L’arcivescovo di Tangeri: “Il confronto di Marsiglia ci stimola a crescere”

Vatican News

Ancora scosso dal terremoto che ha devastato il Marocco, mosnignor Emilio Rocha Grande ha condiviso il suo dolore con tutti i presuli riuniti nella città francese per la terza edizione degli “Incontri del Mediterraneo”: in sintonia con quello che ci ha detto Papa Francesco, ci siamo confrontati con i giovani e gli altri leader religiosi per cercare pace e fraternità

Federico Piana – inviato a Marsiglia

Il dolore del Marocco messo in ginocchio dal terremoto che nel settembre scorso ha provocato migliaia di morti è approdato anche a Marsiglia. Il portavoce della disperazione, ma anche della speranza della rinascita, è stato monsignor Emilio Rocha Grande, arcivescovo di Tangeri, che ha voluto condividere i suoi sentimenti con tutti gli altri vescovi dei Paesi del Mare Nostrum riuniti nella città francese per partecipare alla terza edizione degli ‘Incontri del Mediterraneo’. “I morti accertati finora sono stati più di tremila e la Chiesa si è unita al governo per aiutare come è possibile”, ha detto il presule che ha voluto ricordare come “la solidarietà internazionale non sta certamente mancando. E’ quella che ha permesso alla situazione di migliorare almeno un po’”.

Ascolta l’intervista a monsignor Emilio Rocha Grande

Promuovere la pace

L’arcivescovo di Tangeri condivide con tutto il cuore l’incitamento ad accogliere e sostenere i migranti che Papa Francesco ha pronunciato al Palais du Pharo, in chiusura degli “Incontri del Mediterraneo” . Sono gli stessi propositi che il presule ha sentito, nei giorni scorsi, dai giovani che hanno animato i lavori di confronto e dialogo per progettare le sfide future. “Abbiamo parlato – afferma – di comunione e di pace perché nel bacino del Mediterraneo ci sono molte situazioni di violenza”.

Condividere soluzioni

A livello politico e sociale il Marocco si trova in una condizione di relativa stabilità ma, secondo monsignor Rocha Grande, ci sono delle nazioni della stessa area geografica che “vivono condizioni decisamente peggiori, come la Siria, il Libano, l’Iraq. Per questo la condivisione delle nostre preoccupazioni ci stimola alla conoscenza reciproca e ci invoglia a collaborare per trovare delle soluzioni condivise”.