Fausta Speranza – Città del Vaticano
Il 9 agosto 1942 veniva uccisa ad Auschwitz Edith Stein, filosofa in Germania, divenuta monaca dell’Ordine delle Carmelitane Scalze con il nome di Teresa Benedetta della Croce. Era nata nella città polacca di Breslavia il 12 ottobre 1891 da una famiglia ebraica.
Una donna di pensiero che si distingue
Laureatasi all’Università di Breslavia, sceglie di continuare il percorso accademico in Germania, prima a Gottinga e poi a Friburgo. Si distingue nonostante che a quel tempo fosse insolito confrontarsi con una filosofa donna e nonostante gli impedimenti della prima guerra mondiale. Divenuta membro della Facoltà a Friburgo si dedica anche all’attività politico-sociale, impegnandosi nel Partito Democratico Tedesco (DDP) a favore del diritto di voto alle donne e al ruolo nella società della donna che lavora. Intorno al 1921 abbandona l’ateismo e si converte. Battezzata il primo gennaio 1922 a Bad Bergzabern, va ad insegnare presso due scuole domenicane per ragazze a Spira e si avvicina alla vita di clausura.
La disumanità del nazismo
Nel 1931 diventa lettrice all’Istituto di pedagogia scientifica a Munster ma per via delle leggi razziali deve dimettersi due anni dopo. Il 12 aprile 1933, alcune settimane dopo l’insediamento di Hitler al cancellierato, Edith Stein scrive a Roma per chiedere a Papa Pio XI e al suo segretario di Stato cardinale Pacelli, già nunzio apostolico in Germania e futuro Papa Pio XII di denunciare le persecuzioni contro gli ebrei. Realizzando un desiderio che da tempo portava nel cuore, Edith Stein entra nel monastero carmelitano a Colonia nel 1934. Per proteggerla dalla minaccia nazista, il suo Ordine la trasferisce al convento carmelitano di Echt nei Paesi Bassi. Il 20 luglio 1942 in tutte le chiese del Paese viene letta la lettera della conferenza dei vescovi olandesi contro il razzismo nazista. Il 26 luglio Adolf Hitler ordina l’arresto di tutti gli ebrei anche convertiti al cristianesimo, che fino a quel momento erano stati risparmiati. Edith e sua sorella Rosa, anche lei convertita e dedicata alla vita del Carmelo vengono catturate e internate nel campo di transito di Westerbork prima di essere trasportate al campo di concentramento di Auschwitz, dove verranno uccise nelle camere a gas il 9 agosto 1942. I corpi di entrambe verranno poi bruciati nei forni crematori del campo.
Figlia d’Israele, martire per fede
“Una figlia d’Israele, che durante le persecuzioni dei nazisti è rimasta unita con fede ed amore al Signore Crocifisso, Gesù Cristo quale cattolica ed al suo popolo quale ebrea”. Sono parole di Giovanni Paolo II, in occasione della beatificazione di Edith Stein nel Duomo di Colonia il primo maggio del 1987, seguita dalla canonizzazione l’11 ottobre 1998 in Piazza San Pietro. Santa in virtù della dichiarazione del martirio per la fede, con l’affermazione che la persecuzione subita nel campo di sterminio è stata patita per la sua testimonianza della fede. Più volte Papa Francesco l’ha indicata come esempio di vita contro “ogni forma di intolleranza e perversione ideologica”.
Compatrona d’Europa
Il primo ottobre 1999 Giovanni Paolo II la nomina anche “compatrona” d’Europa, assieme alle sante Caterina da Siena e Brigida di Svezia, ricordando che “non solo trascorse la propria esistenza in diversi paesi d’Europa, ma con tutta la sua vita di pensatrice, di mistica, di martire, gettò come un ponte tra le sue radici ebraiche e l’adesione a Cristo, muovendosi con sicuro intuito nel dialogo col pensiero filosofico contemporaneo e, infine, gridando col martirio le ragioni di Dio e dell’uomo nell’immane vergogna della shoah”. E sottolineando: “Ella è divenuta così l’espressione di un pellegrinaggio umano, culturale e religioso, che incarna il nucleo profondo della tragedia e delle speranze del continente europeo”.A riflettere sul contesto storico in cui è vissuta Edith Stein e sul potente messaggio che lascia a 80 anni dalla morte, è Eugenio Capozzi, professore ordinario di Storia contemporanea presso l’Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa:
A proposito del contesto storico in cui è maturata l’esperienza di Edith Stein, Capozzi parla di un’Europa dei primi decenni del Novecento che viveva una profonda crisi della cultura scientifica di origine positivistica e registrava la rinascita di varie forme di spiritualismo, con una rivalutazione dell’esperienza religiosa.
