza a motivo della religione o del credo, istituita dall’ONU nel 2019, ci spinge a riflettere su un fenomeno in crescita e a cercare delle soluzioni. Rocco D’Ambrosio, docente di Etica politica presso l’Università Gregoriana di Roma: la situazione attuale spinge tutte le comunità religiose a chiedersi che tipo di attività stiano conducendo in favore del dialogo e della fratellanza.
Tutte le religioni ripudiano la violenza
“Chiunque uccida in nome di Dio non crede in Dio”, il professor D’Ambrosio ricorda quanto detto da San Giovanni Paolo II in occasione del suo viaggio apostolico in Irlanda e più volte ribadito anche da Papa Francesco. Un’affermazione che toglie ogni giustificazione alle violenze tra comunità religiose e le riporta nel campo del mero desiderio di sopraffazione. Uno dei principi cardine per mettere un argine alle violenze contro la religione spiega D’Ambrosio, è il rendersi conto che l’altra persona è sempre una ricchezza anche in termini religiosi in una crescita di fratellanza che – come ci insegna Papa Francesco nella Fratelli Tutti – è la prospettiva di pace più concreta, più realistica.
Anche la politica può odiare la religione
La libertà di religione, come quella di associazione, d’espressione e di manifestazione della propria fede rientrano nell’alveo più ampio dei diritti umani fondamentali. Purtroppo sottolinea Rocco D’Ambrosio il dettato della Dichiarazione Universale del ’48 resta sulla carta perché molti poteri politici sono legati a comunità religiose in un’alleanza giustificata solo dalla conquista del potere e quindi destinata alla sopraffazione dell’altro. Qui è importante che siano i leader religiosi a chiedersi se i messaggi che stanno trasmettendo siano di educazione al rispetto della dignità e della libertà di ogni persona oppure di istigazione alla violenza mascherandola con la religione.