Crisi epistemologica e crisi della cultura democratica
Lo storico mette in luce la disgregazione della cultura liberal democratica e l’avanzare delle dittature e del totalitarismo. Ricorda che la conversione della Stein matura in un ambiente filosofico animato da preoccupazioni in relazione al patrimonio della conoscenza scientifica europea – suoi maestri sono stati Husserl e Scheler – che si avvertiva in crisi. In quegli anni, quella conversione non è un fatto isolato: molti intellettuali di formazione laica si convertono al cattolicesimo, al cristianesimo. Capozzi fa l’esempio di Giovanni Papini, scrittore, poeta, saggista e terziario francescano; dello scrittore britannico G.K. Chesterton; di Thomas S. Eliot, poeta, saggista, critico letterario e drammaturgo premiato con il Nobel per la letteratura, che si fa battezzare con rito anglicano nel 1927. E poi Capozzi cita Clive Staples Lewis che in età adulta, grazie anche all’influenza dell’amico e collega Tolkien, ritrova la fede abbandonata nell’adolescenza. Lewis – afferma Capozzi – sicuramente porta in dote alla rinascita religiosa di quei decenni la sua profonda riflessione. Una riflessione che parte proprio dalla filosofia della scienza, che affronta la questione della crisi della conoscenza, della necessità di integrare la cultura liberale e democratica europea con quelli che Capozzi definisce elementi di sutura spirituale della comunità.
Antisemitismo e anticristianesimo
Con il pensiero allo sterminio nazista di cui sono state vittime anche Edith e Rosa Stein, Capozzi afferma che si deve riflettere, tra l’altro, anche sul fatto che l’antisemitismo nazista e in generale l’antisemitismo dei regimi totalitari del Novecento è strettamente legato a un profondo anticristianesimo. Ricorda che la Stein è vittima di un giro di vite della persecuzione antisemita da parte dei nazisti che si applicava anche agli ebrei convertiti al cattolicesimo, anche per le forme di resistenza al nazismo che la chiesa cattolica esprimeva, in particolare quella olandese nella vicenda Stein. Ma Capozzi sottolinea che, al di là di questo, bisogna comprendere quanto il nazismo e i totalitarismi fossero incompatibili con il messaggio cristiano. Secondo lo storico Capozzi, si può dire che, se il nazismo avesse vinto, la persecuzione avrebbe colpito presto anche i cristiani. Probabilmente – dice – sarebbe arrivata a livelli paragonabili a quella attuata nei confronti degli ebrei. Capozzi cita un episodio narrato nell’autobiografia di Papa Benedetto XVI, e cioè il racconto di quando il diciassettenne seminarista Joseph Ratzinger viene chiamato alle armi come riservista e un ufficiale dell’esercito tedesco gli domanda che lavoro volesse fare. Una domanda retorica visto che il seminarista evidentemente vuole fare il sacerdote. Il giovane risponde di voler intraprendere il sacerdozio e l’ufficiale risponde: “Non avremo bisogno di sacerdoti nella nuova Germania”. Un episodio che – sottolinea Capozzi – aiuta a chiarire come l’ideologia nazista è fondamentalmente un’ideologia incompatibile con tutte le forme di valorizzazione profonda dell’umanesimo, che ha radici ebraico-cristiane. Secondo Capozzi quando il filosofo Benedetto Croce ripeteva “non possiamo non dirci cristiani” sottolineava così in particolare che la base della formazione per la filosofia politica, per la filosofia del diritto è cristiana. E questo – afferma Capozzi – rappresentava, e rappresenta, un argine solido contro la degenerazione disumana di ideologie e regimi totalitari.